Mafie

Mafia, maxi frode fiscale e riciclaggio: 47 misure cautelari in tutta Europa. Sequestrati resort e immobili. False fatture per 1,3 miliardi

Un’organizzazione criminale, con legami con la mafia e la camorra, che avrebbe messo a segno una evasione dell’Iva per centinaia di milioni di euro nel commercio di prodotti informatici e al riciclaggio dei relativi profitti. È quando scoperto dai magistrati degli uffici di Palermo e Milano della Procura Europea che ha portato a 47 misure cautelari personali e sequestri di beni, valori e denaro per 520 milioni. Sono 200 le persone indagate per reati tributari e circa 400 le imprese coinvolte, per un’operazione che coinvolge numerosi stati Ue ma anche Svizzera ed Emirati arabi. L’inchiesta ha ricostruito false fatturazioni, riferite al quadriennio 2020-2023, per 1,3 miliardi di euro.

Gli arresti – Il gip di Milano, su richiesta della Procura Europea (Eppo) ha emesso così 34 misure cautelari in carcere, 9 di arresti domiciliari e 4 misure interdittive. Oggetto dell’operazione – denominata “Moby Dick” – è una maxi evasione dell’Iva intracomunitaria. Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi anche 7 persone che si trovano all’estero per le quali è stato emesso mandato di arresto europeo. Il Gip ha riconosciuto per i vertici della banda l’aggravante di aver agevolato mafia e camorra, investendone i profitti nel settore delle frodi all’Iva, e di essersi avvalsi del metodo mafioso per risolvere conflitti nati all’interno dell’associazione tra esponenti delle diverse organizzazioni criminali.

La frode e gli esponenti mafiosi – L’indagine ha riguardato una strutturata frode carosello all’Iva intracomunitaria nel settore del commercio dei prodotti elettronici/informatici che ha investito diversi Paesi Ue (Olanda, Lussemburgo, Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Romania), coinvolgendo anche 20 società estere, e ha riguardato anche alcuni esponenti della criminalità organizzata siciliana (come Tony Lo Manto, vicino ai clan di Brancaccio) e campana (come i clan camorristici dei Di Lauro e dei Nuvoletta) i quali, intravedendo gli ingenti profitti del business delle frodi carosello, ne sono entrati a far parte fornendo provviste finanziarie, così riciclando altresì i proventi di altre attività criminali. Organizzazioni mafiose che, intravedendo gli enormi guadagni del business, ne sono entrati a far parte fornendo provviste finanziarie e riciclando così il denaro sporco intascato con altre attività criminali. E alcuni usavano, come pseudonimi, i soprannomi utilizzati nella serie La Casa di Carta: due delle persone coinvolte si facevano infatti chiamare Rio e Berlino.

Le modalità – Le frodi carosello vengono realizzate sfruttando il regime di non imponibilità ai fini Iva previsto per le operazioni commerciali intracomunitarie, inserendo in un’operazione tra imprese di Paesi diversi un soggetto economico fittizio, la cosiddetta “cartiera” (o società fantasma o missing trader), che acquista la merce dal fornitore comunitario senza l’applicazione dell’Iva per poi rivenderla ad un’impresa nazionale (anch’essa coinvolta nella frode) con l’applicazione dell’Iva ordinaria italiana. È in questa fase si realizza la condotta fraudolenta, in quanto la società “cartiera”, invece di vendere la merce maggiorata del proprio utile e versare l’Iva incassata dalla sua cessione, la vende sottocosto senza versare all’Erario l’imposta indicata nella relativa fattura. La società fantasma, infatti, sprovvista di strutture operative e di dipendenti, di norma gestita da prestanome, senza adempiere ad alcun obbligo fiscale, oltre quello di emettere fatture false, dopo una breve vita (massimo 2 anni) viene fatta cessare e sostituita da altra impresa dalle analoghe caratteristiche.

Prezzi concorrenziali – La frode consentiva di immettere sul mercato nazionale beni a prezzi molto concorrenziali e prevedeva, di norma, ulteriori passaggi in cui la merce veniva venduta, sempre sottocosto, a favore di altre imprese italiane inserite nel circuito con l’esclusiva finalità di rendere più difficile l’identificazione dello schema e dei suoi beneficiari finali, rappresentati dalle società broker, cioè le imprese effettivamente operative che, acquistando il prodotto con applicazione dell’Iva, vantavano nei confronti dell’Erario il credito corrispondente. L’effetto finale era quello di rivendere la merce sul mercato interno, approfittando del prezzo d’acquisto artificiosamente concorrenziale, oppure rivenderla all’estero spesso alle stesse aziende comunitarie che avevano originato la catena commerciale vendendo originariamente alla missing trader, per far sì che il carosello ricominciasse. Il danno per l’Unione Europea era costituito dall’Iva indicata nelle fatture emesse dalle “cartiere”, che avevano acquistato la merce senza applicare l’imposta e che la collocavano sul mercato nazionale applicandola invece al compratore, senza però versarla all’Erario, ma ripartendola tra i complici della frode. Nella frode scoperta sono coinvolte 269 missing traders, 55 buffer, 28 società broker e 52 conduit estere per un volume complessivo di fatture soggettivamene false pari a 1,3 miliardi di euro, nel solo quadriennio 2020-2023.

Perquisizioni – Sono attualmente in corso oltre 160 perquisizioni in 30 diverse province presso abitazioni, uffici e aziende riconducibili agli indagati, effettuate anche con l’ausilio di unità cinofile della Guardia di Finanza, specializzate nel rinvenimento di banconote nascoste. Le operazioni sono in corso oltre che in Italia anche in Repubblica Ceca, Slovacchia, Spagna, Lussemburgo, Bulgaria, Croazia ed Emirati Arabi.

I sequestri – È stato anche disposto il sequestro preventivo, anche per equivalente, per oltre 520 milioni di euro, corrispondenti al valore complessivo della frode, pari all’Iva evasa, e il sequestro preventivo, per riciclaggio, di diversi immobili tra cui alcuni resort del valore complessivo di oltre 10 mln di euro a Cefalù (Pa). Sequestrati anche immobili di alcune società a Chiavari (Ge), Bellano (Lc), Noli (Sv), Cinisello Balsamo (Mi) e Milano e Cefalù (Pa).

Procuratore capo Ue: “Indagine decisiva” – “‘Moby Dick’ è un’indagine decisiva per l’Eppo. È passato molto tempo da quando abbiamo iniziato a far suonare il campanello d’allarme sul forte coinvolgimento di pericolosi gruppi criminali organizzati nelle frodi al bilancio dell’Ue. Al di là dei danni colossali che creano, abbiamo messo in guardia sulla minaccia alla nostra sicurezza interna rappresentata dalla loro attività in questo campo. Facciamo ora luce su un primo caso di questa portata”, ha commentato il procuratore capo europeo Laura Kövesi:”Moby Dick – conclude – dimostra che non esistono due mondi criminali separati. Il mondo dei criminali davvero cattivi e pericolosi che contrabbandano droga, trafficano persone da un lato e il mondo dei criminali dai colletti bianchi, che si limitano a corrompere e riciclare denaro, dall’altra parte”.

L’inchiesta – L’indagine nasce da due distinti filoni investigativi a Milano, in tema di frodi carosello, e a Palermo nell’ambito del quale emergeva la finalizzazione e partecipazione alla commissione di frodi di esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso e camorristico, gestori di alcune delle filiere di società utilizzate nei circuiti già oggetto di indagine di Milano e incaricati, anche, del rinvestimento dei profitti illeciti. I due procedimenti venivano riuniti, consentendo una sinergia investigativa grazie alla operatività della Procura Europea sull’intero territorio nazionale, consentendo ai Procuratori Europei Delegati di Milano e Palermo di avanzare un’unica richiesta di applicazione di misure cautelari reali e personali, poi accolta dal Gip del Tribunale di Milano.