“Rimodellamento del naso in 20 minuti”. Una promessa allettante, pubblicizzata su TikTok dal medico chirurgo Marco Antonio Procopio, che ha attirato l’attenzione di Agata Margaret Spada, 22enne siciliana. Margaret era arrivata a Roma proprio dalla Sicilia per sottoporsi a un intervento estetico di rinoplastica presso lo studio medico dei dottori Marco e Marco Antonio Procopio, un centro situato in via Cesare Pavese, nel quartiere Eur. Qualcosa, però, è andato storto con quello che doveva essere un semplice “ritocco”: dopo l’iniezione di un anestetico locale, la giovane ha avuto un malore, entrando in coma e morendo pochi giorni dopo. Ora lo studio è sotto sequestro e padre e figlio sono indagati per omicidio colposo.

L’intervento pubblicizzato sui social
Margaret aveva scoperto il centro medico dei Procopio attraverso un video pubblicitario su TikTok, piattaforma dove il chirurgo Marco Antonio Procopio, 32 anni, vantava oltre 20mila follower. La giovane si era fidata delle rassicurazioni diffuse online, tra cui la promessa di un intervento rapido, indolore e privo di cicatrici. Dopo aver preso contatto tramite messaggi diretti, aveva fissato un appuntamento per il 4 novembre. Il trattamento prevedeva un’iniezione di filler per il rimodellamento del naso, al costo di 2.800 euro.

Il malore e i tentativi di rianimazione
La 22enne si è sentita male subito dopo la somministrazione dell’anestetico. Il fidanzato, presente durante l’intervento, ha filmato con il suo smartphone il tentativo di rianimazione della ragazza, che si era sentita male dopo l’anestesia. Le immagini consegnate agli inquirenti mostrano Margaret in preda a tremori, nausea e giramenti di testa, prima del peggioramento irreversibile che l’ha portata alla morte dopo tre giorni di coma. L’ipotesi più probabile è quella di uno shock anafilattico, ma saranno gli esami tossicologici a fare chiarezza sulla composizione della sostanza iniettata e sulle eventuali responsabilità dei medici.

Indagini sullo studio “fantasma”
Lo studio medico, situato in via Pavese all’Eur, è stato sequestrato dai carabinieri del Nas: “Si tratta di un ambulatorio in un condominio, non di una sala operatoria”, precisa l’avvocato Alessandro Vinci, legale della famiglia di Margaret. Eppure, attraverso video accattivanti sui social e testimonial entusiasti, i Procopio attiravano clienti da tutta Italia, promettendo risultati straordinari con tecniche innovative “apprese in Brasile“. Margaret, fidandosi delle promesse online, ha prenotato un “filler rinoplastico”, un intervento di 20 minuti per rimodellare il naso senza chirurgia. Il costo? 2.800 euro, probabilmente pagati in contanti, dato che non è stata trovata alcuna traccia contabile dell’intervento. “Non ci trovavamo certo in una struttura ospedaliera: è un centro medico, non una sala operatoria. La cosa assurda è che si trattava di un intervento di routine e una ragazza di 22 anni è tornata a casa dentro una bara. È inaccettabile per la famiglia”, ha dichiarato l’avvocato Vinci.

Il medico star dei social
Marco Antonio Procopio, 32 anni, si definiva sui social un “esperto in rinoplastica” e pubblicizzava i suoi interventi con video accattivanti e promesse di risultati straordinari. I filmati su TikTok e Instagram, ora rimossi, mostravano i risultati “prima e dopo” degli interventi: una delle promesse più enfatizzate era il rimodellamento del naso in soli 20 minuti, senza tamponi né cicatrici, con tecniche “mini-invasive”. Margaret, come molte altre giovani, si è affidata a lui proprio dopo aver visto questi contenuti. Tra le irregolarità riscontrate nel suo studio, la mancanza di una cartella clinica e del consenso informato firmato da Margaret. Non solo: resta da chiarire anche se il personale medico avesse chiesto alla paziente di dichiarare eventuali allergie o intolleranze, e se la sostanza iniettata fosse stata adeguatamente conservata e certificata. “Il sospetto è che l’ambulatorio non disponesse di tutti gli strumenti necessari a fronteggiare emergenze di questo tipo”, ha dichiarato l’avvocato della famiglia Spada. “Le indagini si concentrano anche sul regime in cui operava lo studio e sulle autorizzazioni per effettuare interventi invasivi”.

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