Lavoro & Precari

Quella di Musk e dei suoi uomini è una ricetta di “fascismo aziendale”, ecco perché lo penso

Andrea Stroppa, colui che in Italia è accreditato come rappresentante di Elon Musk, ha concluso una sua intervista su Il Giornale affermando: i sindacati non servono. Basta questa affermazione per definire chi la fa: un sostenitore di un fascismo aziendale che nei luoghi di lavoro nega ai dipendenti quelle libertà costituzionali di cui il padrone pretende per sé il massimo delle garanzie e disponibilità.

Elon Musk è un padrone che ha proibito ai propri dipendenti negli Usa di organizzarsi in sindacato e che ha persino vietato ad essi di indossare magliette con loghi sindacali. Un padrone che controlla minuziosamente come i propri dipendenti si comportino in ogni momento della loro vita, per cacciare chi non sia d’accordo con lui. E non vengono solo colpiti dissidenti e rompiscatole che vorrebbero un sindacato. Poco tempo fa Elon Musk ha licenziato 13000 dipendenti con una semplice email, un decimo di tutta la sua forza lavoro. Nelle prime settimane del suo possesso di Twitter diventata X, Musk ha licenziato una media di quaranta persone al giorno. Tutto questo per mantenere inalterato il margine dei suoi colossali profitti.

Ora il suo discepolo italiano Stroppa propone la stessa ricetta per il nostro paese: licenziamenti, privatizzazioni e naturalmente soldi ai padroni, a quelli come il suo soprattutto.
Non c’è davvero niente di nuovo nella tanto esaltata modernità di Musk, anzi sì prova persino una noia storica nel sentire sempre lo stesso blablabla reazionario. Altri prima di lui hanno praticato le stesse ricette liberalfasciste, anche quando producevano innovazioni tecnologiche.
Henry Ford era un ammiratore di Mussolini e Hitler e come il padrone di Tesla vietava i sindacati nelle sue fabbriche. Nell’Ottocento i baroni industriali che avevano costruito le ferrovie negli Stati Uniti eran tanto ladri quanto criminali assassini di lavoratori e sindacalisti.

Lo sviluppo tecnologico a volte va in direzione opposta a quello sociale e civile, soprattutto quando viene dominato da una ristretta oligarchia di ricconi che fanno dei loro guadagni il principio guida della società.

Oggi siamo regrediti in un epoca in cui ogni progresso della scienza e della tecnica pare minacciare anziché migliorare le sorti dell’umanità. E questo perché il progresso è stato preso in mano da una ristretta cerchia di super ricchi, che con le loro imprese dominano la politica e le scelte economiche. Questi super ricchi possono anche dividersi nelle scelte di rappresentanza politica, come è avvenuto nelle elezioni Usa dove Musk ha vinto e Buffet ha perso, ma sono uniti nelle scelte di fondo, in quelle di sistema.

Musk più di altri è la rappresentazione personificata del male di questa nostra epoca, dove il capitalismo viene esaltato come bene assoluto, anche quando produce effetti e mali mostruosi. I suoni e le luci dei razzi, dei satelliti, delle auto computerizzate del padrone di Tesla, si accompagnano alla profonda regressione sociale e civile dell’Occidente. Siamo nel terzo millennio con la scienza, ma stiamo precipitando più in basso dell’Ottocento nella civiltà.

Il fascismo aziendale dilaga anche da noi. Un lavoratore della Usb dipendente dell’aeroporto civile di Montichiari a Brescia rischia il licenziamento per aver detto in una intervista che da quell’aeroporto transitano armi. Un altro sindacalista della Usb è stato licenziato a Pisa da un’appalto di Amazon perché rivendicava migliori condizioni di lavoro. Amazon è in mano a Bezos, un altro oligarca che contende a Musk il ruolo di persona più ricca del mondo.
Due secoli fa Balzac aveva scritto: dietro ogni grande ricchezza si cela sempre un grande crimine. E più si esaltano le figure dei padri padroni mega imprenditori, più le libertà di chi lavora per loro e di tanti altri vengono negate.

Il fatto che un rappresentante puro di questa razza padrona oggi assuma rilevanti responsabilità di governo nella prima potenza occidentale, è un segno dei tempi ed anche un utile chiarimento sulla deriva autoritaria delle cosiddette democrazie liberali. Il capitalismo liberista, la cui più vecchia, falsa e sciocca propaganda ritroviamo anche nell’intervista di Stroppa su Il Giornale, non può fare a meno di farsi Stato.

Ha cominciato nel 1973 in Cile, con il golpe di Kissinger e di Pinochet. Il rovesciamento nel sangue del governo del socialista Allende permise di fare di quel paese la prima cavia del liberismo economico di Milton Friedman dei suoi discepoli. Oggi il nuovo governo di Trump è composto in gran parte da ammiratori di Pinochet. E lo sono prima di tutto per l’esaltazione del dominio assoluto degli affari, dei ricchi e della libertà d’impresa.

La libertà d’impresa è quella libertà che uccide tutte le altre libertà. Coerentemente Elon Musk rivendica per se stesso tutte quelle libertà costituzionali che nega ai propri dipendenti.
Evidentemente il libero mercato non è un luogo così confortevole, se i suoi più fanatici propugnatori ricercano e accaparrano cariche pubbliche per garantire i propri affari.

Oggi il fascismo aziendale di Musk si fa stato e probabilmente diventerà un esempio per i paesi, come il nostro, legati a filo doppio agli Usa. Un esempio da denunciare e da abbattere.