La scia di sangue che insanguina la vita di giovanissimi della città di Napoli si intreccia con il deserto politico della inadeguatezza ad affrontare quello che sta accadendo. Il ministro dell’Interno Piantedosi che presenta la solita ricetta che ho visto sciorinare da tutti i ministri degli Interni nel periodo in cui ho amministrato la città, compreso Salvini con Piantedosi allora suo capo di gabinetto: più forze dell’ordine e più video sorveglianza, ma puntualmente impegni traditi. Passerelle, interviste, comitato nazionale ordine pubblico convocato in città, il deserto cosmico della politica nazionale.

Ogni tanto qualche operazione spot come posti di blocco con decine di uomini, perquisizioni in blocco di edifici con elicotteri che sorvolano, rastrellamenti, un po’ di statistica che si muove, prove muscolari una tantum, ma mai quell’investimento costante e concreto che la città avrebbe meritato per quanto messo in campo negli anni per la sua rinascita culturale, turistica, internazionale, economica e sociale.

Non ho mai avuto nessun aiuto concreto da nessun governo, di centro-sinistra, centro-destra o cosiddetto tecnico, anzi ostacoli il più delle volte al riscatto di Napoli, invece massimo impegno e cooperazione dai prefetti e dalle forze di polizia della città. Il governo ha quindi le sue lampanti responsabilità, nelle politiche di sicurezza urbana e nelle leggi che esecutivo e parlamento hanno messo in campo. Ma l’attuale sindaco con la sua squadra di governo locale non è solo totalmente inadeguato ad affrontare questa come altre drammatiche questioni, ma anche imbarazzante per la sua incapacità anche solo a conoscere quello di cui si sta parlando.

Le associazioni, le scuole, il terzo settore, la chiesa, i comitati, chiedono da tempo, prima delle tragedie degli ultimi giorni, di creare una rete in città per affrontare in squadra e insieme l’emergenza. Il sindaco risponde con il solito disco rotto che a Napoli è diventato il jukebox di Palazzo San Giacomo (sede del Comune): “Ho ereditato una situazione molto difficile, stiamo lavorando e stiamo facendo tutti quanti un grande sforzo (termine stitico da lui spesso usato, nda) per affrontare un problema molto importante” per poi però scaricare la responsabilità di tutto questo sui napoletani che non reagiscono.

Il sindaco Manfredi non sa o fa finta di non sapere, e qui non so se sia più grave la colpa o il dolo, che i patti educativi territoriali di comunità, quella rete che viene chiesta a gran voce, sono stati per dieci anni realizzati e adottati giuridicamente dalla nostra amministrazione. Abbiamo messo insieme nello stesso tavolo permanente comune, municipalità, mondo della scuola, terzo settore, associazionismo, chiesa e le altre istituzioni. Un lavoro innovativo, concreto e proficuo perché metteva al centro la scuola e le realtà territoriali con il Comune che coordinava come regia le operazioni senza però mettersi in cattedra. Ascolto, partecipazione, decisioni condivise, progetti realizzati ed attuati. Parole e fatti. Un lavoro utile soprattutto sulle fasce di età più fragili e contro la disperazione scolastica. Una squadra per affrontare aspetti legati alla prevenzione, alla repressione, alla psicologia, alla pedagogia, all’educazione: insomma quella rete che da tre anni non c’è più. Esiste nel sociale, come solidarietà popolare, ma è scomparso il Comune, tamquam non esset.

Da tre anni, da quando si è insediato il sindaco disconnesso, i patti sono stati messi nel cassetto. Ma va dicendo pubblicamente che bisogna fare i patti territoriali. Quelli che abbiamo realizzato per dieci anni e che lui ha bloccato. Questo accade perché non c’è conoscenza della città, capacità, competenza, amore, passione, interesse a prendersi cura di Napoli e della sua gente, soprattutto quella più fragile. Aprendo lo spazio ad una città senza governo e per giustizieri del giorno e della notte che coltivano le praterie del rancore e del disagio. Al sonno della ragione e al buio dei sentimenti che alimentano la scia di sangue si accompagna il deserto della politica, nazionale e locale.

Se però l’impegno per il sociale non esiste e si cestinano anni di lavoro e risultati importanti, si costruiscono nelle segrete stanze i patti per mettere le mani sulla città. Dalle mani pulite che si sporcano per la città, alle mani sporche sulla città.

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