Le ispirazioni artistiche arrivano spesso da momenti di crisi. Ma Federico Zampaglione, voce e leader dei Tiromancino, non poteva immaginare che la sua canzone “Il Cielo” sarebbe nata da un momento di grave paura, quella di non farcela dopo un intervento chirurgico apparentemente banale. “Prima dell’estate sono andato in ospedale a fare un intervento che doveva essere molto semplice, la rimozione della colecisti – racconta il musicista al Corriere -. Avrei dovuto tornare a casa il giorno dopo e infatti appena mi sono svegliato stavo benissimo. Qualche ora dopo, però, improvvisamente sono cominciati dei dolori indescrivibili e spaventosi. Una cosa disumana. Sono stato ri-operato, ma stavolta mi hanno tenuto in sala operatoria quattro ore e le cose hanno preso tutt’altra piega, la situazione era seriamente compromessa”.
Trascorrono quindi alcuni giorni in cui Zampaglione racconta di averli vissuti in stato di semi-incoscienza: “Percepivo delle facce preoccupate, a partire da mia moglie, fino ai medici”. È a quel punto che arriva un segno di ispirazione, potremmo dire “un segno del cielo”: “Nella camera di ospedale avevo una finestra da cui si vedeva il cielo. In quei momenti vai all’essenza della tua anima e ho iniziato a elaborare una melodia nella mia testa, partendo da lì. Quando il brano ha preso forma, mi ripetevo che dovevo riuscire a farlo ascoltare. È stato un appiglio importantissimo, mi ha aiutato a mettercela tutta per risalire quando mi sentivo appeso a un filo. È stato il momento più difficile della mia vita. I medici hanno detto che si è trattato di complicazioni che possono succedere, ma in misura molto rara, una volta ogni 3-400 persone”. Infine, una visita di Franco126 ha portato al completamento di “Il Cielo”: “Era passato per un saluto e gliel’ho fatta sentire. Così ci abbiamo lavorato insieme”. Tutto questo per un intervento chirurgico che per il senso comune appare quasi banale. Ma è davvero così?
Che cos’è la colecistectomia
La colecistectomia (asportazione della colecisti) è l’intervento chirurgico di rimozione della cistifellea (colecisti) infiammata dalla presenza di calcoli biliari, sassolini duri formati da sali e colesterolo che bloccano il passaggio della bile. Ma, come vedremo, l’intervento è previsto anche per altre cause.
La cistifellea è una piccola sacca posta sotto il fegato che immagazzina la bile, un liquido prodotto dal fegato e necessario a digerire i grassi. Colesterolo e sali possono aggregarsi e formare calcoli che ostruiscono il passaggio della bile, causando l’infiammazione della colecisti.
“L’intervento è necessario se compaiono coliche biliari legate alla presenza di calcoli. Altri disturbi (digestione lenta, pesantezza addominale, meteorismo…) spesso sono erroneamente attribuiti ai calcoli della colecisti, in realtà e sono causati da altre malattie – spiega al FattoQuotidiano.it il professor Felice Giuliante, Ordinario di Chirurgia generale all’Università Cattolica e Direttore di Chirurgia Epato-Biliare al Policlinico Gemelli, Roma. – L’intervento è necessario anche se sono presenti alterazioni della parete della colecisti o se sono presenti polipi a rischio di trasformazione. In altre parole, non è necessario togliere la colecisti solo per la presenza di calcoli, evenienza di riscontro molto frequente con una semplice ecografia. Purtroppo, si verifica spesso che dopo aver scoperto per caso di avere calcoli nella colecisti il paziente si senta pressato da più parti per farsi operare per il rischio di complicanze che spesso sono solo teoriche e non reali”.
Tecnica di intervento
“Oggi la stragrande maggioranza degli interventi viene fatta per via laparoscopica e solo in caso di situazioni di infiammazione molto avanzata o acuta è necessario fare il taglio tradizionale, che comunque non rappresenta un particolare problema”, continua l’esperto.
Nell’intervento per via laparoscopica, in anestesia generale, il chirurgo pratica 3-4 fori di piccolo diametro (meno di 1 centimetro) nei quali introduce uno strumento ottico (laparoscopio) e gli altri strumenti chirurgici. Al risveglio si può accusare lieve dolore addominale, localizzato in corrispondenza delle piccole ferite, e per effetto dell’anestesia si possono presentare mal di testa, confusione, stanchezza, nausea e vomito. La dimissione dopo la laparoscopia avviene entro 2-4 giorni. A distanza di una decina di giorni il paziente può tornare al lavoro e alle attività quotidiane, fatta eccezione per quelle più pesanti.
Non è un’operazione banale
“Molta enfasi viene data alla ‘semplicità’ dell’intervento dovuto alla mininvasività della tecnica laparoscopica e al recupero rapidissimo dopo l’operazione – sottolinea Giuliante. – La frase che mi capita di sentire è ‘L’intervento è una sciocchezza, te lo dimentichi in pochi giorni’. In realtà, purtroppo, come ogni intervento chirurgico, esistono rischi di complicanze post-operatorie, che non si possono annullare completamente anche in laparoscopia”.
Quali sono i rischi?
“Ciò che emerge dalla letteratura scientifica è che il rischio di complicanze importanti, come le lesioni del coledoco, è più alto con la laparoscopia rispetto all’intervento tradizionale. E questo dovrebbe ancora di più richiedere rigore nel porre indicazione a un intervento sulla colecisti. Spesso invece prevale la banalizzazione dell’intervento chirurgico perché eseguito in laparoscopia. E questo espone da un lato a inutili rischi di complicanze e, dall’altro, alla possibilità che i disturbi presenti prima dell’intervento restino uguali o addirittura peggiorino. In definitiva, è necessario quindi rivolgersi a chirurghi specialisti in centri adeguati per valutare con attenzione la necessità vera dell’intervento e per ridurre al minimo possibile i rischi di complicanze”.