Giorgia Meloni dovrà trovare altri successi da rivendicare. Continuare a sostenere che l’Italia “cresce più della media Ue” diventa difficile dopo le previsioni d’autunno della Commissione europea, che certifica ciò che Bankitalia e Ufficio parlamentare di bilancio avevano già fatto presente in audizione sul Piano strutturale di bilancio: il pil dell’Italia salirà meno di quanto previsto dal governo e meno di quanto stimato fino alla primavera. Bruxelles ha limato a +0,7% il progresso atteso nel 2024 (a maggio la previsione era per un +0,9%) e a +1% quello del 2025 (+1,1% nelle stime di maggio) mentre nel 2026 si arriverebbe a +1,2%. Risultato: la Penisola crescerà meno della media dell’Eurozona, che come ha spiegato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni dovrebbe registrare un +0,8% quest’anno, +1,3% nel 2025 e +1,6% nel 2026. E meno dell’intera Ue, per cui si prevedono rispettivamente un +0,9 e +1,5% nel 2024 e 2025 seguiti da +1,6% nel 2026. L’anno prossimo scenderà addirittura al quartultimo posto nella Ue.

Gli altri grandi Paesi fondatori comunque non stanno meglio: la Francia quest’anno regge con un +1,1 ma l’anno prossimo si fermerà a +0,8%, penultima in Ue. Peggio ancora la Germania che sta attraversando il secondo anno di recessione (-0,1% la variazione del pil attesa quest’anno) e l’anno prossimo dovrebbe iniziare un percorso di risalita con un +0,7% che è comunque il dato peggiore del Vecchio Continente. La Spagna, dopo un rotondo +3% quest’anno, il prossimo rallenterà a +2,3%. Sulle previsioni incombe però rischio di nuove politiche protezionistiche da parte degli Usa di Donald Trump, che potrebbero danneggiare soprattutto i Paesi che hanno un surplus commerciale più elevato nei confronti degli Stati Uniti. Cioè Germania e Italia.

Quest’anno, dunque, l’Italia dovrebbe crescere come nel 2023. La revoca dei crediti d’imposta per le ristrutturazioni pesa sull’attività edilizia, anche se gli investimenti infrastrutturali riprendono, supportati dal Recovery plan. Grazie a “dinamiche positive dei salari reali” la crescita annuale dei consumi delle famiglie dovrebbe compensare la frenata ereditata dal 2023. Le esportazioni nette forniranno un contributo positivo ma “principalmente a causa di una profonda contrazione delle importazioni di beni”. Nel 2025 si prevede che l’attuazione del Pnrr accelererà, compensando in gran parte la posizione fiscale restrittiva nazionale, scrive l’esecutivo Ue. L’inflazione dopo un calo all’1,1% quest’anno rialzerà la testa salendo all’1,9% nel 2025 e all’1,7% nel 2026. L’occupazione aumenterà dell’1,6% quest’anno, dopo l’1,9% nel 2023, e decelererà ulteriormente nel 2025 e 26. “L’aumento della partecipazione al mercato del lavoro è destinato a superare il calo previsto della popolazione in età lavorativa nell’orizzonte di previsione”, scrive la Commissione. “Si prevede quindi che il tasso di disoccupazione scenda al 6,2% nel 2026, dal 7,7% nel 2023”.

“Superbonus più negativo che positivo” – L’effetto del Superbonus continuerà a pesare nei prossimi anni sul debito pubblico, che dovrebbe salire oltre il 139% del Pil nel 2026. La Dg Ecfin vede il debito/pil al 136,6% quest’anno, al 138,2% l’anno prossimo e al 139,3% nel 2026, nonostante saldi primari “positivi e in aumento”. L’aumento previsto è provocato da aggiustamenti nei flussi legati all’impatto ritardato sull’indebitamento di cassa dei crediti d’imposta per ristrutturazioni immobiliari, che influiscono sui disavanzi degli anni precedenti. Questo è “dovuto al protrarsi dell’impatto del Superbonus”, ha sottolineato Gentiloni. “Quindi credo sia abbastanza assodato che nell’insieme questa misura che pure aveva delle ragioni comprensibili è uscita un po’ fuori dal controllo e ha avuto un impatto più negativo che positivo“. Nel mirino, dunque, ci sono le proroghe della misura chieste e ottenute da tutto l’arco costituzionale, compresa l’attuale maggioranza.

L’evoluzione del debito è meno negativa rispetto al quadro che emergeva nelle previsioni di primavera, sei mesi fa: per il 2024, il debito/Pil era visto al 138,6% e per il 2025 al 141,7%. Il debito pubblico resta comunque alto: anche se le due economie non hanno dimensioni paragonabili, la Grecia nel 2026 dovrebbe avere un debito/Pil del 142,7%, 3,4 punti percentuali al di sopra di quello italiano (quest’anno il divario è di 16,5 punti). Il deficit in rapporto al Pil è previsto invece in traiettoria discendente, dal 3,8% di quest’anno al 3,4% nel 2025 fino al 2,9% nel 2026, un quadro significativamente migliore di quello pronosticato nel maggio scorso a politiche invariate (4,4% nel 2024 e 4,7% nel 2025).

“Crescita moderata in contesto difficile” – Dopo una prolungata stagnazione “l’economia della Ue ha ripreso una crescita moderata in un contesto sempre più difficile“, ha detto Gentiloni. “L’inflazione complessiva nell’Ue ha continuato a diminuire negli ultimi trimestri, nonostante un aumento a ottobre. Si prevede che raggiungerà una media del 2,6% nel 2024 e che si attenuerà gradualmente fino a raggiungere il 2% nel 2026. In terzo luogo, il mercato del lavoro dell’Ue ha retto bene nella prima metà del 2024 e si prevede che rimarrà forte, nonostante un certo raffreddamento dovuto alla decelerazione del ritmo di crescita dell’occupazione”. Secondo la Commissione “un costo della vita ancora elevato e una maggiore incertezza a seguito della ripetuta esposizione a shock estremi, sommati agli incentivi finanziari al risparmio in un contesto di alti tassi di interesse, hanno portato le famiglie a risparmiare una quota crescente del loro reddito”. Gli investimenti “hanno deluso, aggiunge, con una contrazione profonda e generalizzata nella maggior parte degli Stati membri e delle categorie di attività nella prima metà del 2024″.

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