Per la prima volta è stata documentata in bambini africani ricoverati per malaria in forma grave la resistenza al farmaco antimalarico salvavita “artemisinina”, sostanza da Nobel (che ha valso nel 2015 il premio Nobel alla sua scopritrice, la farmacista cinese Tu Youyou). L’Africa è la regione del mondo con più vittime dell’infezione specie tra i […]
Per la prima volta è stata documentata in bambini africani ricoverati per malaria in forma grave la resistenza al farmaco antimalarico salvavita “artemisinina”, sostanza da Nobel (che ha valso nel 2015 il premio Nobel alla sua scopritrice, la farmacista cinese Tu Youyou). L’Africa è la regione del mondo con più vittime dell’infezione specie tra i bambini (si verifica il 95% delle 608.000 vittime annue di malaria nel mondo e la maggior parte dei decessi in Africa riguarda bambini sotto i cinque anni) e per questo la scoperta è davvero una pessima notizia.
A rivelare questo fenomeno è un nuovo studio proveniente dall’Uganda presentato al Meeting Annuale della American Society of Tropical Medicine and Hygiene e pubblicato con grande rilievo sul Journal of the American Medical Association (JAMA) in cui è stata documentato una resistenza parziale al farmaco antimalarico artemisinina in 11 dei 100 bambini, di età compresa tra 6 mesi e 12 anni, che stavano ricevendo cure per malaria “complicata”, ossia malaria con segni di grave malattia causata dal parassita della malaria Plasmodium falciparum che si trasmette all’uomo attraverso la puntura di zanzare femmine del genere Anopheles. che rappresentano i “vettori della malaria”, ossia i trasportatori del parassita. Attualmente circa la metà della popolazione mondiale è a rischio di malaria. Negli ultimi anni la diffusione della malaria nel mondo è stata notevolmente ridotte, ma nelle aree tropicali e sub tropicali rappresenta ancora la più importante malattia trasmessa da vettori.
“L’artemisina – spiega all’Ansa Massimo Andreoni, Direttore scientifico società italiana di malattie infettive e tropicale e professore emerito di malattie infettive all’Università di Tor Vergata – oggi rappresenta l’ancora di salvezza per il trattamento della malaria in quanto il plasmodio è ormai resistente a tanti farmaci usati in passato, quindi l’artemisina è il riferimento per i casi di infezione resistenti ad altri farmaci. La notizia desta grande preoccupazione perché rischiamo di perdere l’arma più importante nei casi in cui le altre armi risultano già spuntate”.
Il fenomeno deve essere strettamente monitorato, continua Andreoni, per vedere se si allarga ulteriormente nel continente africano, anche perché, pur essendo arrivati dei vaccini per la prevenzione dell’infezione, questi hanno solo una discreta efficacia (non assicurano il 100% di efficacia) e, anche laddove si riuscisse a fare una vaccinazione di massa, obbiettivo difficilmente raggiungibile in Africa, non sarebbero del tutto risolutivi”. La resistenza all’artemisina può diventare una questione rilevate se il fenomeno non resta circoscritto, perché ad oggi è un farmaco salvavita, ribadisce l’esperto. “Abbiamo imparato da altri farmaci – spiega – che poi la resistenza si espande rapidamente così come è successo per clorochina, altro farmaco antimalarico; in questo senso la notizia è preoccupante”. Lo studio mostra, inoltre, che 10 pazienti che si pensava fossero guariti hanno subito un nuovo attacco di malaria entro 28 giorni, provocato dallo stesso ceppo di malaria responsabile dell’infezione iniziale, suggerendo che il trattamento iniziale non ha eliminato completamente i parassiti infettanti.