Arresto cardiocircolatorio in un quadro ricollegabile “a sofferenza acuta”. Sono questi i primi esiti dell’autopsia per la morte della 22enne che si era sottoposta un intervento di rinoplastica. L’origine di questa sofferenza dovrà essere accertata con gli esami tossicologici e istologici per capire cosa è stato somministrato prima e dopo il malore. L’autopsia è stata eseguita all’’Istituto di medicina legale del Policlinico di Tor Vergata di Roma su ordine del pm Erminio Amelio.
Si tratta di un passo fondamentale per chiarire cosa ha provocato la morte di Margaret Spada, la giovane originaria del Siracusano deceduta a Roma dopo un intervento di plastica al naso in un centro medico dell’Eur. Intanto gli inquirenti continuano gli accertamenti e il gip di Roma ha convalidato il sequestro preventivo del centro medico. In base a quanto si apprende la misura è stata disposta, su richiesta del pm Erminio Amelio, per il rischio di “reiterazione del reato”.
“Lo studio del medico dove è stata operata Margaret Spada, non risulta autorizzato per attività procedurali”, rende noto il Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca. “Daremo agli investigatori e ai Nas tutte le informazioni. Da una prima analisi, non ci risulta un’autorizzazione sanitaria valida. Queste sono le informazioni che ho assunto in via sommaria. Gli uffici stanno approfondendo”, afferma Rocca. “Queste cose sono una vergogna. I medici per primi sanno che l’autorizzazione sanitaria, che non riguarda l’accreditamento, serve per poter svolgere una qualsiasi attività sanitaria di carattere privato. Sono requisiti minimi essenziali per la saluta della gente. Il mancato rispetto di queste norme è una violazione e un insulto alla stessa professione medica”, conclude il governatore.
Sul fronte dell’indagine, che vede accusati di omicidio colposo i due medici –Marco e Marco Antonio Procopio, padre e figlio – i carabinieri del Nas svolgeranno un nuovo sopralluogo all’interno della struttura per verificare se fossero presenti, al momento del malore, strumenti per le emergenze come il defibrillatore o medicinali da utilizzare in caso di shock anafilattico come il cortisone. Un elemento già acquisito è la totale mancanza di documentazione, compreso il consenso informato, all’interno del centro dove non sono stati trovati neanche atti legati alla contabilità.
Nessun documento, nessuna scheda su pazienti e nessun atto sulle attività svolte: il centro medico della capitale, nella zona di viale Cesare Pavese, dove Margaret si era recata la mattina del 4 novembre per effettuare un intervento di rinoplastica parziale poi risultato fatale, si presentava come una sorta di “guscio vuoto” agli inquirenti che si sono recati per acquisire documenti. Una situazione che potrebbe portare ad un approfondimento investigativo, oltre a quello legato alla morte della giovane, e che rischia di aggravare la posizione dei due medici titolari del centro, accusati di omicidio colposo. Per i due, quindi, potrebbero scattare altre accuse, anche profili amministrativi, relativi alla struttura dove è avvenuto il fatto e alle procedure utilizzate per effettuare l’intervento. Gli inquirenti dovranno, inoltre, analizzare il cellulare della ragazza deceduta per ricostruire gli accordi, presi in estate, per effettuare l’intervento. La giovane avrebbe chattato con il figlio del titolare dello studio a cui avrebbe mandato anche l’esame dell’elettrocardiogramma via WhatsApp.
La 22enne aveva scelto quello studio dopo aver visionato una pubblicità sui social: un intervento di venti minuti per un costo complessivo di 2.800 euro. Tutto era programmato alle 14.20 e a Margaret nessuno sembrerebbe che nessuno aveva dato indicazioni sulla necessità di presentarsi a stomaco vuoto. Secondo il racconto fornito dal fidanzato agli inquirenti, quella mattina la giovane aveva mangiato mezzo panino e bevuto una bevanda analcolica. Il dramma si è consumato in pochi minuti. Margaret è entrata nell’ambulatorio in tarda mattinata. L’iniezione con l’anestesia locale e il malore. Per alcuni minuti i due dottori hanno cercato di rianimarla, un disperato tentativo di salvarle la vita che è stato ripreso in un breve video, circa dieci secondi e ora finito agli atti del procedimento, dal fidanzato della ragazza. I medici hanno quindi allertato il 118 che ha trasportato la 22enne all’ospedale Sant’Eugenio intubata e in gravissime condizioni. Dopo tre giorni di agonia il tragico epilogo. Da quel breve video emergerebbe – come riporta Repubblica – che nella sala operatoria, insieme ai due chirurghi, c’erano altre due persone, tra cui una donna. Adesso gli investigatori stanno cercando di capire chi fossero e quale fosse il loro ruolo.
Nel quesito redatto nell’ambito dell’esame autoptico il titolare del fascicolo chiede di appurare, oltre alle cause del decesso, anche se i sanitari hanno seguito procedure e le linee guida o in alternativa le “buone pratiche” per quel tipo di intervento e, soprattutto, se la struttura era munita delle attrezzature idonee in caso di emergenze e fosse in possesso delle autorizzazioni previste dalla legge. Risposte che arriveranno dagli accertamenti dei carabinieri del Nas che hanno acquisito la cartella clinica all’ospedale dove la ragazza è stata trasportata già in fin di vita.