“Hegseth è fuor di dubbio il segretario alla difesa meno qualificato nella storia americana. E quello più apertamente politico. Tienti forte, America”. Il giudizio non è di un sostenitore di quella cultura woke e progressista che Pete Hegseth tanto detesta. No, il giudizio è di Paul Rieckhoff, il fondatore degli “Independent Veterans of America”, quindi un veterano, un ex militare. La scelta di Hegseth, l’uomo che Donald Trump vuole mandare a dirigere il Pentagono, è una di quelle che in queste ore più sconcerta, suscita polemiche, indigna. Hegseth, 44 anni, ex militare della Guardia Nazionale che da anni conduce programmi per Fox News, non è considerato all’altezza di guidare un Dipartimento che governa 1 milione 300 mila soldati e 750 mila civili. “Ci fideremmo a dargli in mano Walmart?”, si è chiesto polemicamente un militare citato da Politico, con riferimento all’azienda che ha, più o meno, lo stesso numero di dipendenti.
Le voci contro la nomina – Sono tante, in queste ore, le voci di militari, lobbisti, politici, che si levano contro la nomina di Hegseth. Per forza di cose, militari e lobbisti chiedono di restare anonimi. Nel caso Hegseth venisse confermato dal Senato, saranno soggetti alla sua autorità. Più espliciti sono i politici. “Non voglio esprimere subito un giudizio negativo, certo è che sono sorpreso”, ha detto Mike Rounds, senatore repubblicano che fa parte della Commissione Forze Armate. Altrettanto stupore esprime il democratico Adam Smithof: “Fino a venti minuti fa non sapevo chi fosse. Certamente, non sembra avere nessun tipo di competenza per quanto riguarda il Dipartimento alla Difesa”. Più chiaro ancora l’ex deputato repubblicano, e frequente critico di Trump, Adam Kinzinger: “Wow. La scelta di Pete Hegseth è la cosa più prevedibilmente e ridicolmente stupida che Trump potesse fare”.
L’esperienza nell’esercito – In realtà, Hegseth ha vent’anni di esperienza nell’esercito. Ha servito nella fanteria della Guardia Nazionale tra il 2002 e il 2021 e ha lasciato con il grado di maggiore. Si è fatto undici mesi di servizio in Iraq nel 2006, e otto mesi in Afghanistan nel 2011. Ha servito anche come guardia nella base di Guantanamo, tra il 2004 e il 2005. Gli sono state assegnate due medaglie di bronzo al valore. Il tema non è quindi tanto il fatto che Hegseth sia a digiuno di cose militari. Il tema è quanto sia in grado di governare un Dipartimento che ha appunto milioni di dipendenti, un budget di oltre 800 miliardi e una serie di gigantesche questioni geopolitiche e militari da gestire: dalla guerra in Ucraina alla crisi in Medio Oriente al confronto con la Cina sino alla presenza americana nell’area indo-pacifica. Da anni, Hegseth è una figura soprattutto televisiva. È entrato a Fox News come opinionista nel 2014; dal 2017 è co-conduttore di “Fox and Friends Weekend”. È in questa veste che Trump, assiduo spettatore di Fox, lo ha conosciuto. In questi anni, Trump ha spesso chiamato, in diretta, la trasmissione di Hegseth. Quando l’ex militare ha pubblicato un libro che è un atto di accusa contro i generali Usa, The War on Warriors: Behind the Betrayal of the Men Who Keep Us Free, Trump si è convinto di aver trovato l’uomo giusto da nominare come segretario alla difesa.
Le critiche – In realtà, Hegseth era stato preso in considerazione da Trump già nel 2017, per ricoprire la carica di segretario ai Veteran Affairs. Una levata di scudi contro la nomina, proprio da parte dei veterani di guerra, aveva fatto desistere il presidente, allora al primo mandato. A molti militari non era infatti piaciuto il ruolo di Hegseth come CEO di Concerned Veterans for America, un gruppo conservatore finanziato dai fratelli Koch, che puntava a esternalizzare i servizi sanitari. In questi anni, sono state comunque molte altre le polemiche in cui l’attuale conduttore di Fox si è trovato coinvolto. Una croce di Gerusalemme tatuata sul petto lo ha fatto sospettare di simpatie suprematiste bianche – che però lui ha sempre negato. Nel 2019 Hegseth incoraggiò Trump a perdonare due militari, Matthew Golsteyn e Clint Lorance, condannati per crimini di guerra, e a restituire il grado che, sempre per crimini di guerra, era stato levato a un altro, Eddie Gallagher. “Li mandiamo a fare cose davvero pericolose, sporche, difficili, che nessun altro farebbe, e poi discutiamo sui modi in cui lo fanno”, spiegò. Trump alla fine seguì i suggerimenti di Hegseth, contravvenendo a quello che gli consigliava il suo stesso segretario alla difesa, Mark Esper, secondo cui un perdono presidenziale avrebbe minato il sistema giudiziario militare.
Gli obiettivi di Trump – Sono noti gli obiettivi che Trump assegnerà a Hegseth, nel caso in cui questi venisse confermato dal Senato (e la cosa è tutt’altro che certa). Trump vuole sospendere gli aiuti militari per la guerra ucraina contro l’invasione russa; riportare a casa centinaia di soldati di stanza nelle basi tedesche; usare i soldati per reprimere le proteste sul suolo americano; cancellare i programmi del Pentagono per l’assunzione delle persone transgender e la copertura sanitaria delle soldatesse che vogliono abortire. Sugli obiettivi geopolitici, Hegseth pare pronto a seguire in tutto e per tutto la volontà di Trump. Oltre a definirsi un “neocon in riabilitazione” – aveva appoggiato la guerra in Iraq – non gli si conoscono convinzioni particolarmente profonde in tema di difesa e strategie globali. Hegseth ha parlato genericamente del fatto che la Cina “sta costruendo un esercito per sconfiggere gli Stati Uniti” e che non pensa che la Russia di Vladimir Putin possa davvero costituire un pericolo per l’Europa dell’est, in particolare per la Polonia (ciò in contrasto con quello che molti generali americani hanno sostenuto in questi mesi).
Leadership militare e donne – Generico quanto a opinioni sullo stato dell’esercito americano e sullo scacchiere globale, Hegseth si è concentrato in particolare su due cose. Necessità di cacciare almeno un terzo della leadership militare Usa. Necessità di estirpare quella cultura woke che, a suo parere, si sarebbe impadronita dell’esercito americano. Dagli schermi di Fox, Hegseth si è scagliato in tante occasioni contro gli “ideologhi” che avrebbero distrutto l’esercito a colpi di programmi che incentivano la diversità etnica, razziale, di genere tra i militari. Hegseth è contrario all’accesso tra i militari delle persone transgender e alla partecipazione delle donne a operazioni di combattimento (deciso durante l’amministrazione Obama). Soprattutto il tema delle donne nell’esercito è sembrato appassionarlo – ovviamente in negativo. “Le donne non dovrebbero far parte dei corpi di combattimento – ha spiegato Hegseth -. Sono coloro che danno la vita. Non coloro che la tolgono. Conosco un sacco di fantastiche donne soldato. Solo che non dovrebbero stare nel mio battaglione di fanteria. Complicano tutto. E complicare le cose in una situazione di combattimento significa perdite sicure”.
L’incarico – Di questa politicizzazione dell’esercito americano, di “questo nonsense”, ha detto Hegseth lo scorso giugno, si sarebbe reso responsabile almeno un terzo della leadership militare Usa. Sulla cosa è tornato la scorsa settimana, nel podcast di Shawn Ryan, un ex Navy Seal, precisando ulteriormente l’obiettivo. “Bisogna nominare un segretario alla difesa e quindi licenziare tutti quelli, generali, ammiragli, coinvolti in questa merda woke. Il primo da licenziare è il chairman dei Joint Chiefs”. Il chairman dei Joint Chiefs of Staff è il generale Charles Q. Brown, primo nero a guidare i militari Usa, accusato da molti conservatori di essersi piegato alle ideologie progressiste più alla moda. Poche ore prima di venir designato alla guida del Pentagono, Hegseth proclamava quindi la necessità di far fuori il capo dell’esercito americano. Di fronte alla sua nomina, molti conservatori e sostenitori di Trump hanno fatto proprio notare il ruolo che Hegseth avrà nel combattere una presunta “corruzione profondamente radicata nel Pentagono”. Come la si pensi, una cosa è certa. Sempre ammesso che riesca nella sua transizione dal salotto tv alla poltrona di capo del Pentagono, Hegseth non troverà un’atmosfera esattamente favorevole al suo lavoro.