Una passione trasversale, che unisce tutto l’arco costituzionale e riesce a far scordare le asprezze della polemica politica. Difficile dire se in nome della gola o della difesa di un rinomato prodotto made in Italy. No, non si parla di pasta o pomodori da sugo ma di ostriche. Nessun altro alimento risulta aver attirato tante attenzioni da parte dei parlamentari che nei giorni scorsi hanno depositato in commissione alla Camera una valanga di emendamenti alla legge di Bilancio. Venti di loro hanno ritenuto di doversi spendere, con quattro proposte fotocopia, per il meritorio obiettivo di ridurre dal 22 al 10% l’Iva sul mollusco bivalve che ben si accompagna allo champagne (ma può andar bene anche una birra).

La richiesta, come detto, è bipartisan: Lega, Forza Italia e Movimento 5 Stelle sono concordi sul fatto che l’ostrica vada tassata non più delle uova, dello yogurt o del latte in polvere per i bambini. Lo vorrebbero i leghisti Massimiliano Romeo e Davide Bergamini insieme ai colleghi Pierro, Carloni, Bruzzone, Barabotti, Cattoi, Frassini e Ottaviani. Lo sperano i forzisti Gatta, Tassinari, Pella e Cannizzaro. E anche i pentastellati Caramiello, Cherchi, Carmina, Sergio Costa, Dell’Olio, Donno e Torto sarebbero felici se passasse.

Il Pd stavolta salta un giro, ma c’è da credere che condivida lo spirito della proposta: sette anni fa ne aveva presentata una analoga, dando un bell’assist a Pietro Grasso che utilizzò anche quell’aneddoto per spiegare la decisione di fondare Liberi e uguali. In quel momento si era iniziato a subodorare come la lobby degli allevatori di molluschi fosse particolarmente ascoltata tra piazza di Monte Citorio e piazza Madama. Nel 2021 il Carroccio aveva a sua volta tentato di ottenere il risultato, senza successo. Ora spera di farcela.

Per rendere più accessibile il prelibato piatto, come del resto auspicano le associazioni cooperative e armatoriali della pesca danneggiate dalla crisi climatica, basterebbe poco. I quattro emendamenti dispongono che la parola “ostriche” sia cancellata dalla tabella del Decreto del presidente della Repubblica del 1972 che al momento esclude ostriche, astici e aragoste dall’elenco dei prodotti a cui si applica il regime più favorevole. Il costo per le casse dello Stato? Solo 200mila euro l’anno di minor gettito: poco male, si possono prendere dal fondo per le “esigenze indifferibili” in pancia al Mef. Chissà che ne pensa la premier Giorgia Meloni, che pochi giorni fa si è scagliata contro il caviale, notoriamente appannaggio della sinistra radical-chic.

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