La Duma ha appena approvato una legge che vieta la “propaganda childfree”, quella che su media, social, film e pubblicità scoraggia uno stile di vita senza figli. Chi violerà il nuovo emendamento avrà migliaia di rubli da pagare. Un altro ukaz per preservare e rafforzare “i valori tradizionali” nell’educazione dei giovani risale a novembre 2022, mentre un altro, ancora più recente, risale allo scorso agosto: con quello, il Cremlino ha deciso di garantire permessi permanenti agli stranieri in fuga da un Ovest considerato dominato da principi immorali e decadenti. Inoltre, hanno confermato i media russi, è stata recentemente inoltrata una richiesta dal ministero degli Interni russo per conferire ai poliziotti della Federazione nuovi poteri per “preservare e rafforzare valori spirituali russi” (ma non è stato chiarito quali nuove funzioni dovrebbero esercitare).

Non sono solo le ultime mosse per la tutela di “valori cristiani tradizionali” di cui Mosca si propone di essere l’ultimo bastione. L’ultimo disegno di legge tenta di arginare un fenomeno comune a tutte le società occidentali: il declino demografico, definito dallo stesso Cremlino “una delle principali sfide” da affrontare. “Tutto ciò che deve essere fatto per aumentare i tassi di natalità deve essere fatto, tutto ciò che lo ostacola deve scomparire” ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov a settembre. In Russia, ormai dal 2016, muoiono più persone di quante ne nascano e, secondo i dati della Banca mondiale, negli ultimi 10 anni la crescita complessiva si è ridotta: ad oggi, la popolazione, milione più o meno, è simile a quella dell’anno nero del crollo dell’Urss, il 1991.

A settembre scorso in Russia è stato registrato il tasso di natalità più basso degli ultimi 25 anni e a confermarlo sono state le statistiche del Servizio statistico federale (Rosstat): nella prima metà del 2024 sono nati meno di 600mila bambini, 16mila in meno che nello stesso periodo 2023, cifre che non si vedevano dal 1999, l’anno in cui Putin è arrivato al potere. Un record ancora più nero è stato registrato a giugno, quando il tasso è sceso sotto i 100mila bambini.

In una simile scia di scelte strategiche si può leggere la decisione di aumentare le tasse sul divorzio, proposta dal ministero delle Finanze che le vuole ora pari a un quarto del salario minimo mensile: quasi 700mila russi hanno divorziato nel 2023, il 5% in più degli anni in cui non infuriava la guerra. Nella Russia del 2024 il declino demografico corre ancora più veloce per i decessi nel conflitto in Ucraina e perché, a causa di esso, centinaia di migliaia di russi (nessuno sa ancora davvero quanti sono) hanno lasciato il Paese. Per i giovani arruolati al fronte, soffre il mercato del lavoro a cui ne servono milioni. Meno russi in circolazione vuol dire soprattutto meno lavoratori, la cui carenza è già problematica per l’economia russa attuale: alla fine del 2023 è stato toccato il picco di penuria di manodopera, secondo la stima dell’Istituto economico dell’Accademia russa delle Scienze.

Il governo adesso si concentra a preparare un emendamento per incrementare l’aumento del tasso di natalità: a Mosca pensano servirà a “proteggere e sostenere la famiglia”, “rafforzare l’idea della famiglia come unione di un uomo e una donna”. L’ha appena scritto il giornale economico russo Rbc, che descrive questo progetto di politica demografica come “famiglia-centrico”: è stato “preparato con la partecipazione di tutti i dipartimenti principali, sviluppato per conto del presidente e sarà valido fino al 2036”. In sostanza: più figli vorrà dire più sostegno economico dello Stato. Doveva essere chiaro già quando Nina Ostanina, a capo del Comitato per la protezione della famiglia alla Duma, a settembre all’agenzia statale Ria ha dichiarato che c’era bisogno di “un’operazione speciale demografica”, “proprio come un’operazione militare speciale”, ma demografica.

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