Che nello studio di medicina estetica, dove si è sentita male la 22enne Margaret Spada che voleva sottoporsi a una rinoplastica, non solo non si potevano effettuare interventi, ma come si legge in una autocertificazioni del 2009 il titolare dello studio, ora sotto sequestro, aveva dichiarato “di essere specialista in chirurgia plastica” allegando i titoli accademici e assicurava che nello studio si sarebbero svolte solo “visite pre operatorie e controlli post intervento“. Nei giorni scorsi era emerso che la struttura di viale Cesare Pavese, nel quartiere Eur, era sprovvista di autorizzazione per quel tipo di intervento e uno dei titolari era privo di specializzazione e non poteva effettuare interventi di chirurgia estetica/plastica non a scopo ricostruttivo. Gli investigatori nel centro medico non hanno trovato alcun documento, a cominciare dal consenso informato. Nessun atto legato alla contabilità o a pagamenti.
Nel mare di carte che stanno emergendo dalle verifiche disposte anche dalla Regione viene fuori la storia travagliata dello studio che pure aveva tanti pazienti grazie anche ai social. Nel 2008 lo studio era stato oggetto di un provvedimento di chiusura perché sprovvisto di autorizzazione e anche in questo caso, nelle controdeduzioni, il titolare sostiene che lo studio ‘non è mai entrato in funzione’, aggiunge comunque che aveva i requisiti per essere idoneo chiedendo l’archiviazione della pratica. E sottolinea: ‘qui si svolgono solo le visite”. E ancora: uno dei titolari dello studio in base ad accertamenti amministrativi svolti nel 2023 era privo di specializzazione e non poteva effettuare interventi di chirurgia estetica/plastica non a scopo ricostruttivo.
L’inchiesta in Procura a Roma dovrà tenere conto degli atti amministrativi anche in vista dell’audizione dei due medici, padre e figlio, titolari dello studio a cui si era rivolta la 22 enne. Gli inquirenti dovranno ora analizzare il cellulare della ragazza per ricostruire gli accordi, presi in estate: circa 2.800 euro per un intervento che sarebbe dovuto durare circa 20 minuti. La giovane, inoltre, si sarebbe accordata via chat con il figlio del titolare dello studio a cui avrebbe mandato anche l’esame dell’elettrocardiogramma via WhatsApp. Da i primi esiti dell’autopsia è emerso un “quadro generale compromesso” culminato con l’arresto cardiocircolatorio.
L’esame autoptico, svolto al Policlinico di Tor Vergata, ha fatto emergere un quadro ricollegabile “a sofferenza acuta” la cui origine dovrà essere accertata con gli esami tossicologici e istologici per capire cosa sia stato somministrato alla ragazza prima e dopo il malore. Analisi degli organi che punteranno a chiarire – e anche a sgombrare dubbi – sull’esistenza di patologie cardiache e a verificare eventuali intolleranze alle sostanze utilizzate per l’anestesia.
Nel corso dell’attività peritale, a cui hanno preso parte anche i consulenti nominati dai due medici finiti nel registro degli indagati per omicidio colposo, è stata analizzata anche la cartella clinica dell’ospedale Sant’Eugenio dove Margaret è arrivata intorno alle 15.00 del 4 novembre, già in condizioni gravissime. La giovane si era sentita male circa mezz’ora prima, appena le era stata somministrata l’anestesia per un intervento di correzione alla punta del naso. Il malore è arrivato dopo l’iniezione tra le due narici. I medici hanno cercato di rianimarla, manovre riprese anche in un breve video dal fidanzato della ragazza e ora agli atti dell’indagine.