Ambiente & Veleni

Viaggio tra gli alluvionati emiliani alla vigilia del voto. “Le istituzioni? Si rimpallano solo le colpe. Questa volta alle urne non ci vado”

Alla vigilia delle Regionali, a Bologna si spala ancora il fango. Sono passate più di tre settimane dall’alluvione. La terza in un anno. Ma in via Andrea Costa, dove nella notte tra il 19 e il 20 ottobre, il torrente Ravone è scoppiato “come una bomba”, i segni sono ancora visibili. Basta affacciarsi negli androni dei palazzi del quartiere o scendere nelle cantine. “Il fiume è entrato dalla finestra e ha iniziato a riempire il negozio” raccontano Gianni e Giulia, di professione panettieri. Sono dovuti scappare mentre l’acqua entrava. Così come una famiglia che abitava al piano terra. L’acqua ha distrutto tutto. E venti giorni dopo, il fango e la puzza faticano ad andare via. “È la terza alluvione in un anno” riflette Mattia che vive al quinto piano di un palazzo sopra il Ravone. Dal suo balcone si vedono gli effetti di quella che definisce come una “crisi climatica” perché “non si tratta più di episodi isolati che ogni tanto succedono”. Un evento che ha lasciato il segno nelle centinaia di ragazzi e ragazze che subito dopo l’alluvione sono venuti qui a dare una mano. Gianmaria è uno di loro. “È stato l’evento più sconvolgente che la mia generazione, quella tra i 20 e i 30 anni, ha vissuto fino a qui. Ci siamo preoccupati poco di chi avessimo al fianco ma ci siamo uniti e abbiamo iniziato a spalare”. Scout, ragazzi dei centri sociali, abitanti del quartiere. “Ci siamo autogestiti, ma mi sembra inaudito che le istituzioni non si siano viste” racconta mentre osserva con commozione una delle foto di quei giorni. Le ha scattate un fotografo che abita in quartiere, Mattia Valentini, e negli scorsi giorni le ha appese sui muri degli edifici alluvionati. Per non dimenticare e per sostenere la campagna di raccolta fondi per gli alluvionati. Nelle prime settimane i volontari stati l’unico aiuto per le persone. Alle sette del mattino venivano a chiederci se avevamo bisogno – racconta il panettiere – se non c’erano loro eravamo ancora dentro al fango”. Tra gli alluvionati, la rabbia nei confronti delle istituzioni è stata. E c’è chi la sfogherà disertando le urne. “Ho votato tutti i partiti, ma a ‘sto giro ho pensato di non votare” racconta un pensionato di 83 anni. Così come Diletta che “aveva già poca fiducia, adesso dopo l’alluvione ancora meno”. Lo spettro dell’astensionismo aleggia sulle regionali. Lo teme anche Elly Schlein che soltanto mercoledì, in un comizio a Reggio Emilia, aveva avvertito: “Evitiamo che l’uso strumentale della destra sulla tragedia spinga l’astensionismo”. Quello che non è piaciuto a tanti però è “il rimpallo della responsabilità – come racconta Gianni – sembra che non tocchi mai a nessuno ma alla fine gli unici a cui tocca siamo noi”.

Avreste voluto vedere le istituzioni spalare insieme a voi? “Probabilmente sì” risponde Gianmaria pur sapendo che il ruolo della politica “dovrebbe essere un altro. Ma almeno dovrebbero dare l’esempio. Così non è stato. Siamo stati noi a dare l’esempio a loro”. Il riferimento è alla catena di volontari che per settimane ha spalato fango. “La politica dovrebbe prendere spunto da noi – conclude Mattia – l’emergenza climatica non è un tema ideologico, è un tema dove l’unione fa la forza, nel fango siamo tutti uguali, l’importante è che si cerchi di risolvere il problema”.