Subito dopo il massacro dell’11 settembre 2001 io e i miei genitori scrivemmo un articolo che uscì sulla nostra newsletter Cacao, questo testo fu rilanciato da migliaia di compagni e venne tradotto in diverse lingue, raggiungendo centinaia di migliaia di persone. Parliamo di un testo che si poteva leggere su tutti i nostri siti internet.
Ma il Corriere della Sera pubblicò una versione manipolata in modo da rovesciarne il senso.
La nostra mail iniziava così: “… Il mondo è stato colpito da un ennesimo crudele massacro… Davanti a questo dramma il mondo si è arrestato attonito. Ma non tutti. Le borse del mondo non si sono fermate neppure un secondo… La gente ancora urlava appesa ai grattaceli in fiamme… e già i grandi broker gridavano nei loro cellulari: ‘Compra petrolio! Vendi tutto!’ […] Nessuno ha pensato di chiudere le borse per decenza e rispetto ai cadaveri ancora freschi. La belva feroce del capitalismo affondava felice i suoi denti nelle carni dei morti e fortune luminose si sono costruite in poche ore. E non c’è da stupirsi. I grandi speculatori sguazzano in un’economia che uccide ogni anno decine di milioni di persone con la miseria, che volete che siano 20 mila morti a New York?”.
Il Corriere della Sera titolò: “Dario Fo Franca Rame – uccide di più la speculazione”.
Sotto il titolo la frase finale del paragrafo, separata dal contesto, in modo che sembrasse esprimere il nostro disprezzo per le vittime della strage. La frase, che chiaramente attribuivamo ai grandi speculatori, diventò così il nostro giudizio sull’irrilevanza di quei morti: “I grandi speculatori sguazzano in un’economia che uccide ogni anno milioni di persone con la miseria: che volete che siano 20 mila morti a New York?” come dire: “Ma che ce ne frega dei morti di New York!”.
Non ci fu modo di ottenere una smentita dall’allora direttore del Corriere, Ferruccio de Bortoli.
Per difendere il nostro onore fummo costretti a comprare a un prezzo esorbitante un’intera pagina di Repubblica ma non ci fu modo di fermare la calunnia. Questa falsificazione fu ripresa da tv e giornali di mezzo mondo. E si dovette annullare la grande tournée teatrale negli Usa prevista di lì a poco. Quando mio padre morì, questa fake fu nuovamente rilanciata dai giornali italiani e stranieri. Scrissi al New York Times chiedendo una rettifica. Ma che te lo dico a fa!!!
Meno grave, ma altrettanto infame la manipolazione di una mia intervista a proposito della macelleria poliziesca in occasione del G8 di Genova. Libero titolò in prima pagina “Jacopo Fo: brava la polizia a Genova“. L’articolo conteneva addirittura un virgolettato non mio! Avevo accettato l’intervista perché me l’aveva chiesto Francesco Specchia, giornalista che aveva collaborato con me e Angese. Lui si giustificò dicendo che il titolo non era suo ma di Ponzio Pilato… Dagli amici mi guardi Dio… Feci causa e la persi. In Italia c’è libertà di stampa. Sopratutto se stampi menzogne. Vedi qui.