Cronaca

Papa Francesco: “Indagare se a Gaza è in corso un genocidio. Migrazioni? C’è una globalizzazione dell’indifferenza”

“A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali”. È una delle riflessioni di papa Francesco nel suo nuovo libro “La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore”, in uscita per il Giubileo 2025 e di cui il quotidiano La Stampa anticipa oggi alcuni brani. Il volume, a cura di Hernán Reyes Alcaide (Edizioni Piemme), uscirà martedì in Italia, Spagna e America Latina, e poi a seguire in vari altri Paesi.

Il rapporto Onu – Nei giorni scorsi il rapporto del Comitato speciale dell’Onu era stato molto chiaro accusando l’esercito israeliano: i metodi utilizzati a Gaza “corrispondono alle caratteristiche di un genocidio”, per le “massicce vittime civili e le condizioni imposte ai palestinesi”. “Israele provoca intenzionalmente morte, fame e lesioni gravi”. Accuse “infondate” le ha definite il Dipartimento di Stato di Washington. Il documento Onu, che sarà presentato lunedì all’Assemblea generale a New York, evidenzia come la campagna di bombardamenti israeliani a Gaza abbia decimato i servizi essenziali e innescato una catastrofe con effetti sanitari duraturi. Nel mese di febbraio le forze israeliane hanno utilizzato più di 25.000 tonnellate di esplosivo nella Striscia, “l’equivalente di due bombe nucleari”, ovvero circa il doppio della bomba sganciata su Hiroshima, afferma il rapporto. “Distruggendo i sistemi idrici, igienico-sanitari e alimentari, e contaminando l’ambiente, Israele ha creato un mix mortale di crisi che causerà gravi danni alle generazioni a venire”.

Intanto la protezione civile palestinese a Gaza, emanazione di Hamas, ha annunciato domenica mattina la morte di 20 persone, tra cui quattro donne e tre bambini, in attacchi aerei israeliani, che hanno provocato decine di feriti, nella Striscia di Gaza. L’attacco più sanguinoso, che ha causato la morte di 10 persone, ha preso di mira una casa nel campo profughi di al-Bureij, nel centro di Gaza, ha detto all’Afp il portavoce della Protezione civile Mahmoud Bassal. L’agenzia palestinese Wafa aveva parlato più genericamente di “decine di morti’.

Migrazioni e disumanità – Il pontefice nel libro affronta un altro argomento a lui caro e che vede nelle guerre il primo motore: le migrazioni. Di fronte alla sfida “nessun Paese può essere lasciato solo e nessuno può pensare di affrontare la questione isolatamente attraverso leggi più restrittive e repressive, talvolta approvate sotto la pressione della paura o in cerca di vantaggi elettorali. Al contrario, così come vediamo che c’è una globalizzazione dell’indifferenza, dobbiamo rispondere con la globalizzazione della carità e della cooperazione, affinché le condizioni degli emigranti siano umanizzate”.

“Riaffermo qui che ‘è assolutamente necessario affrontare nei Paesi d’origine le cause che provocano le migrazioni’ (messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2017). È necessario che i programmi attuati a questo scopo – scrive il Papa nel libro – garantiscano che, nelle aree colpite dall’instabilità e dalle ingiustizie più gravi, si dia spazio a uno sviluppo autentico che promuova il bene di tutte le popolazioni, in particolare dei bambini e delle bambine, speranza dell’umanità. Se vogliamo risolvere un problema che tocca tutti noi, dobbiamo farlo attraverso l’integrazione dei Paesi di origine, di transito, di destinazione e di ritorno dei migranti”.

“Pensiamo agli esempi recenti che abbiamo visto in Europa. La ferita ancora aperta della guerra in Ucraina – scrive ancora il Pontefice – ha portato migliaia di persone ad abbandonare le proprie case, soprattutto durante i primi mesi del conflitto. Ma abbiamo anche assistito all’accoglienza senza restrizioni di molti Paesi di confine, come nel caso della Polonia. Qualcosa di simile è accaduto in Medio Oriente, dove le porte aperte di nazioni come la Giordania o il Libano continuano a essere la salvezza per milioni di persone in fuga dai conflitti della zona: penso soprattutto a chi lascia Gaza nel pieno della carestia che ha colpito i fratelli palestinesi a fronte della difficoltà di far arrivare cibo e aiuti nel loro territorio”.