“Nel giugno 2008 il brigadiere di Castello di Cisterna Lazzaro Cioffi venne a casa mia, insieme ad altri due carabinieri, per farmi una proposta. “Aiutaci a trovare latitanti, droga e armi, ed avrai un nulla osta alle tue attività di narcotrafficante. Noi possiamo sparare in testa ai tuoi nemici”, mi dissero. Gli risposi no. Poi qualche mese dopo Cioffi mi portò da Fabio Cagnazzo al comando di Castello di Cisterna. Cagnazzo mi offrì il caffè e mi chiese di collaborare con loro per arrestare qualche latitante a Torre Annunziata. Al mio rifiuto il colonnello mi diede uno schiaffo”. L’uomo che disse due volte no a Cioffi e Cagnazzo, i carabinieri arrestati per l’omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, è un camorrista: si chiama Francesco Casillo e per molti anni è stato un potente trafficante di cocaina. Poi ha collaborato a fasi alterne con la giustizia, facendosi anche revocare lo status di pentito. Il racconto è estratto da un verbale inedito reso l’11 ottobre 2018 alla pm della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Napoli Mariella Di Mauro, la magistrata che fece arrestare e condannare Cioffi a 15 anni per le collusioni con il clan Fucito di Caivano e lo smercio di droga al Parco Verde. Casillo aggiunge poi che nell’estate successiva al doppio rifiuto, quella del 2009 (un anno prima dell’omicidio Vassallo, avvenuto il 5 settembre 2010) arrivò la ritorsione: Cagnazzo spedì i suoi carabinieri ad Acciaroli, in provincia di Salerno e quindi fuori dalla competenza di Castello di Cisterna (che è in provincia di Napoli) per sequestrare lo yacht e la Lamborghini di Casillo, in quel momento in vacanza nel resort dei fratelli Palladino, amici del colonnello. Quei sequestri non furono convalidati dal giudice.

Il verbale di Casillo è agli atti delle 1.034 pagine dell’informativa dei carabinieri dei Ros di Roma sull’omicidio di Vassallo. Trasmessa alla Dda di Salerno guidata da Giuseppe Borrelli il 29 luglio 2023, la relazione è il compendio dell’inchiesta culminata nelle ordinanze di custodia cautelare in carcere per Cagnazzo, Cioffi, il camorrista Romolo Ridosso e l’imprenditore Giuseppe Cipriano. I quattro sono accusati di concorso in omicidio con l’aggravante camorristica: secondo i pm, volevano zittire il “sindaco pescatore”, che aveva scoperto un traffico di droga da loro organizzato, gestito e protetto – tramite un gommone che approdava al moletto di Acciaroli – e si accingeva a denunciarlo al pm di Vallo della Lucania.

Casillo ripeterà la testimonianza il 7 aprile 2022, quando verrà risentito dai pm anticamorra di Salerno in merito a Ridosso: erano entrambi detenuti nel carcere fiorentino di Sollicciano e ne aveva ricevuto qualche confidenza. Le sue accuse circostanziate ai due carabinieri sono un “precedente” importante per la tenuta della ricostruzione. È importante però precisare una cosa: i pentiti potrebbero essere nutriti dal rancore verso dei militari diventati famosi proprio per la loro abilità nel catturare latitanti e camorristi. Quindi le loro dichiarazioni vanno vagliate con la massima cautela e corroborate da riscontri granitici. In questo caso, le parole di Casillo e degli altri vengono usate dai pm per sostenere una tesi da brividi: Cagnazzo e Cioffi erano implicati personalmente nel traffico di droga ad Acciaroli, fino al punto di organizzare l’omicidio di Vassallo e poi depistare le indagini per coprire gli esecutori materiali. Possibile? In particolare per Cagnazzo, un investigatore così apprezzato che 26 pm della Dda di Napoli firmarono un documento di solidarietà quando il colonnello fu lambito da accuse (poi rivelatesi false) di collusioni con gli Scissionisti di Scampia?

L’informativa dei Ros valorizza la condanna di Cioffi per droga e i suoi strettissimi rapporti con Cagnazzo, per rendere plausibile uno scenario altrimenti incredibile. Ed accende una luce sinistra sui successi professionali del colonnello, che arrivò a catturare circa 180 latitanti di camorra prima del suo trasferimento a Foggia nel 2010. “Nell’ambiente malavitoso”, riferisce Casillo nei suoi verbali, “si sapeva bene che il gruppo di Castello di Cisterna e gli uomini di Cagnazzo erano dei veri delinquenti, era un clan all’interno della caserma”. Ed ecco la sintesi dei Ros di queste ed altre dichiarazioni: “Appare chiara la propensione a “scendere a patti con il diavolo” da parte di Cioffi, gia ante 2010. Propensione in qualche modo favorita o assecondata da Cagnazzo”.

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