Di Legambiente

L’Italia chiama Baku, in Azerbajan, dove è in corso la COP29 sul clima. E lo fa con due grande mobilitazioni – l’Urlo per il Clima e il Climate Pride – che la scorsa settimana hanno avuto al centro diverse piazze italiane per mandare un messaggio forte e chiaro al summit internazionale chiedendo azioni concrete e accordi internazionali e politiche climatiche più ambiziose, perché non c’è più tempo da perdere. La crisi climatica corre, miete danni in ogni angolo del pianeta e sempre più vittime a partire dall’Europa. Il vecchio continente, secondo lo studio Copernicus, si sta riscaldando quasi due volte più velocemente rispetto al resto del mondo con un aumento delle temperature pari a circa il doppio della media globale. Preoccupanti anche i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità secondo la quale ogni anno, a livello globale, il costo di vite umane dovuto alla crisi climatica ha raggiunto la tragica cifra di 489.000 decessi, colpendo soprattutto l’Europa con 175.000 morti l’anno, a cui si aggiungono i crescenti costi economici causati dagli eventi meteorologici estremi dovuti ai cambiamenti climatici.

Cosa vogliamo? Giustizia Climatica. Quando la vogliamo? Ora. Con queste parole da Roma, Milano, Napoli, Firenze, Padova, Ancona, Perugia e tante altre città della Penisola centinaia di volontari e volontarie di Legambiente hanno lanciato alla vigilia della COP29 in contemporanea il loro Urlo per il clima. Un’azione collettiva, pensata anche per ricordare le tante e troppe vittime dell’emergenza climatica, e per indirizzare un messaggio chiaro ai grandi della Terra riuniti a Baku per discutere in primis di finanza climatica post 2025 e di taglio delle emissioni. “A Baku – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – sarà fondamentale arrivare ad un accordo finanziario ambizioso per avviare una nuova era della finanza climatica che garantisca risorse finanziarie ai Paesi poveri.

“In questa partita l’Europa può e deve giocare un ruolo centrale attraverso una leadership forte e globale in grado di costruire un ponte tra Paesi industrializzati, emergenti ed in via di sviluppo cruciale per raggiungere un accordo ambizioso finanza climatica post-2025 che avrà un ruolo cruciale. Solo così sarà possibile rassicurare i Paesi poveri e vulnerabili che finalmente avranno a disposizione le necessarie risorse finanziarie per decarbonizzare le loro economie e rispondere con mezzi adeguati ai sempre più frequenti e devastanti disastri climatici. Al tempo stesso è importante che l’Europa e i Paesi in via di sviluppo si dotino di un’ambiziosa politica climatica. In particolare, l’Europa dovrà darsi come obiettivo quello di ridurre le emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030 e dell’82% per il 2035 in modo da poter raggiungere la neutralità climatica già entro il 2040. Impegno ambizioso ma fattibile grazie alla realizzazione degli impianti di produzione di energia rinnovabile che deve diventare la priorità per una vera politica di mitigazione, senza rincorrere false soluzioni come il nucleare o ritornare indietro con le fonti fossili”.

Un’onda verde ha poi attraversato lo scorso sabato Roma con un grido collettivo verso un futuro più sostenibile, dove l’energia rinnovabile, l’economia circolare, l’innovazione e l’equità sociale siano più al centro delle agende politiche. La capitale ha ospitato il primo Climate Pride, promosso da 73 realtà tra associazioni, realtà ecologiste, studentesche e sociali. Una mobilitazione nazionale per il clima pensata come una grande street parade per chiedere alla Cop29 un impegno concreto per accelerare la transizione ecologica e praticare la giustizia climatica. Servono azioni concrete e in questa ultima settimana di lavoro l’auspicio è che la COP29 arrivi a definire accordi e politiche climatiche ambiziose senza se e senza ma.

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