Di Osservatorio Waste Watcher International
La scorsa settimana la Dieta Mediterranea ha festeggiato i 14 anni di riconoscimento quale patrimonio culturale da parte dell’Unesco. Quattordici anni dopo, cosa è rimasto, in Italia, di questa tradizione distintiva per il nostro Paese? Oggi i giovani non solo faticano a praticare la Dieta Mediterranea: spesso neppure la riconoscono, come testimonia la nuova indagine dell’Osservatorio Waste Watcher International “La Dieta Mediterranea in Italia: un’eredità di cui riappropriarsi”. Sembra effettivamente che nel nostro Paese non sia questo il modello nutrizionale di riferimento per le nuove generazioni. Solo il 23% dei giovani tra i 18 ei 24 anni – quasi uno su 4 – si allinea a questo stile alimentare, definendola però, imprecisamente, “un regime alimentare che prevede un consumo elevato di carne, pesce e latticini, con un ridotto apporto di carboidrati”. Va meglio in altre fasce anagrafiche, il 77% di chi ha fra 55 e 64 anni la riconosce come “uno stile di vita che include abitudini alimentari equilibrate, basate su olio d’oliva, cereali, frutta, verdura, pesce, carne moderata, e il rispetto della stagionalità e della biodiversità”.
Complessivamente, il 72% degli intervistati dimostra di avere una comprensione adeguata della dieta, ma a praticarla sono soprattutto i più anziani, che ne fanno quasi una regola di vita: la segue infatti l’85% di chi ha oggi 65 anni, o più, e il 71% afferma di praticarla “sempre” o “spesso”. D’altra parte, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, solo il 5% della popolazione adulta italiana segue questo modello alimentare. La maggior parte (83,3%) presenta un’aderenza moderata) e solo il 4% degli intervistati si dichiara “attenzione alla sostenibilità”, dimostrando così un’attenzione generalmente labile a un valore urgente del nostro tempo. Fra chi ha una definizione corretta della Dieta Mediterranea il 75% la segue regolarmente, contro il 60% di chi ne ha una percezione errata: una conoscenza precisa sembra quindi incentivare l’adozione di questo stile alimentare.
Ma quali sono le ragioni di resistenza all’adozione della Dieta Mediterranea? Le principali barriere sono i costi elevati dei cibi freschi (42%) e la mancanza di tempo per predisporre i piatti (27%), indicatori che salgono in modo significativo tra i giovani: è troppo costosa per il 50% dei 18-24enni e fa perdere troppo tempo per il 38% dei giovani. Ma ricerche condotte dal team Waste Watcher sul costo della spesa dimostrano che il carrello settimanale della dieta mediterranea costa ben 7,28 € in meno rispetto al carrello della dieta seguita degli italiani (46,27 euro contro 53,55 euro). E in generale gli ingredienti freschi, come frutta e verdura di stagione, cereali, legumi e olio d’oliva, sono spesso più economici rispetto ai prodotti più elaborati.
“La perdita di un Patrimonio culturale e alimentare, qual è la Dieta mediterranea, sarebbe un danno gravissimo per le future generazioni. Il contrasto all’impoverimento alimentare dei ceti socio-economici meno abbienti e di una parte delle giovani generazioni è la sfida che abbiamo davanti per promuovere stili alimentari sani e sostenibili – spiega l’economista Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero e Direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International. “Garantire lo ‘ius cibi’, il diretto di tutti ad un’alimentazione sana e sostenibile, significa oggi prevedere un serio investimento per ridurre le spese sanitarie derivanti dalle malattie causate da un’alimentazione scorretta. Investimento utile anche per riorientare le scelte alimentari dei soggetti afflitti dall’obesità e gli impatti negativi sulla salute e l’ambiente, in prospettiva”.
Come promuovere l’adozione della Dieta Mediterranea? La misura più apprezzata è l’educazione alimentare nelle scuole (64%), sostenuta soprattutto dagli over 55 (73%). Seguono le campagne di sensibilizzazione sulla salute (46%), elemento di particolare interesse sono le indicazioni offerte dai giovani: la attrazione dei 18-24enni non va tanto alle campagne di educazione alimentare quanto – più di 1 giovane su 2, il 58% – all’adozione di etichette che potranno aiutare il consumatore nella scelta dei prodotti più idonei per seguire una dieta sana. E quasi 1 giovane su 3 (il 27%) propone di tassare i cibi non salutari.
E conferma il coordinatore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International, Luca Falasconi: “Se per affrontare tutte le percezioni profonde, è fondamentale investire nell’educazione alimentare, chiarendo che la Dieta Mediterranea non solo è accessibile ma anche sostenibile. È cruciale fornire informazioni chiare e pratiche su come comporre pasti sani e sostenibili, per attrarre le nuove generazioni e rendere la Dieta Mediterranea un’opzione allettante, ad esempio spazi di interazione – come laboratori di cucina ed eventi di mercato locale – anche per rafforzare il legame tra le generazioni, valorizzando sia l’eredità culinaria che l’innovazione gastronomica”.