Giustizia & Impunità

“È provato che Lotti raccontò l’esistenza dell’indagine Consip a Marroni, ma va assolto perché non era obbligato a tenere il segreto”

È “provato” che Luca Lotti raccontò dell’esistenza dell’indagine sulla Consip a Luigi Marroni, all’epoca amministratore delegato della Centrale acquisti della pubblica amministrazione. Ma “sotto il profilo giuridico va immediatamente dichiarata l’insussistenza del delitto”. Per questo motivo l’ex sottosegretario di Matteo Renzi è stato assolto dall’accusa di rivelazione di segreto nell’indagine sulla Consip. Lo spiega la […]

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È “provato” che Luca Lotti raccontò dell’esistenza dell’indagine sulla Consip a Luigi Marroni, all’epoca amministratore delegato della Centrale acquisti della pubblica amministrazione. Ma “sotto il profilo giuridico va immediatamente dichiarata l’insussistenza del delitto”. Per questo motivo l’ex sottosegretario di Matteo Renzi è stato assolto dall’accusa di rivelazione di segreto nell’indagine sulla Consip. Lo spiega la giudice Paola Roja nelle 574 pagine con cui ha motivato le sentenze emesse l’11 marzo del 2024. Oltre a Lotti le giudici dell’ottava sezione del tribunale di Roma (Maria Teresa Cialoni e Paola Della Vecchia) hanno assolto anche Tiziano Renzi, l’ex parlamentare Italo Bocchino, l’ex comandante dei Carabinieri della Legione Toscana, Emanuele Saltalamacchia, l’ex presidente di Pubbliacqua Firenze, Filippo Vannoni, l’impreditore Alfredo Romeo. Condannati solo l’ex maggiore del Noe Gianpaolo Scafarto e l’ex colonnello Alessandro Sessa, rispettivamente a un anno e mezzo e tre mesi di reclusione per rivelazione di segreto d’ufficio.

L’assoluzione di Lotti – Per Lotti il pm Mario Palazzi aveva chiesto una condanna a un anno di carcere. Era accusato di aver raccontato a Marroni dell’esistenza di un’inchiesta sulla Consip. A raccontarlo ai magistrati era stato l’allora numero uno della Centrale acquisti della pubblica amministrazione, mentre Lotti aveva sempre smentito. “Nessun argomento è in grado di mettere in discussione i parametri specifici di credibilità ed attendibilità complessive della testimonianza di Luigi Marroni, privo di alcun interesse ad immutare il vero e del tutto neutro ed estraneo rispetto a tale vicenda”, scrivono le giudici, ricordando che il manager aveva raccontato “di avere appreso l’esistenza delle indagini nel tragitto percorso insieme che collega Largo Chigi con Palazzo Chigi all’edificio Montecitorio (dove il Lotti si stava recando, evidentemente per ulteriori appuntamenti)”. Il tribunale di Roma ritiene “provato il disvelamento da parte di Luca Lotti a favore di Luigi Marroni dell’esistenza di un’indagine in Consip che riguardava anche la sua persona, sotto il profilo giuridico va immediatamente dichiarata l’insussistenza del delitto”. Perché sarebbe insussistente? “I soggetti attivi del medesimo sono identificabili unicamente nel detentore della notizia riservata, intesa quale specifica informazione riguardante atti e fatti funzionalmente collegati all’attività istituzionale del soggetto agente, e, laddove presente, nel concorrente istigatore della rivelazione, unico caso di concorso dell’extraneus nel delitto proprio quale la rivelazione di segreti d’ufficio“, spiega la corte. Vuol dire il reato di violazione di segreto può compierlo soltanto chi è tenuto a custodire quel tipo di notizia riservata. “Nel caso di specie, la notizia rivelata non ineriva in alcun modo all’ufficio pubblico ricoperto dal Lotti e, quand’anche destinata a rimanere segreta non avendo il Marroni titolo legittimo a conoscerla né per il vero, ancor prima, lo stesso Lotti, la rivelazione non è avvenuta in violazione dei doveri connessi alla funzione del Lotti, ovvero utilizzando in modo distorto poteri o le prerogative derivanti dalla stessa”.

“Marroni non indagato, favoreggiamento impossibile” – Quindi un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio può rivelare l’esistenza di un’indagine segreta senza commettere reato. Anche perché non c’è “alcuna prova di una condotta di istigazione e sollecitazione ad ottenerla da parte del pubblico ufficiale titolare del segreto, peraltro destinato a rimanere sconosciuto, che fu il primo autore del disvelamento”. Per questo motivo, spiega il tribunale, “difettano gli elementi di tipicità del fatto di reato contestato”. Ma raccontare al numero uno di Consip che c’è un’indagine sulla sua società non può configurare il reato di favoreggiamento? Secondo i giudici no, perché “Marroni non era sottoposto ad indagini, né al tempo, sulla base degli elementi noti al Lotti, era prevedibile lo fosse in futuro e che egli volesse quindi in qualche modo agevolarlo; ancor meno è ipotizzabile che intendesse utilizzarlo per raggiungere altra persona, genericamente intesa, non essendo ragionevole alcun interesse di Luca Lotti ad aiutare qualsiasi altro soggetto egli potesse reputare coinvolto nell’inchiesta e che fosse in rapporti tali con l’ing. Marroni da ricevere l’informazione agevolatrice”. Per questo motivo il tribunale ha spiegato che “mancano nella fattispecie, dunque, sia la potenzialità elusiva nella condotta individuata come ‘aiuto ad eludere le indagini‘, trattandosi di un favoreggiamento ‘impossibile’ in quanto indirizzato a soggetto terzo rispetto alle investigazioni in corso, sia la direzione di detta attività verso gli investigatori, pur scontata la natura di reato di pericolo astratto del delitto“.

L’assoluzione di Renzi senior – I giudici avevano pure assolto Tiziano Renzi dall’accusa di traffico d’influenze illecite. Per il padre dell’ex premier era stato lo stesso pm Palazzi a chiedere l’assoluzione dall’accusa di aver “sponsorizzato” l’imprenditore Alfredo Romeo all’ad Consip Marroni. “Non vi è alcuna prova che Tiziano Renzi abbia svolto attività di mediazione, in particolare illecita, verso Luigi Marroni e a favore e protezione delle aziende dell’imprenditore napoletano ed, anzi, questi ha affermato che, se interferenza vi fu, non si realizzò certo nell’interesse della Romeo Gestioni quanto piuttosto di altra cordata di cui non rammentava la capofila, comunque riconducibile all’impresa concorrente Cofely“. A proporre a Romeo l’interessamento di Renzi senior per ottenere appalti Consip era stato – secondo l’originaria ipotesi accusatoria – l’imprenditore Carlo Russo, molto vicino al padre dell’ex premier. “Per il vero quanto al rapporto Renzi/Russo, Luigi Marroni, commentando i due incontri avuti con il primo ha dichiarato che in occasione del primo, infine datato al 4 ottobre 2015, ascoltò la richiesta di ricevere Carlo Russo che intendeva partecipare a gare Consip con preghiera di assecondarlo, ciò che fece senza peraltro dare in alcun modo seguito alle sue volontà; mentre il secondo, avvenuto nella primavera 2016 a Firenze, valse a ribadire da parte del Renzi che il Russo era persona lui molto vicina e il sollecito ad aiutarlo rispetto alle sue richieste. Si trattò quindi di raccomandazioni del tutto generiche e aspecifiche“. Secondo il tribunale, dunque, “il coinvolgimento di Tiziano Renzi, indubbiamente legato da rapporto personale di una certa intensità con Carlo Russo, resta fondamentalmente ancorato e colorato dalle rappresentazioni verbali che quest’ultimo fece ad Alfredo Romeo di un suo contributo causale nella sollecitata intermediazione illecita con Luigi Marroni, ossia nel servizio offerto dal Russo al Romeo, ruolo negato con fermezza da Tiziano Renzi in occasione del suo interrogatorio ai pubblici ministeri”.

“Dichiarazioni di Renzi avversati da sms su telefono di Russo” – Il nome del padre di Renzi, prosegue il tribunale, “venne altresì speso dal Russo in occasione di un paio di colloqui con il Marroni quando ne sollecitò l’intervento a favore di una società partecipante alla gara FM4, diversa dalla Romeo, asserendo che le sue sorti stavano a cuore a Denis Verdini e, appunto, a Tiziano Renzi, indicato anche come soggetto che avrebbe potuto influire sulla sua carriera“. I giudici, però, sottolineano come il genitore dell’ex premier non abbia detto la verità quando ha negato la sua frequentazione con Russo anche per ragioni diverse da quelle familiari. “Di vero vi è il fatto che le dichiarazioni rese in interrogatorio da Tiziano Renzi sui suoi rapporti con il Russo, asseritamente limitati a viaggi e frequentazioni familiari, sono contrastate e avversate dai contenuti della pur scarsa messaggistica recuperata sui cellulari del Russo da cui si desume un legame tra i due estesosi ad accreditare fortemente quest’ultimo presso l’Ad, che fu il tema dei due unici incontri di Renzi con l’ing. Marroni”. Eppure secondo i giudici “nonostante l’incredibilità specifica sul punto, tuttavia, il processo non ha dimostrato alcun contributo causale apportato dall’imputato alle condotte illecite del Russo: sia perché, come si è visto, mentre il Russo ‘vendeva’ al Romeo la partecipazione attiva all’operazione di Tiziano Renzi, si era già speso con il Marroni per una società concorrente; sia perché l’unico incontro dimostrato tra Renzi e Romeo del 16/7/2015 avvenne in un momento assai distante temporalmente rispetto al periodo in cui il Russo è riuscito a farsi promettere utilità dal Romeo stesso per favorire la ‘sponsorizzazione‘ della Romeo Gestioni da parte di Tiziano Renzi presso Consip”. Seguendo questo ragionamento il tribunale ha riqualificato il reato di traffico d’influenze contestato a Russo in truffa. L’imprenditore amico di Renzi aveva prospettato a Romeo di poter intervenire sui vertici Consip in cambio di soldi. La riforma della giustizia di Marta Cartabia, però, ha modificato questa fattispecie di reato: ora si può perseguire la truffa solo in caso di querela di parte. E Romeo non ha denunciato Russo.