Spacciava la droga di un’associazione a delinquere, vicina alla cosca di ‘ndrangheta dei Barbaro, che avrebbe “importato e distribuito” tra Calabria e Lombardia “oltre 2 tonnellate” di stupefacenti, principalmente cocaina e hashish. Con questa accusa è stato arrestato Luca Lucci, il capo ultras del Milan già in carcere nell’inchiesta sulle curve di San Siro.

L’inchiesta coordinata dalla Dda di Milano e svolta dalla Guardia di Finanza di Pavia e dai finanzieri dello Scico coinvolge altre 19 persone, quattordici elle quali sono finite in carcere e altre 5 ai domiciliari. Tra coloro che sono finiti in cella c’è anche Nazzareno Calajò, il boss del quartiere Barona. Secondo gli investigatori, il “terminale delle varie organizzazioni è in colui che ha sostituito i Flachi della Comasina godendo della consolidata vicinanza con i Barbaro di Platì, attivi nella zona di Cologno Monzese, ed i gruppi criminali albanesi e sudamericani che, da basi strategiche in Sudamerica, controllano le spedizioni della cocaina verso le più importanti piazze intercontinentali”.

A Lucci non viene contestata nell’ordinanza l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, che riguarda, invece, una decina di persone dei 20 arrestati. Il capo storico della curva Sud rossonera era già finito in carcere lo scorso 30 settembre con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata ad un serie di reati, assieme ad altri ultras milanisti suoi presunti sodali.

Il blitz aveva riguardato anche i vertici e altri ultrà della curva interista e che vedeva al centro i business illeciti del tifo organizzato delle due curve e una serie di aggressioni ed estorsioni. Lucci, che nel 2018 si era fatto fotografare anche con Matteo Salvini, è pure indagato per il tentato omicidio del 2019 di un ultrà rossonero, Enzo Anghinelli, per il quale di recente è finito in carcere il suo presunto vice, Daniele Cataldo.

Con la vendita degli stupefacenti l’associazione avrebbe “generato una ingentissima massa di denaro contante” per circa 11 milioni di euro, usando “sistemi di occultamento finalizzati a sottrarre i profitti illeciti alla tracciabilità ed ai sequestri”. Il gruppo – secondo i finanzieri – avrebbe fatto “ricorso, sistematicamente, ad organizzazioni strutturate” gestite da “collettori” cinesi “detentori, ormai in via esclusiva, dei canali bancari sommersi”, il cosiddetto underground banking, per trasferire “il denaro all’estero secondo il sistema del fei eh ‘ien, circuito finanziario finalizzato al trasferimento di soldi con completa garanzia di anonimato”.

Allo stesso tempo l’organizzazione avrebbe “anche distribuito grossi quantitativi di hashish provenienti dal Marocco e dalla Spagna, grazie all’opera di un narcotrafficante di altissimo livello, tratto in arresto nel corso di recenti operazioni condotte nella città di Milano, che conta su solidi rapporti instaurati nel tempo con i più grossi produttori e fornitori magrebini”.

Parte della droga, poi, sarebbe stata venduta “da noti elementi della malavita milanese legati in affari ai vertici del gruppo criminale imperante nel quartiere Barona”. Tra gli arrestati c’è infatti anche il “boss” del rione, Nazzareno Calajò. I traffici sono emersi anche dalle chat criptate SkyEcc, bucate dalle forze dell’ordine belghe, olandesi e francesi nel marzo 2021, permettendo agli investigatori di mezza Europa di riuscire a decifrare le conversazioni scambiate tramite la piattaforma.

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