Di cosa si è pentito Andrea Beretta, di aver ucciso Antonio Bellocco o dei suoi presunti affari trasversali da leader della curva nord dell’Inter? Per scoprirlo bisognerà aspettare di conoscere le dichiarazioni che farà ai magistrati della direzione distrettuale antimafia di Milano, dopo la decisione di collaborare con la giustizia. Che i fatti del 4 settembre avessero alterato gli equilibri della gestione del tifo organizzato e scoperchiato affari criminali legati al mondo dello stadio era evidente.

Ma Beretta non ha parlato subito ai magistrati. La sua decisione è maturata con il tempo e forse è dettata dalla percezione che l’unico modo per aver salva la vita è fare il pentito. Questa vicenda, infatti, matura in un sistema molto complesso. Uno dei temi che Beretta dovrà approfondire, oltre alle dinamiche delle curve e al ruolo della criminalità organizzata, è l’omicidio avvenuto nel 2022 e ancora irrisolto di Vittorio Baiocchi, leader storico della Curva, di cui Beretta era prima amico e poi successore. Sul punto non aveva mai risposto. Cosa sa e cosa dirà?

Fatto sta che la sua scelta di collaborare non l’hanno presa bene gli altri membri della Curva, i quali nei giorni scorsi hanno esibito lo striscione: “La tua infamità non appartiene alla nostra mentalità”. A quale mentalità si riferiscono gli autori dello striscione? A quella che si tiene dentro la mafia?

Beretta è in carcere per aver ucciso il suo amico, Antonio Bellocco, rampollo di una delle più forti famiglie di ‘ndrangheta. I due, lo scorso 4 settembre, si trovavano a Cernusco sul Naviglio, all’interno di una macchina vicino a una palestra frequentata dai tifosi dell’Inter quando Bellocco avrebbe provato a uccidere Beretta e quest’ultimo poi l’ha accoltellato. Il clima era evidentemente già teso e i due amici, Beretta e Bellocco, erano arrivati preparati a quell’incontro, uno aveva una pistola l’altro un coltello.

C’erano state avvisaglie, perché Bellocco, arrivato qualche anno prima dalla Calabria a Milano per gestire gli affari del clan, si era fatto strada nella Curva ed era pronto a prendere le redini. D’altra parte, Beretta non voleva cedere ma sapeva benissimo chi era Bellocco e quali erano i rischi che stava correndo. Chi c’era dietro di lui?

Nelle scorse settimane l’avvocato di Beretta, Mirko Perlino, ha rimesso il mandato, probabilmente proprio a seguito di questo cambio di strategia da parte di Beretta. Il primo passo dopo l’avvio della collaborazione con la giustizia è stato il cambio di penitenziario. Va ricordato anche che Beretta, come lui stesso ha detto, sarebbe venuto a conoscenza dei propositi di Bellocco di farlo fuori. Lui sarebbe salvo solo perché chi avrebbe dovuto ucciderlo alla fine avrebbe tradito Bellocco raccontando il piano al capo ultrà. Il progetto era quello di “stordirlo verosimilmente con un sonnifero e condurlo in un luogo idoneo all’esecuzione, qui sarebbe stato colpito con arma da fuoco e sotterrato”. Chi è che ha avuto interesse a proteggere Beretta mettendo a rischio la vita di Bellocco? È vero questo racconto?

E perché ora Beretta ha deciso di collaborare? Beretta sa che non sarà semplice. Dovrà raccontare molte cose, sia rispetto al delitto, sia di ulteriori interessi per la gestione della Curva e degli affari dello stadio San Siro. Beretta dovrà anche dire quello che sa rispetto al delitto del 29 ottobre del 2022, quando Vittorio Baiocchi, l’allora leader della curva nord, venne ucciso a colpi di pistola da due killer in moto. Un omicidio su cui è importante fare luce per comprendere i rapporti fra criminalità organizzata e mondo ultras. Tra i soggetti che facevano parte della Nord ora in carcere c’è anche Marco Ferdico che, secondo le indagini, aveva spalleggiato l’ascesa di Bellocco dopo la morte di Baiocchi.

Il racconto di Beretta dovrà partire da lontano. La ‘ndrangheta, molto probabilmente, era già dentro la gestione della Curva, l’ascesa di Bellocco avrebbe potuto dare fastidio a più di una persona.

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