È ritenuto l’erede del capomafia Michele Greco, il Papa di Ciaculli, l’uomo arrestati dagli agenti della Squadra Mobile e della Sezione Investigativa dello Sco. In manette è finito Gaetano Savoca. La Dda di Palermo, che ha chiesto e ottenuto dal giudice per le indagini preliminari un’ordinanza di custodia cautelare, gli contesta l’associazione mafiosa con funzioni di direzione e coordinamento delle ‘famiglie’ che compongono il mandamento di Brancaccio. Le indagini “hanno rilevato la costante influenza mafiosa” di Savoca “attraverso riservatissime riunioni ed incontri programmati con altri sodali, soprattutto nei settori delle estorsioni e del traffico di stupefacenti, impartendo disposizioni e direttive sulle modalità attuative delle attività illecite”.
Già lo scorso 3 marzo erano state eseguite otto misure in carcere nei confronti di affiliati del clan Ciaculli-Brancaccio, per associazione di stampo mafioso, estorsione aggravata, traffico di stupefacenti e detenzione illegali di armi. Le nuove indagini avevano preso il via dall’omicidio, avvenuto il 26 febbraio, di Giancarlo Romano, uomo d’onore in forte ascesa all’interno della famiglia di Corso dei Mille, e del ferimento di Alessio Salvo Caruso con il conseguente fermo di due uomini ritenuti responsabili del delitto.
Un’inchiesta che aveva colpito le famiglie mafiose del mandamento palermitano di Brancaccio, Roccella-Guarnaschelli e Corso dei Mille e svelando i nuovi assetti organizzativi dei clan. Per gli inquirenti i referenti del mandamento che hanno assunto la gestione delle principali attività illecite dopo gli arresti dei vecchi boss, ma non solo l’indagine aveva permesso di accertare diversi casi di estorsione ad attività commerciali della zona, strette dalla morsa mafiosa che controllava dagli hotel alle officine meccaniche, al venditore ambulante dello street food. I clan inoltre gestivano le piazze di spaccio, soprattutto nel quartiere Sperone (dove era stato ucciso Romano), dove la mafia controllava i canali di approvvigionamento dello stupefacente e riscuoteva il pizzo sulla vendita della droga.
I clan mafiosi palermitani controllavano anche le scommesse clandestine on line. Ed è in questo contesto che è maturato l’omicidio del boss dello Sperone Giancarlo Romano, ucciso per questioni relative al pizzo sulle scommesse online. Romano era coinvolto nell’inchiesta che a marzo portato agli arresti: gli inquirenti ne avevano accertato il ruolo all’interno del clan. I suoi presunti assassini sono sono stati fermati poco dopo il delitto e sono detenuti.