Le Regioni hanno usato in maniera efficace i 2 miliardi stanziati tra 2020 e 2024 per ridurre le liste d’attesa? La Corte dei Conti ha provato a capirlo, ma non è stato facile. Perché sono emerse “criticità nella metodologia adottata” per controllare se l’obiettivo era stato raggiunto, “basata su dati autocertificati da parte di Regioni e Province autonome che appaiono non omogenei”. Quel che si può dire “dalla lettura dei dati pervenuti dal Ministero relativi all’utilizzo delle risorse messe a disposizione al 31 dicembre 2023” è che “nonostante l’ammontare non indifferente di disponibilità, il relativo utilizzo appare esiguo“. È quello che emerge dall’analisi della magistratura contabile sulla Riduzione delle liste di attesa relative alle prestazioni non erogate durante l’emergenza Covid, approvata dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, in cui si sottolinea “il mancato utilizzo di flussi informativi nazionali e di sistemi informativi strutturati, allo stato non disponibili”.
Il documento, di 180 pagine, evidenzia le “difficoltà incontrate dal ministero della Salute nello svolgimento delle attività di coordinamento e monitoraggio, sia sul versante della verifica dell’avvenuta programmazione, sia per quanto attiene alla capacità delle autonomie territoriali nel comunicare tempestivamente il grado di raggiungimento degli obiettivi da esse programmati”. I dati trasmessi da Regioni e Province autonome infatti “risultano spesso parziali e disomogenei e, dunque, non confrontabili fra loro per le diverse metodologie applicate alle stime dei ricoveri e delle prestazioni non erogate, con informazioni che non forniscono sempre quadri aggiornati e completi”. Non risulta, inoltre, rileva la Corte, un meccanismo di acquisizione dati che consenta di valutare l’effettiva applicazione da parte dei soggetti attuatori delle misure previste in materia e, soprattutto, “per verificare il corretto utilizzo delle risorse finanziarie messe in campo con la fiscalità generale”.
Quel che emerge dal monitoraggio relativo all’utilizzo e alla gestione finanziario-contabile delle risorse stanziate è comunque come “la relativa più ampia finalizzazione, normativamente prevista, possa indurre le Regioni ad utilizzarle in via prioritaria per ripianare i loro disavanzi sanitari regionali e, solo residualmente, per abbattere le liste di attesa”. In barba alle esigenze dei cittadini.
Nel marzo 2023 si sono tenuti gli audit conclusivi sulle attività svolte per realizzare i piani operativi regionali. Le percentuali di recupero variano molto a seconda della tipologia di prestazioni e della Regione o Provincia autonoma di riferimento, come mostra la tabella sotto suddivisa in base alle linee di intervento (ricoveri per interventi chirurgici programmati, screening oncologici e prestazioni ambulatoriali). Nel complesso Calabria e Campania sono fanalini di coda mentre l’Emilia Romagna risulta in testa, seguita dalla Toscana, per prestazioni recuperate. Sempre nel quarto trimestre 2022 quando la spesa rendicontata a consuntivo ammontava a circa il 70% del totale: 348 milioni di euro su uno stanziamento di 500 milioni di cui non oltre 150 milioni per coinvolgere le strutture private accreditate.
Nelle conclusioni, quindi, la Corte auspica “lo sviluppo di un apparato organizzativo e informativo per il monitoraggio sul conseguimento degli obiettivi in materia, viste anche le risorse stanziate, proprio di recente, per la riduzione del fenomeno”.