I leader del G20 si impegnano ad “assicurare che gli individui con un patrimonio netto molto elevato siano tassati in maniera efficace“. Per farlo coopereranno nello scambio di buone pratiche e nell’individuazione di meccanismi antielusione, compresi i vantaggi fiscali dannosi. Facendo leva sui “suggerimenti tecnici di organizzazioni internazionali, accademici ed esperti”. Tra gli 85 punti […]
I leader del G20 si impegnano ad “assicurare che gli individui con un patrimonio netto molto elevato siano tassati in maniera efficace“. Per farlo coopereranno nello scambio di buone pratiche e nell’individuazione di meccanismi antielusione, compresi i vantaggi fiscali dannosi. Facendo leva sui “suggerimenti tecnici di organizzazioni internazionali, accademici ed esperti”. Tra gli 85 punti della bozza di comunicato finale del vertice dei Paesi industrializzati che si è svolto a Rio entra anche l’aperto sostegno alla proposta di tassare i super ricchi, già discussa a luglio dai ministri delle Finanze. I capi di Stato e di governo hanno avallato anche la dichiarazione dei ministri sulla cooperazione fiscale internazionale, riconoscendo che una tassazione progressiva è cruciale per ridurre le disuguaglianze, rimpinguare i bilanci pubblici e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva.
Una decisione “storica”, esulta Gabriel Zucman, direttore dell’EU Tax Observatory, che è stato consigliere della presidenza brasiliana del G20 sul tema di una possibile riforma globale della tassazione dei super ricchi e ha preparato un rapporto ad hoc per spiegare come potrebbe funzionare. Ma è solo il primo passo, avverte l’economista classe 1986, noto per le sue ricerche sui paradisi fiscali, l’elusione e le disuguaglianze che ne derivano. “Ora è il momento di tradurre le parole in azioni e lanciare un negoziato internazionale inclusivo, che si estenda oltre il G20, sulla riforma della tassazione dei super-ricchi”. Il palcoscenico ideale potrebbe essere quello delle Nazioni Unite, dopo che in agosto al Palazzo di Vetro è stato fatto il primo passo per il varo della convenzione quadro sulla tassazione globale auspicata dai Paesi del Sud del mondo.
Il testo di compromesso concordato dai ministri delle Finanze del G20 a luglio aveva incontrato inizialmente la resistenza dell’Argentina di Javier Milei, che però non è riuscito a far bloccare il comunicato finale. Al momento della firma il presidente turboliberista ha però chiesto la parola a Lula e si è lanciato in critiche nei confronti dell’alleanza globale contro fame e povertà (ha sostenuto che è un “errore” dovuto a “malizia o ignoranza” pensare che per combatterle sia “necessario più intervento statale e più pianificazione centralizzata dell’economia”) e della stessa tassa sui super ricchi, che implica, a suo dire, “una disparità di trattamento davanti alla legge”.
Nel suo rapporto per il G20 Zucman spiegava al contrario perché un’agenda globale sulla tassazione dei miliardari sia urgente. E come le precedenti riforme nell’ambito della cooperazione fiscale internazionale l’abbiano resa possibile. La sua proposta prevede l’introduzione di un’imposta minima pari al 2% del patrimonio dei 3mila miliardari mondiali, che potrebbe generare tra i 200 e i 250 miliardi di gettito all’anno. Cifra che salirebbe di 100-140 miliardi se la tassa fosse estesa anche a chi possiede più di 100 milioni di dollari. Quelle risorse potrebbero essere investite nel contrasto alle disuguaglianze e nella sempre più urgente lotta al cambiamento climatico. Se non tutti i Paesi aderissero, per garantire l’efficacia della misura nonostante la facilità di spostare i patrimoni servirebbero meccanismi che consentano di continuare a tassare i Paperoni che trasferiscono la loro residenza nelle giurisdizioni più “amichevoli”. Non è fantascienza: negli Stati Uniti già esiste una exit tax che può essere applicata a chi rinuncia alla cittadinanza per far sì che prima di andarsene versi il dovuto nelle casse della repubblica federale.