La Rcs di Urbano Cairo ha licenziato illegittimamente il corrispondente da Bruxelles del Corriere della Sera, Ivo Caizzi. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva dichiarato illegittima e nulla la chiusura del rapporto di lavoro imposta dall’editore in pieno lockdown in quanto in grave violazione del Contratto nazionale dei giornalisti (Cnlg). Rcs già era stata condannata “a riammettere il giornalista in servizio e a corrispondergli le retribuzioni maturate”, ma l’editore, dopo aver eseguito il reintegro e versato gli stipendi arretrati, ha fatto ricorso alla Suprema Corte, che però ha confermato la sentenza.

Il fatto si è consumato nell’aprile 2020, la primavera della pandemia. Caizzi era in piena attività per il Corsera bloccato nella sua abitazione di Bruxelles e aveva ricevuto notizia del licenziamento per lettera, senza preavviso, senza motivazione. Dopo un rapporto di lavoro trentennale, per di più mentre il governo aveva sospeso i licenziamenti senza giusta causa fino ad agosto. In tribunale Rcs aveva giustificato la rescissione del rapporto come “pensionamento”. Ma i giudici di Milano avevano accertato la violazione contrattuale e condannato l’editore. Caizzi era rientrato in servizio e, avendo raggiunto l’età pensionabile, non aveva più contrastato la volontà dell’editore di chiudere il rapporto di lavoro. Ora, dopo la vittoria definitiva in Cassazione potrà procedere con altre richieste risarcitorie in tribunale.

Circa un anno prima del licenziamento Caizzi aveva avviato una iniziativa “a tutela dell’indipendenza e della credibilità del Corriere”, protestando con il direttore Luciano Fontana per una prima pagina del giornale che annunciava, con un articolo di Federico Fubini, una inesistente procedura d’infrazione dell’Unione europea contro l’Italia, mai avviata neppure in seguito. In precedenza il giornalista era intervenuto nel dibattito sindacale interno alla redazione, criticando il gruppo di comando del Corriere per le perdite di copie, l’influenza della pubblicità e del marketing e per la richiesta di Rcs di aiuti pubblici nonostante i profitti e i bonus alla prima linea della dirigenza.

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