Se si parla di soldi per le armi, l’intesa sui mitologici eurobond si trova. O, almeno, così sembra. “Per la prima volta qui a Varsavia i cinque più grandi paesi europei concordano sulla necessità di bond europei per la difesa, è una svolta molto importante”, ha detto il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski al termine del formato di Weimar con Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Ue.
“A Varsavia, insieme ai colleghi di Francia e Polonia, abbiamo approfondito in un nostro incontro i temi della situazione politica in Moldavia e Georgia e inoltre voglio preparare subito la discussione con tutti i partner dell’Ue sul tema degli eurobond con cui finanziare l’adeguamento dei nostri sistemi di Difesa e rafforzare la difesa europea all’interno della Nato”, ha fatto sapere il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani al termine del trilaterale.
“Garantire in modo europeo l’indebitamento delle nazioni per raggiungere il 2%” del Pil da destinare alla difesa “mi sembra un’idea da accogliere con favore. Questo toglierebbe ad ogni nazione il peso magari di avere interessi sul debito diversi” e “renderebbe la sicurezza e la difesa un patrimonio comune“, ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, a margine della riunione con gli omologhi europei a Bruxelles, commentando l’ipotesi rilanciata dal vertice dei ministri degli Esteri a Varsavia.
Da tempo la Nato chiede ai suoi membri di alzare almeno fino al 2% del Pil le spese per la difesa. Una richiesta su cui aveva insistito molto in passato Donald Trump (se pagano di più gli altri, gli Usa possono pagare di meno, ndr) e che, verosimilmente, sarà riproposta con l’avvio del nuovo mandato presidenziale. Per l’Italia, che sta poco sotto all’1,5% del Pil, si tratterebbe di trovare una decina di miliardi aggiuntivi. Se questa somma fosse reperibile emettendo debito comune, si ridurrebbe il rischio di sacrificare alle armi altre voci della spesa pubblica.
Qualche tempo fa l’agenzia Bloomberg aveva condotto una simulazione ipotizzato che la spesa per la difesa tornasse sui valori del periodo della Guerra Fredda, intorno al 4% del Pil. In tal caso l’esborso per i paesi del G7 sarebbe stratosferico. Solo l’Italia dovrebbe mettere sul piatto 40 miliardi all’anno in più. Tuttavia è vero che un’Europa più autosufficiente sul fronte della difesa sarebbe meno subordinata ai voleri statunitensi, anche in ambiti non strettamente militari.
La prospettiva di un prossimo incremento dei budget per la difesa, rafforzata dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca, ha spinto ulteriormente al rialzo i titoli dei produttori di armi europei. Nelle ultime due settimane, la tedesca Rheinmetall ha guadagnato circa il 25% mentre l’italiana Leonardo il 15%.
Economia & Lobby
Prove di intesa sugli eurobond per la difesa. I big europei favorevoli al debito comune per le armi
Se si parla di soldi per le armi, l’intesa sui mitologici eurobond si trova. O, almeno, così sembra. “Per la prima volta qui a Varsavia i cinque più grandi paesi europei concordano sulla necessità di bond europei per la difesa, è una svolta molto importante”, ha detto il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski al termine del formato di Weimar con Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Ue.
“A Varsavia, insieme ai colleghi di Francia e Polonia, abbiamo approfondito in un nostro incontro i temi della situazione politica in Moldavia e Georgia e inoltre voglio preparare subito la discussione con tutti i partner dell’Ue sul tema degli eurobond con cui finanziare l’adeguamento dei nostri sistemi di Difesa e rafforzare la difesa europea all’interno della Nato”, ha fatto sapere il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani al termine del trilaterale.
“Garantire in modo europeo l’indebitamento delle nazioni per raggiungere il 2%” del Pil da destinare alla difesa “mi sembra un’idea da accogliere con favore. Questo toglierebbe ad ogni nazione il peso magari di avere interessi sul debito diversi” e “renderebbe la sicurezza e la difesa un patrimonio comune“, ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, a margine della riunione con gli omologhi europei a Bruxelles, commentando l’ipotesi rilanciata dal vertice dei ministri degli Esteri a Varsavia.
Da tempo la Nato chiede ai suoi membri di alzare almeno fino al 2% del Pil le spese per la difesa. Una richiesta su cui aveva insistito molto in passato Donald Trump (se pagano di più gli altri, gli Usa possono pagare di meno, ndr) e che, verosimilmente, sarà riproposta con l’avvio del nuovo mandato presidenziale. Per l’Italia, che sta poco sotto all’1,5% del Pil, si tratterebbe di trovare una decina di miliardi aggiuntivi. Se questa somma fosse reperibile emettendo debito comune, si ridurrebbe il rischio di sacrificare alle armi altre voci della spesa pubblica.
Qualche tempo fa l’agenzia Bloomberg aveva condotto una simulazione ipotizzato che la spesa per la difesa tornasse sui valori del periodo della Guerra Fredda, intorno al 4% del Pil. In tal caso l’esborso per i paesi del G7 sarebbe stratosferico. Solo l’Italia dovrebbe mettere sul piatto 40 miliardi all’anno in più. Tuttavia è vero che un’Europa più autosufficiente sul fronte della difesa sarebbe meno subordinata ai voleri statunitensi, anche in ambiti non strettamente militari.
La prospettiva di un prossimo incremento dei budget per la difesa, rafforzata dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca, ha spinto ulteriormente al rialzo i titoli dei produttori di armi europei. Nelle ultime due settimane, la tedesca Rheinmetall ha guadagnato circa il 25% mentre l’italiana Leonardo il 15%.
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Doha, 23 gen. (Adnkronos) - Hamas renderà noti oggi i nomi dei 4 ostaggi che, in base all'accordo raggiunto con Israele nell'ambito della tregua a Gaza, verranno rilasciati domani, sabato 25 gennaio. Lo ha dichiarato un alto funzionario di Hamas, Zaher Jabarin, confermando che a essere rilasciate saranno quattro donne.
Capo di Hamas in Cisgiordania, Jabarin ha spiegato che la lista dei quattro nomi verrà consegnata ai mediatori. Si tratta del secondo scambio tra ostaggi e detenuti palestinesi della prima fase dell'accordo. Per ogni ostaggio vengono rilasciati 30 detenuti palestinesi, 50 se l'ostaggio rilasciato è un militare.
Una volta divulgati i nomi dei quattro, Israele dovrà fornire la lista dei detenuti palestinesi che verranno liberati in cambio, ha sottolineato Jabarin. L'accordo di cessate il fuoco, ha aggiunto, sta tenendo "malgrado alcune violazioni dell'occupazione israeliana". Ne riferisce il 'Times of Israel'.
Nella lista dei 33 ostaggi che Hamas rilascerà nella prima fase dell'accordo raggiunto con Israele ci sono ancora sette donne.
Dopo il rilascio domenica di Emily Damari, Romi Gonen e Doron Steinbrecher, nella lista dei primi ostaggi che saranno liberati figura Shiri Silberman Bibas, 33 anni, rapita insieme al marito Yarden e ai figli Ariel, che ha compiuto 5 anni a Gaza, e al più piccolo ostaggio Kfir, di soli 2. Hamas aveva fatto sapere che la famiglia Bibas era stata uccisa in un raid aereo israeliano, ma non aveva mai fornito prove. C'è attesa anche per la tedesco-israeliana Arbel Yehud, 29 anni, che inizialmente doveva essere rilasciata domenica, ma che è stata sostituita da Hamas all'ultimo minuto. Al suo posto è stata rilasciata Emily Damari. Arbel Yehud era stata rapita il 7 ottobre del 2023 con il fidanzato Ariel Cunio dalla sua abitazione nel kibbutz Nir Oz. Israele ha chiesto che la donna venga rilasciata sabato.
Nell'elenco figurano i nomi delle cinque giovani soldatesse israeliane rapite, ovvero Agam Berger, Daniella Gilboa, Liri Albag, Naama Levy e Karina Ariev. Tutte appartengono all'unità di sorveglianza elettronica dell'Idf, con il compito di analizzare in tempo reale le immagini delle telecamere collocate lungo il confine di Gaza. Sono state rapite dai miliziani di Hamas che avevano fatto irruzione nella base di Nahal Oz uccidendo 52 soldati israeliani.
Karina Ariev, 19 anni, era apparsa in un video di propaganda di Hamas in cui implorava il governo di Netanyahu di fermare la guerra. Daniella Gilboa è stata rapita direttamente dal suo letto, come ha raccontato in un video reso pubblico a luglio. Più di recente, a gennaio, la diciannovenne Liri Albag è apparsa in un video in cui raccontava di essere rapita da 450 giorni. Naama Levy, 21 anni, è apparsa nei filmati del 7 ottobre ferita e con le mani legate dietro la schiena, trascinata su una jeep. Secondo il padre sarebbe stata tenuta lontana dalle altre in un tunnel a Gaza.
Roma, 24 gen. (Adnkronos Salute) - "La proposta di legge della Lega per interrompere l'adesione dell'Italia all'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è non solo una scelta miope, ma un vero e proprio attacco alla salute pubblica e al ruolo del nostro Paese nel contesto internazionale", dichiara il presidente della Rete italiana delle città sane Oms, Lamberto Bertolè. "L'Oms - rimarca - rappresenta una delle istituzioni più importanti nella tutela della salute globale. Grazie al suo lavoro siamo stati in grado di affrontare pandemie, coordinare campagne di vaccinazione e rispondere a crisi sanitarie internazionali. Abbandonare questa organizzazione - ammonisce - significherebbe isolare l'Italia, privandola di risorse, informazioni e strumenti essenziali per garantire la sicurezza sanitaria dei cittadini. Una tale decisione è incomprensibile e profondamente irresponsabile".
Le città, in particolare, hanno un ruolo cruciale nell'attuazione delle politiche sanitarie globali a livello locale. La Rete italiana delle città sane, parte del programma Oms - ricorda una nota - da anni lavora per promuovere una cultura della salute e del benessere attraverso progetti di prevenzione, lotta alle disuguaglianze e promozione di stili di vita sani. "L'uscita dell'Italia dall'Oms - prosegue Bertolé - comprometterebbe la nostra capacità di tradurre le linee guida globali in azioni concrete per le nostre comunità. Vorrei ricordare che l'Oms è stata in prima linea durante la pandemia di Covid-19, fornendo non solo dati e linee guida, ma anche supporto ai sistemi sanitari nazionali. Pensare di poter affrontare le sfide sanitarie globali da soli, in un mondo sempre più interconnesso, è una pericolosa illusione. Dobbiamo anzi lavorare per rafforzare questa istituzione e aggiornare i suoi aspetti operativi, anche alla luce del nuovo scenario scientifico e geopolitico. Le sfide di salute pubblica vanno affrontate con tutte le armi a disposizione".
Infine, Bertolè lancia un appello accorato al Governo italiano e ai legislatori. "Chiedo con forza di respingere questa proposta e di riflettere sull'importanza della cooperazione internazionale in materia di salute. La salute è un diritto fondamentale, sancito dall'articolo 32 della nostra Costituzione, che impegna lo Stato a tutelare la salute come interesse della collettività. Uscire dall'Oms - precisa - significa mettere a rischio non solo il nostro Paese, ma anche il fragile equilibrio della salute globale, lasciando i cittadini più esposti a minacce sanitarie e privandoli di una protezione fondamentale. A tutte le città italiane e ai loro amministratori locali - conclude - lancio un appello: uniamoci per difendere la salute pubblica e per garantire che la voce dell'Italia resti forte e presente nei contesti internazionali dove si decidono le sorti della salute globale. Ogni passo indietro in questo campo rappresenta un rischio enorme per il futuro delle nostre comunità".
Roma, 24 gen (Adnkronos) - "I socialisti italiani non molleranno. Solleciteremo, a più riprese, il premier Meloni perché possa trovare il coraggio di condannare Trump sulla pena di morte. Lo faremo non per cercare lo scontro con un Paese amico ma per sollecitare un dibattito alto circa una grande questione". Lo dice Enzo Maraio, segretario del Psi.
"Capiamo il silenzio sulla grazia ai 1.500 assalitori di Capitol Hill, è questione interna, capiamo l’imbarazzo sui dazi, capiamo la difficoltà sulla strategia europea ma non possiamo consentire che il premier italiano scodinzoli con chi decide di rilanciare sulla pena di morte -prosegue Maraio-. L’Italia ha il dovere di condannare queste scelte, in ogni parte del Mondo e, soprattutto, quando entrano nell’agenda di governo di una grande democrazia. Ha il dovere di farlo quando qualcuno immagina di avviare una nuova stagione di morte nel nome di Dio".
"La Meloni convochi l’ambasciatore Usa in Italia per manifestare il disappunto sulla pena di morte", conclude il segretario del Psi.
Roma, 24 gen. (Adnkronos/Labitalia) - E' Marcella Mallen il presidente Prioritalia, la Fondazione di Manageritalia e Cida, nata nel 2017 per promuovere con ancor più forza l’impegno civile e sociale della comunità manageriale. A disegnarla per il secondo mandato consecutivo per gli anni 2025-28, il collegio dei soci fondatori espressione di Manageritalia, la Federazione dei dirigenti del terziario e Cida Confederazione sindacale che rappresenta unitariamente a livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato.
Si rinnova per 2/5 anche il collegio dei fondatori di Prioritalia che vede tra i suoi componenti l’ingresso di Marco Ballarè presidente di Manageritalia e di Giancarla Bonetta nominata Vicepresidente Prioritalia. Confermati componenti del collegio oltre alla stessa Mallen anche Guido Carella (designazione Manageritalia) e Stefano Cuzzilla attuale presidente Cida.
“Sono orgogliosa - commenta Marcella Mallen, presidente Prioritalia - di essere stata designata da Manageritalia per continuare a guidare questa Fondazione, con la missione ambiziosa di costruire nuovi assetti e nuove alleanze, consolidando la nostra value proposition di civismo e sostenibilità integrata, perseguita in questi in anni e da cui ritengo non si può assolutamente tornare indietro. La transizione verso un mondo più sostenibile deve continuare e deve essere innanzitutto partecipata e dunque affermarsi come una priorità per tutti: governi, pubbliche amministrazioni, imprese, associazioni, scuole, università, centri di ricerca, cittadini. Per questo Prioritalia continuerà ad operare anche da attore protagonista all’interno dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), contribuendo a far crescere in Italia la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 e la conoscenza dei suoi 17 goals.
Marcella Mallen laureata in giurisprudenza, già presidente di Manageritalia Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna e Umbria e di Cfmt- Centro di formazione manageriale del terziario - e docente di Diversity management e cambiamento organizzativo presso l’Università Lumsa di Roma, è presidente dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), già presidente di Prioritalia, la Fondazione delle organizzazioni dei manager Cida e Manageritalia, consigliera del Cnel e componente di Value@Work gruppo promosso dall’Istituto di Studi superiore sulla donna dell’ateneo pontificio Regina Apostolorum.
Rinnovato, per suoi 2/5, anche il consiglio direttivo con i nuovi ingressi di Luisa Quarta (designazione Manageritalia) e di Gian Angelo Bellati componente (designazione Cida) che andranno a cooperare con le stesse Mallen, Giancarla Bonetta e Paolo Bandiera (designazione Manageritalia).
"Le dirompenti crisi - si legge in una nota - che stiamo vivendo – innanzitutto geopolitiche, ambientali e demografiche – possono essere foriere di profonde trasformazioni economiche, sociali e culturali. Fondazione Prioritalia continuerà a lavorare per disegnare la mappa delle priorità e dei bisogni, per portare con il ruolo determinante della comunità manageriale e con essa tutto il Paese verso un nuovo modello di sviluppo, inclusivo equo e sostenibile".
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - "Sono lieto di poter ribadire insieme a lei i legami che legano Panama e Italia e la volontà di intensificare la nostra collaborazione in diversi campi. Quest'anno si attiverà il meccanismo di dialogo che è uno strumento di grande utilità per accompagnare l'aumento della nostra collaborazione". Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricevendo al Quirinale l'omologo di Panama José Raúl Mulino Quintero.
"È un onore essere qui in Italia poichè è la terra di mio nonno -ha sottolineato Mulino Quintero- Sono molto lieto di poter condividere questo momento con lei, è un'opportunità estremamente importante per il mio Paese. Ribadisco anch'io l'intenzione di intensificare i nostri legami di lavoro, di amicizia, a livello commerciale con l'Italia, un Paese amico che ci può aiutare anche nei rapporti con l'Unione europea".
Milano, 24 feb. (Adnkronos) - Il primo treno a idrogeno italiano è arrivato nel nuovo impianto di manutenzione e di rifornimento di idrogeno di Rovato. Il convoglio - che fa parte dei 14 acquistati da Fnm grazie ai finanziamenti di Regione Lombardia, anche tramite risorse Pnrr – è arrivato nel bresciano dal circuito di prova di Salzgitter (Germania) del costruttore Alstom. Lo fa sapere in una nota Fnm, in cui sottolinea che "l’impianto di Rovato, realizzato da Ferrovienord e dotato di attrezzature all'avanguardia, sarà, in Italia, il primo deposito specificatamente progettato e realizzato per la manutenzione dei treni a idrogeno nonché il primo impianto per il rifornimento di idrogeno per i treni". (FOTOGALLERY)
Nei prossimi giorni verranno effettuate, da parte del costruttore e fornitore dell’idrogeno Sapio, attività di collaudo dell’impianto stesso e test di rifornimento del treno. Nella giornata del 13 febbraio si terrà un evento di presentazione alla stampa, nel corso del quale sarà possibile visitare il sito di Rovato e il convoglio.
L’entrata in servizio commerciale dei treni a idrogeno in Valcamonica, lungo la linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo di FerrovieNord su cui il servizio è gestito da Trenord, fa parte del progetto H2iseO, che mira a realizzare la prima Hydrogen Valley italiana nel territorio bresciano. Promosso da Fnm, FerrovieNord e Trenord, il progetto H2iseO - viene ricordato nella nota - "ha l’obiettivo di sviluppare in Valcamonica una filiera economica e industriale dell’idrogeno, a partire dal settore della mobilità, avviare la conversione energetica del territorio, contribuire alla decarbonizzazione di una parte significativa del trasporto pubblico locale. Si tratta di un progetto altamente innovativo, che prevede, tra le altre cose, la realizzazione di 3 impianti di produzione, stoccaggio e distribuzione di idrogeno (a Brescia, Iseo e Edolo), oltre all’impianto di manutenzione e rifornimento dei treni di Rovato".
Palermo, 24 gen. (Adnkronos) - Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, appreso dalla stampa della mancata attivazione delle pompe di sollevamento nel fiume Verdura, ha dato mandato all'assessore regionale all'Agricoltura Salvatore Barbagallo e al dirigente generale della Protezione civile Salvatore Cocina - che coordina anche la cabina di regia per l'emergenza idrica in Sicilia - di "avviare immediatamente tutte le iniziative necessarie per rimuovere questa situazione che ha definito «scandalosa». Un intervento che il governatore chiede, quindi, con la massima celerità perché non è accettabile che l'acqua possa continuare a essere dispersa in mare mentre cittadini, agricoltori e imprese della zona patiscono le conseguenze della siccità".