di Giuseppe Castro
L’Unione Europea è nata dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale con l’obiettivo di creare, per la prima volta in Europa e nel mondo, un’alleanza politica ed economica basata sulla cooperazione e sulla pace.
La creazione dell’Ue è riuscita a garantire a gran parte dell’Europa un periodo di pace – oramai siamo quasi a 80 anni – che non si vedeva dai tempi dell’Impero Romano.
L’Ue, fin dalle sue origini, ha posto un’enfasi predominante sull’integrazione economica, trascurando in parte l’aspetto politico e sociale. Questo ha fatto sì che, fin dalla sua nascita, il principale problema dell’Unione Europea sia stato l’incapacità di definire una politica estera comune. Questo peccato originale si è aggravato con il passare degli anni e rappresenta oggi un pericolo mortale per il futuro dell’Unione in un momento di cambiamenti epocali come quello che stiamo vivendo.
Il potere di indirizzo dei singoli governi è oggi assente o minimale, e le decisioni prese a livello europeo spesso non sembrano neppure perseguire gli interessi geopolitici dei singoli stati quanto piuttosto quelli di lobby o di nazioni alleate come gli Stati Uniti, che hanno una forte capacità di influenzare la politica dei singoli governi. Le scelte di politica estera sembrano oramai guidate da una sorta di pilota automatico che sta portando l’Ue verso posizioni incomprensibili e insostenibili nel lungo termine, nonché eticamente discutibili.
Le conseguenze le vediamo e sentiamo ogni giorno: inerzia di molti governi europei, in particolare di quello italiano, nel condannare i crimini di guerra a Gaza, approccio autolesionista nella crisi ucraina, così come in quella libica o in quella siriana.
Ma se i singoli governi europei hanno pochissimo peso nel modificare una rotta che pare tracciata altrove, come può pensare un singolo partito politico di riuscire a promuovere politiche di pace che possano concretamente realizzarsi, in un mondo sempre più complesso e globalizzato? Svariati partiti, specie quelli appartenenti alle sinistre europee, riempiono i rispettivi programmi di parole meravigliose e totalmente condivisibili riguardo la promozione della pace e il rafforzamento del ruolo diplomatico dell’Europa e dell’Onu. Ma se si vuole almeno provare a concretizzare queste belle parole è necessario andare oltre lo sforzo che può fare il singolo partito in una singola nazione, e cercare di federare tutte le forze europee che hanno una visione comune del mondo e del ruolo dell’Europa.
Una federazione che può basarsi su un manifesto comune, un nuovo manifesto di Ventotene che rimetta al centro del dibattito politico la pace, la lotta alle diseguaglianze e la valorizzazione delle differenze, i principi cardine per cui l’Ue è stata pensata e creata. Una internazionale pacifista che si renda capace di stilare un programma comune che vada ben oltre l’attività legislativa presso il parlamento europeo. Una internazionale pacifista basata su principi chiari e condivisi, che potranno poi essere declinati opportunamente all’interno degli stati nazionali dai vari partiti che vi aderiranno, e che potranno così mantenere la loro autonomia.
Temo che questo sia l’unico modo per provare a disturbare il pilota automatico che ci sta guidando verso un mondo distopico basato sull’unilateralismo ad ogni costo e fare nuovamente dell’Ue quello per cui è nata: una comunità solidale che promuova la pace dentro e fuori dai suoi confini e che sostenga l’uso del dialogo come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Ricordiamo sempre che da soli si va veloci, ma solamente insieme si può provare ad andare lontano.