L’accusa è quella di tortura, abuso d’autorità e falso ideologico in concorso. Venticinque poliziotti penitenziari del carcere Pietro Cerulli di Trapani sono stati raggiunti da misure cautelari e interdittive. Per undici di loro sono scattati gli arresti domiciliari, mentre quattordici sono stati sospesi dal pubblico ufficio. Complessivamente sono 46 gli indagati per cui è scattata la perquisizione domiciliare.
“Nel reparto blu, oggi è chiuso per carenze igienico sanitarie, venivano portati i detenuti in isolamento, con problemi psichiatrici o psicologici, e che subivano violenze e torture. Alcuni agenti agivano con violenza non episodica ma con una sorta di metodo per garantire l’ordine“, ha detto il procuratore di Trapani Gabriele Paci in conferenza stampa. Il gip Giancarlo Caruso ha qualificato la violenza come tortura, in alcuni casi: “A volte i detenuti venivano fatti spogliare, investiti da lanci d’acqua mista a urina e praticata violenza quasi di gruppo, gratuita e inconcepibile”, ha sottolineato Paci.
Le indagini – condotte dal nucleo investigativo regionale di Palermo, coordinato da quello centrale – sono partite nel settembre del 2021 dopo alcune denunce effettuate dai detenuti del penitenziario trapanese che avrebbero subito maltrattamenti in luoghi privi di telecamere. Una volta installati i dispositivi di videosorveglianza questi avrebbero registrato violenze reiterate da parte di agenti nei confronti di detenuti.
Sarebbero circa venti i casi scoperti nel carcere di Trapani. Nel reparto dove avvenivano le violenze “fino a quel momento non vi erano telecamere – ha spiegato il procuratore Paci -. In questa sorta di girone dantesco sembra leggere parti dei Miserabili di Victor Hugo”. L’indagine si sviluppa dal 2021 dal 2023 sulla base delle dichiarazioni dei detenuti, approfondite e verificate. Il procuratore ha parlato dello stato di degrado e dello stress generale che si viveva nel carcere anche per gli agenti di polizia penitenziaria, “ma questo non legittima assolutamente le violenze“, ha sottolineato. “Abbiamo eseguito ieri sera undici misure cautelari e quattordici misure interdittive di sospensione dall’esercizio della funzione nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria del carcere Cerulli di Trapani. Il gip non ha accolto tutte le richieste, gli indagati sono 46”, ha concluso Paci.
Una delle accuse che la Procura di Trapani fa a un gruppo di agenti penitenziari del carcere cittadino, riguarda la vicenda di un detenuto marocchino a cui – si legge nel decreto di perquisizione che parla di trattamento inumano e degradante- “è stato causato un verificabile trauma psichico“: secondo quanto ricostruito avrebbero portato l’uomo nell’ufficio dell’isolamento e davanti ad una decina di agenti penitenziari, l’avrebbero prima denudato e poi schernito per le dimensioni dei genitali. Poi gli avrebbero fatto percorrere il corridoio della sezione completamente nudo.
Secondo le indagini, nel carcere Pietro Cerulli Trapani non venivano perpetrate solo violenze fisiche ma risulterebbero anche false relazioni di servizio, artatamente utilizzate per calunniare i detenuti e coprire gli abusi. “Un conto è l’uso legittimo della forza, un altro è la violenza sproporzionata e il disprezzo verso chi è già in una condizione di estrema debolezza”, ha detto il comandante del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria. Il procuratore ha fatto emergere che circa “un quarto\un quinto degli agenti, circa 55 agenti, è coinvolto nell’indagine” e che grazie alla collaborazione della direzione del carcere e la restante parte sana dell’amministrazione penitenziaria sono state installate le telecamere nascoste che hanno documentato tutti gli abusi e le violenze che avvenivano nel reparto”. Alcuni agenti di polizia penitenziaria sono coinvolti sotto il profilo omissivo: “Erano presenti, non sono intervenuti e neanche li hanno denunciati, quindi il problema si è allargato a macchia d’olio”, ha aggiunto.
L’ordinanza del Gip di Trapani, su richiesta della Procura, è stata eseguita dal nucleo investigativo regionale della polizia penitenziaria di Palermo, con l’ausilio di alcuni reparti territoriali coordinati dal nucleo investigativo centrale. Un “modus operandi diffuso – evidenziano gli investigatori – consistente in violenze fisiche ed atti vessatori nei confronti di alcuni soggetti detenuti, condotte peraltro reiterate nel corso del tempo e messe in atto in maniera deliberata da un gruppo di agenti penitenziari”.