Tra tre giorni, quando anche si conosceranno i contenuti del documento finale, la Cop29 a Baku in Azerbaijan, verrà ricordata solamente per le assenze di gran parte dei leader degli Stati che hanno grandi colpe per il riscaldamento globale e la catastrofe climatica, e per il numero dei lobbisti delle industrie del fossile presenti. Per il resto, hanno ragione i prestigiosi firmatari della lettera resa nota a Baku il 15 novembre, in cui chiedono una profonda riforma della meccanismo della COP, per primo a livello di democrazia funzionale e decisionale; tra le firme quelle dell’ex segretario Onu Ban Ki-Moon, l’ex presidente dell’Irlanda Mary Robinson, l’architetta dell’accordo di Parigi Christiana Figueres e lo scienziato Johan Rockström.
Le scelte delle Cop sconfessate dalla scienza
A Baku è stato presentato il Global Carbon Budget 2024, il rapporto che ci dice quanto siamo vicini al precipizio climatico. Infatti il 2024 sarebbe dovuto essere il cosiddetto anno di ‘picco’ per le emissioni, ma anziché vedere la curva scendere, assisteremo ancora alla sua crescita. Nel 2024 tutte le fonti fossili sono cresciute: carbone (0,2 per cento), petrolio (0,9 per cento), gas (2,4 per cento). Contribuiscono rispettivamente al 41 per cento (carbone), al 32 per cento (petrolio) e al 21 per cento (gas) delle emissioni che causano la crisi climatica. Nel 2024 raggiungeremo 422,5 parti di CO2 per milione in atmosfera, quando le COP sono partite erano 360 parti per milione.
Lunga la lista degli assenti e dei lobbisti, più numerosi degli scienziati
I leader assenti sono: Usa, Francia, Germania, Gran Bretagna, Brasile, Russia, India, Cina e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen; mentre il presidente argentino Milei, avendo volendo subito allinearsi a Trump, ha ritirato la propria delegazione il giorno di apertura della Cop. Mentre sono 1773 lobbisti dei combustibili fossili accreditati. Per l’Italia sono 22, tra cui l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, che si è accreditato con l’Azerbaigian e non con l’Italia, insieme a Edison, Italgas e Confindustria. Tutta l’industria fossile è ben rappresentata: Total Energies, Glencore, Sumitomo, Chevron, Exxon Mobil, BP, Shell.
Diversamente presenti i leader ‘alluvionati’ Sanchez e Meloni
Entrambi testimoni delle conseguenze drammatiche più recenti della crisi climatica, Meloni e Sanchez sono stati gli unici leader dei grandi Paesi dell’Ue presenti. Toccata e fuga per la Meloni che ha parlato delle grandi prospettive ambientali e climatiche che porterà l’energia derivante dalla fusione nucleare; che però per gli scienziati più ottimisti, potrebbe essere commerciabile nel 2050, quando in Italia l’innalzamento del Mediterraneo potrebbe essersi già ‘mangiato’ centinaia di chilometri di coste. Molto più consapevole il premier spagnolo Sanchez sull’urgenza di agire immediatamente con scelta forti e radicali.
Per le multinazionali del fossile la democrazia è un ostacolo
Il richiamo teocratico del presidente del Paese ospitante, Ilham Aliyev, in apertura dei lavori ha subito fatto capire il clima della ventinovesima edizione della Cop: “Il petrolio e il gas sono un dono di Dio, proprio come il sole, il vento e i minerali. I Paesi non devono essere incolpati per averle e non devono essere incolpati per aver portato queste risorse sul mercato”, per poi scagliarsi contro i media occidentali, gli attivisti per il clima e i critici dell’industria petrolifera e del gas dell’Azerbaijan, definendoli ipocriti.
Rieletto per la quinta volta consecutiva a settembre, dopo che aveva fatto eliminare dalla costituzione il limite dei mandati presidenziali, Ilham Aliyev è in carica da oltre vent’anni. Oggi l’Azerbaijan è l’unica repubblica al mondo in cui la moglie del capo di Stato è anche la sua vice. Dopo l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti, per il terzo anno la COP si tiene in un Paese in cui la democrazia non c’è più e che hanno enormi interessi nazionali sull’industria e la finanza fossili.
Silenziati gli attivisti
La conseguenza di questa deriva sempre più antidemocratica delle varie edizioni della Conferenza delle Parti, è il trattamento riservato a Baku agli attivisti: vietato il corteo e chiusi in una stanza per manifestare senza poter scandire slogan, proprio nel giorno in cui l’Italia ha vinto il Fossil of the Day (una sorta di Tapiro d’Oro), il premio ironico assegnato al paese più compromesso con i combustibili fossili.
ABBIAMO NECESSITÀ DI UN FONDO RIPARAZIONE: firma anche tu la petizione per chiederne l’istituzione. La nostra richiesta è di un Fondo Riparazione preventivo, permanente e partecipato da prevedere annualmente nel bilancio dello Stato. I soldi dovranno essere ottenuti attraverso l’eliminazione dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD), la tassazioni degli extra-profitti delle compagnie fossili, il taglio di stipendi premi e benefit ai loro manager, delle enormi spese della politica e delle sempre più ingenti spese militari. Per questo continueremo a scendere in strada, a fare azioni di disobbedienza civile nonviolenta, assumendoci la responsabilità delle nostre azioni, affrontando la repressione, tribunali e processi.