Un aggiornamento sul “caso Cremona”, la città con l’aria più inquinata d’Italia e tra le prime in Europa, sede della più grande acciaieria italiana di seconda fusione appartenente al Gruppo Arvedi, il medesimo che ha acquisito recentemente l’analogo stabilimento di Terni. Il 21 aprile 2021 ne trattò il Fatto Quotidiano (L’altra ILVA che nessuno vuole vedere) e il 27 luglio dello stesso anno Fanpage (Perché Cremona è la città più inquinata d’Italia), oltre alla tv locale Telecolor che raccolse una mia lunga intervista come direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’azienda sanitaria di Mantova recentemente accorpata con Cremona.
La storia inizia nel lontano dicembre 2016, quando nel piccolo Comune cremonese di Bonemerse il sindaco mi invitò ad una assemblea serale con la cittadinanza all’antivigilia di Natale, per spiegare se e come si sarebbe potuto capire se il vicino inceneritore urbano di Cremona, e più in generale il polo industriale della città capoluogo, potessero impattare sulla salute dei suoi residenti.
In accordo con il direttore generale uscente ipotizzai un’indagine epidemiologica di popolazione, in considerazione del fatto che il polo industriale di Cremona -caratterizzato dalla presenza dell’acciaieria e di tante altre realtà produttive cremonesi, compresa una raffineria ormai in dismissione – aveva una portata emissiva complessiva di circa 10 milioni di metri cubi/ora. Un importante flusso d’aria ricco dei più svariati contaminanti veicolati dalle polveri sottili, con un’area di ricaduta presumibilmente ampia, ma non certamente coincidente con i confini amministrativi di uno o più comuni che ne partecipavano con quote percentuali di superficie certamente diverse. L’obiettivo era quindi quello di perimetrare questa area trasversale di ricaduta, capire chi ci avesse vissuto nel corso degli anni e quali fossero le condizioni di salute di una tale popolazione bersaglio. Questo fu quanto spiegai all’affollata assemblea cittadina, suscitando molta curiosità, attenzione e consenso per discorsi che in tanti anni non avevano mai sentito pronunciare, né dall’Asl e né da altre istituzioni.
Ma poi arrivò il nuovo anno con il nuovo direttore generale e tutto incominciò da capo: un estenuante bla-bla-bla per convincerlo della bontà del mio progetto, che però richiedeva il concorso di alcune competenze esterne per acquisire il know how necessario ad identificare e caratterizzare la citata “area di ricaduta” delle emissioni industriali su cui condurre poi l’osservazione epidemiologica. Sarebbe stata un’operazione relativamente semplice e rapida, grazie alla mia rete di relazioni scientifiche tessuta in tanti anni di lavoro, di cui mi ero già più volte avvalso a Mantova in situazioni analoghe. E invece fu una dura marcia sistematicamente ostacolata da un esercito di “burosauri” che anteponevano sempre alla tutela della salute pubblica insaziabili quanto incomprensibili esigenze amministrative.
Nel gennaio del 2019 fui addirittura “audito” dalla Commissione Sanità di Regione Lombardia dove presentai il mio progetto di studio epidemiologico che avevo condiviso anche con due autorevoli scienziati, uno appartenente all’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e l’altro collaboratore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Per così dire, superai l’esame, ma fui ancora fermato dai burosauri locali che, ahimè, sostenuti ora anche dal direttore generale, pretendevano che per il partenariato esterno venisse formalizzata una “manifestazione d’interesse”, perché la scelta di Iss e Oms sarebbe potuta evidentemente apparire arbitraria e non rispettosa della concorrenza di mercato (sic!).
Non mi scoraggiai e nel marzo dell’anno successivo mi recai con regolare delega presso l’Iss per perfezionare ogni accordo. Ma due giorni dopo fu proclamato il lockdown pandemico e ogni attività che non riguardasse la pandemia fu bloccata in azienda sanitaria. Di fronte a questa “tela di Penelope”, cedetti e anticipai di un paio d’anni il pensionamento. Solo gli incalzanti riflettori dei media imposero di fatto al direttore generale di dare corso all’indagine epidemiologica. Ma cosa accadde? Furono scelti nuovi partner e soprattutto cambiato il protocollo originario dello studio. La necessità di individuare l’area trasversale di ricaduta degli inquinanti e la popolazione che lì aveva vissuto scomparve dall’orizzonte.
Il calcolo dei morti attribuibili all’inquinamento, totali e per patologia, non venne ricondotto anche alle specifiche emissioni locali di origine industriale, ma sempre e soltanto all’inquinamento generale tout court. Si scoprì quindi la famosa “acqua calda”, offerta come risultato alla popolazione a fine 2023, dopo ben 8 anni dall’annuncio dell’indagine, cioè che le patologie sentinella aumentano di frequenza con l’aumentare dell’inquinamento atmosferico, confermando quindi semplicemente quanto già noto e consolidato in letteratura. E la causa? L’inquinamento generalizzato della pianura padana provocato dalla sua sfortunata condizione geografica e climatica che comunque appare in seppur moderato declino. E “questi risultati” – si scrive nella conclusione del rapporto dello studio – che sono “frutto della riduzione delle esposizioni, appaiono rassicuranti e fanno ben sperare in un futuro in cui le esposizioni agli inquinanti atmosferici saranno ulteriormente ridotte”. Quante risorse sprecate per arrivare a questa meschina conclusione.
Appare francamente sconcertante definire “rassicurante” una riduzione dell’inquinamento da polveri sottili (pm2.5), per altro indotta forse più dal riscaldamento globale che da una effettiva riduzione delle emissioni totali, collocata comunque a Cremona su di un valore 5 volte superiore (25.9 microgrammi/m3) a quello di riferimento stabilito dall’Oms (5 microgrammi/m3). Una concentrazione che non ha pari nelle altre città della stessa pianura padana per quanto emerge dal rapporto 2024 dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (Eea) e che è responsabile, secondo lo stesso rapporto dell’azienda sanitaria, di oltre 100 decessi ogni anno nel solo Comune di Cremona.
Per fortuna nel 2024 è cambiato nuovamente il direttore generale dell’azienda sanitaria, e allora ci ho riprovato proprio in questi giorni lanciandogli un accorato appello dallo schermo della coraggiosa Telecolor affinché si ritorni sulla retta via… Vediamo cosa sortisce.
Paolo Ricci
Medico epidemiologo
Ambiente & Veleni - 20 Novembre 2024
Cremona, la città più inquinata d’Italia meritava un’indagine epidemiologica. Ma ancora nulla
Un aggiornamento sul “caso Cremona”, la città con l’aria più inquinata d’Italia e tra le prime in Europa, sede della più grande acciaieria italiana di seconda fusione appartenente al Gruppo Arvedi, il medesimo che ha acquisito recentemente l’analogo stabilimento di Terni. Il 21 aprile 2021 ne trattò il Fatto Quotidiano (L’altra ILVA che nessuno vuole vedere) e il 27 luglio dello stesso anno Fanpage (Perché Cremona è la città più inquinata d’Italia), oltre alla tv locale Telecolor che raccolse una mia lunga intervista come direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’azienda sanitaria di Mantova recentemente accorpata con Cremona.
La storia inizia nel lontano dicembre 2016, quando nel piccolo Comune cremonese di Bonemerse il sindaco mi invitò ad una assemblea serale con la cittadinanza all’antivigilia di Natale, per spiegare se e come si sarebbe potuto capire se il vicino inceneritore urbano di Cremona, e più in generale il polo industriale della città capoluogo, potessero impattare sulla salute dei suoi residenti.
In accordo con il direttore generale uscente ipotizzai un’indagine epidemiologica di popolazione, in considerazione del fatto che il polo industriale di Cremona -caratterizzato dalla presenza dell’acciaieria e di tante altre realtà produttive cremonesi, compresa una raffineria ormai in dismissione – aveva una portata emissiva complessiva di circa 10 milioni di metri cubi/ora. Un importante flusso d’aria ricco dei più svariati contaminanti veicolati dalle polveri sottili, con un’area di ricaduta presumibilmente ampia, ma non certamente coincidente con i confini amministrativi di uno o più comuni che ne partecipavano con quote percentuali di superficie certamente diverse. L’obiettivo era quindi quello di perimetrare questa area trasversale di ricaduta, capire chi ci avesse vissuto nel corso degli anni e quali fossero le condizioni di salute di una tale popolazione bersaglio. Questo fu quanto spiegai all’affollata assemblea cittadina, suscitando molta curiosità, attenzione e consenso per discorsi che in tanti anni non avevano mai sentito pronunciare, né dall’Asl e né da altre istituzioni.
Ma poi arrivò il nuovo anno con il nuovo direttore generale e tutto incominciò da capo: un estenuante bla-bla-bla per convincerlo della bontà del mio progetto, che però richiedeva il concorso di alcune competenze esterne per acquisire il know how necessario ad identificare e caratterizzare la citata “area di ricaduta” delle emissioni industriali su cui condurre poi l’osservazione epidemiologica. Sarebbe stata un’operazione relativamente semplice e rapida, grazie alla mia rete di relazioni scientifiche tessuta in tanti anni di lavoro, di cui mi ero già più volte avvalso a Mantova in situazioni analoghe. E invece fu una dura marcia sistematicamente ostacolata da un esercito di “burosauri” che anteponevano sempre alla tutela della salute pubblica insaziabili quanto incomprensibili esigenze amministrative.
Nel gennaio del 2019 fui addirittura “audito” dalla Commissione Sanità di Regione Lombardia dove presentai il mio progetto di studio epidemiologico che avevo condiviso anche con due autorevoli scienziati, uno appartenente all’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e l’altro collaboratore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Per così dire, superai l’esame, ma fui ancora fermato dai burosauri locali che, ahimè, sostenuti ora anche dal direttore generale, pretendevano che per il partenariato esterno venisse formalizzata una “manifestazione d’interesse”, perché la scelta di Iss e Oms sarebbe potuta evidentemente apparire arbitraria e non rispettosa della concorrenza di mercato (sic!).
Non mi scoraggiai e nel marzo dell’anno successivo mi recai con regolare delega presso l’Iss per perfezionare ogni accordo. Ma due giorni dopo fu proclamato il lockdown pandemico e ogni attività che non riguardasse la pandemia fu bloccata in azienda sanitaria. Di fronte a questa “tela di Penelope”, cedetti e anticipai di un paio d’anni il pensionamento. Solo gli incalzanti riflettori dei media imposero di fatto al direttore generale di dare corso all’indagine epidemiologica. Ma cosa accadde? Furono scelti nuovi partner e soprattutto cambiato il protocollo originario dello studio. La necessità di individuare l’area trasversale di ricaduta degli inquinanti e la popolazione che lì aveva vissuto scomparve dall’orizzonte.
Il calcolo dei morti attribuibili all’inquinamento, totali e per patologia, non venne ricondotto anche alle specifiche emissioni locali di origine industriale, ma sempre e soltanto all’inquinamento generale tout court. Si scoprì quindi la famosa “acqua calda”, offerta come risultato alla popolazione a fine 2023, dopo ben 8 anni dall’annuncio dell’indagine, cioè che le patologie sentinella aumentano di frequenza con l’aumentare dell’inquinamento atmosferico, confermando quindi semplicemente quanto già noto e consolidato in letteratura. E la causa? L’inquinamento generalizzato della pianura padana provocato dalla sua sfortunata condizione geografica e climatica che comunque appare in seppur moderato declino. E “questi risultati” – si scrive nella conclusione del rapporto dello studio – che sono “frutto della riduzione delle esposizioni, appaiono rassicuranti e fanno ben sperare in un futuro in cui le esposizioni agli inquinanti atmosferici saranno ulteriormente ridotte”. Quante risorse sprecate per arrivare a questa meschina conclusione.
Appare francamente sconcertante definire “rassicurante” una riduzione dell’inquinamento da polveri sottili (pm2.5), per altro indotta forse più dal riscaldamento globale che da una effettiva riduzione delle emissioni totali, collocata comunque a Cremona su di un valore 5 volte superiore (25.9 microgrammi/m3) a quello di riferimento stabilito dall’Oms (5 microgrammi/m3). Una concentrazione che non ha pari nelle altre città della stessa pianura padana per quanto emerge dal rapporto 2024 dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (Eea) e che è responsabile, secondo lo stesso rapporto dell’azienda sanitaria, di oltre 100 decessi ogni anno nel solo Comune di Cremona.
Per fortuna nel 2024 è cambiato nuovamente il direttore generale dell’azienda sanitaria, e allora ci ho riprovato proprio in questi giorni lanciandogli un accorato appello dallo schermo della coraggiosa Telecolor affinché si ritorni sulla retta via… Vediamo cosa sortisce.
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Roma, 24 gen. (Adnkronos Salute) - "La proposta di legge della Lega per interrompere l'adesione dell'Italia all'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è non solo una scelta miope, ma un vero e proprio attacco alla salute pubblica e al ruolo del nostro Paese nel contesto internazionale", dichiara il presidente della Rete italiana delle città sane Oms, Lamberto Bertolè. "L'Oms - rimarca - rappresenta una delle istituzioni più importanti nella tutela della salute globale. Grazie al suo lavoro siamo stati in grado di affrontare pandemie, coordinare campagne di vaccinazione e rispondere a crisi sanitarie internazionali. Abbandonare questa organizzazione - ammonisce - significherebbe isolare l'Italia, privandola di risorse, informazioni e strumenti essenziali per garantire la sicurezza sanitaria dei cittadini. Una tale decisione è incomprensibile e profondamente irresponsabile".
Le città, in particolare, hanno un ruolo cruciale nell'attuazione delle politiche sanitarie globali a livello locale. La Rete italiana delle città sane, parte del programma Oms - ricorda una nota - da anni lavora per promuovere una cultura della salute e del benessere attraverso progetti di prevenzione, lotta alle disuguaglianze e promozione di stili di vita sani. "L'uscita dell'Italia dall'Oms - prosegue Bertolé - comprometterebbe la nostra capacità di tradurre le linee guida globali in azioni concrete per le nostre comunità. Vorrei ricordare che l'Oms è stata in prima linea durante la pandemia di Covid-19, fornendo non solo dati e linee guida, ma anche supporto ai sistemi sanitari nazionali. Pensare di poter affrontare le sfide sanitarie globali da soli, in un mondo sempre più interconnesso, è una pericolosa illusione. Dobbiamo anzi lavorare per rafforzare questa istituzione e aggiornare i suoi aspetti operativi, anche alla luce del nuovo scenario scientifico e geopolitico. Le sfide di salute pubblica vanno affrontate con tutte le armi a disposizione".
Infine, Bertolè lancia un appello accorato al Governo italiano e ai legislatori. "Chiedo con forza di respingere questa proposta e di riflettere sull'importanza della cooperazione internazionale in materia di salute. La salute è un diritto fondamentale, sancito dall'articolo 32 della nostra Costituzione, che impegna lo Stato a tutelare la salute come interesse della collettività. Uscire dall'Oms - precisa - significa mettere a rischio non solo il nostro Paese, ma anche il fragile equilibrio della salute globale, lasciando i cittadini più esposti a minacce sanitarie e privandoli di una protezione fondamentale. A tutte le città italiane e ai loro amministratori locali - conclude - lancio un appello: uniamoci per difendere la salute pubblica e per garantire che la voce dell'Italia resti forte e presente nei contesti internazionali dove si decidono le sorti della salute globale. Ogni passo indietro in questo campo rappresenta un rischio enorme per il futuro delle nostre comunità".
Roma, 24 gen (Adnkronos) - "I socialisti italiani non molleranno. Solleciteremo, a più riprese, il premier Meloni perché possa trovare il coraggio di condannare Trump sulla pena di morte. Lo faremo non per cercare lo scontro con un Paese amico ma per sollecitare un dibattito alto circa una grande questione". Lo dice Enzo Maraio, segretario del Psi.
"Capiamo il silenzio sulla grazia ai 1.500 assalitori di Capitol Hill, è questione interna, capiamo l’imbarazzo sui dazi, capiamo la difficoltà sulla strategia europea ma non possiamo consentire che il premier italiano scodinzoli con chi decide di rilanciare sulla pena di morte -prosegue Maraio-. L’Italia ha il dovere di condannare queste scelte, in ogni parte del Mondo e, soprattutto, quando entrano nell’agenda di governo di una grande democrazia. Ha il dovere di farlo quando qualcuno immagina di avviare una nuova stagione di morte nel nome di Dio".
"La Meloni convochi l’ambasciatore Usa in Italia per manifestare il disappunto sulla pena di morte", conclude il segretario del Psi.
Roma, 24 gen. (Adnkronos/Labitalia) - E' Marcella Mallen il presidente Prioritalia, la Fondazione di Manageritalia e Cida, nata nel 2017 per promuovere con ancor più forza l’impegno civile e sociale della comunità manageriale. A disegnarla per il secondo mandato consecutivo per gli anni 2025-28, il collegio dei soci fondatori espressione di Manageritalia, la Federazione dei dirigenti del terziario e Cida Confederazione sindacale che rappresenta unitariamente a livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato.
Si rinnova per 2/5 anche il collegio dei fondatori di Prioritalia che vede tra i suoi componenti l’ingresso di Marco Ballarè presidente di Manageritalia e di Giancarla Bonetta nominata Vicepresidente Prioritalia. Confermati componenti del collegio oltre alla stessa Mallen anche Guido Carella (designazione Manageritalia) e Stefano Cuzzilla attuale presidente Cida.
“Sono orgogliosa - commenta Marcella Mallen, presidente Prioritalia - di essere stata designata da Manageritalia per continuare a guidare questa Fondazione, con la missione ambiziosa di costruire nuovi assetti e nuove alleanze, consolidando la nostra value proposition di civismo e sostenibilità integrata, perseguita in questi in anni e da cui ritengo non si può assolutamente tornare indietro. La transizione verso un mondo più sostenibile deve continuare e deve essere innanzitutto partecipata e dunque affermarsi come una priorità per tutti: governi, pubbliche amministrazioni, imprese, associazioni, scuole, università, centri di ricerca, cittadini. Per questo Prioritalia continuerà ad operare anche da attore protagonista all’interno dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), contribuendo a far crescere in Italia la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 e la conoscenza dei suoi 17 goals.
Marcella Mallen laureata in giurisprudenza, già presidente di Manageritalia Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna e Umbria e di Cfmt- Centro di formazione manageriale del terziario - e docente di Diversity management e cambiamento organizzativo presso l’Università Lumsa di Roma, è presidente dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), già presidente di Prioritalia, la Fondazione delle organizzazioni dei manager Cida e Manageritalia, consigliera del Cnel e componente di Value@Work gruppo promosso dall’Istituto di Studi superiore sulla donna dell’ateneo pontificio Regina Apostolorum.
Rinnovato, per suoi 2/5, anche il consiglio direttivo con i nuovi ingressi di Luisa Quarta (designazione Manageritalia) e di Gian Angelo Bellati componente (designazione Cida) che andranno a cooperare con le stesse Mallen, Giancarla Bonetta e Paolo Bandiera (designazione Manageritalia).
"Le dirompenti crisi - si legge in una nota - che stiamo vivendo – innanzitutto geopolitiche, ambientali e demografiche – possono essere foriere di profonde trasformazioni economiche, sociali e culturali. Fondazione Prioritalia continuerà a lavorare per disegnare la mappa delle priorità e dei bisogni, per portare con il ruolo determinante della comunità manageriale e con essa tutto il Paese verso un nuovo modello di sviluppo, inclusivo equo e sostenibile".
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - "Sono lieto di poter ribadire insieme a lei i legami che legano Panama e Italia e la volontà di intensificare la nostra collaborazione in diversi campi. Quest'anno si attiverà il meccanismo di dialogo che è uno strumento di grande utilità per accompagnare l'aumento della nostra collaborazione". Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricevendo al Quirinale l'omologo di Panama José Raúl Mulino Quintero.
"È un onore essere qui in Italia poichè è la terra di mio nonno -ha sottolineato Mulino Quintero- Sono molto lieto di poter condividere questo momento con lei, è un'opportunità estremamente importante per il mio Paese. Ribadisco anch'io l'intenzione di intensificare i nostri legami di lavoro, di amicizia, a livello commerciale con l'Italia, un Paese amico che ci può aiutare anche nei rapporti con l'Unione europea".
Milano, 24 feb. (Adnkronos) - Il primo treno a idrogeno italiano è arrivato nel nuovo impianto di manutenzione e di rifornimento di idrogeno di Rovato. Il convoglio - che fa parte dei 14 acquistati da Fnm grazie ai finanziamenti di Regione Lombardia, anche tramite risorse Pnrr – è arrivato nel bresciano dal circuito di prova di Salzgitter (Germania) del costruttore Alstom. Lo fa sapere in una nota Fnm, in cui sottolinea che "l’impianto di Rovato, realizzato da Ferrovienord e dotato di attrezzature all'avanguardia, sarà, in Italia, il primo deposito specificatamente progettato e realizzato per la manutenzione dei treni a idrogeno nonché il primo impianto per il rifornimento di idrogeno per i treni". (FOTOGALLERY)
Nei prossimi giorni verranno effettuate, da parte del costruttore e fornitore dell’idrogeno Sapio, attività di collaudo dell’impianto stesso e test di rifornimento del treno. Nella giornata del 13 febbraio si terrà un evento di presentazione alla stampa, nel corso del quale sarà possibile visitare il sito di Rovato e il convoglio.
L’entrata in servizio commerciale dei treni a idrogeno in Valcamonica, lungo la linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo di FerrovieNord su cui il servizio è gestito da Trenord, fa parte del progetto H2iseO, che mira a realizzare la prima Hydrogen Valley italiana nel territorio bresciano. Promosso da Fnm, FerrovieNord e Trenord, il progetto H2iseO - viene ricordato nella nota - "ha l’obiettivo di sviluppare in Valcamonica una filiera economica e industriale dell’idrogeno, a partire dal settore della mobilità, avviare la conversione energetica del territorio, contribuire alla decarbonizzazione di una parte significativa del trasporto pubblico locale. Si tratta di un progetto altamente innovativo, che prevede, tra le altre cose, la realizzazione di 3 impianti di produzione, stoccaggio e distribuzione di idrogeno (a Brescia, Iseo e Edolo), oltre all’impianto di manutenzione e rifornimento dei treni di Rovato".
Palermo, 24 gen. (Adnkronos) - Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, appreso dalla stampa della mancata attivazione delle pompe di sollevamento nel fiume Verdura, ha dato mandato all'assessore regionale all'Agricoltura Salvatore Barbagallo e al dirigente generale della Protezione civile Salvatore Cocina - che coordina anche la cabina di regia per l'emergenza idrica in Sicilia - di "avviare immediatamente tutte le iniziative necessarie per rimuovere questa situazione che ha definito «scandalosa». Un intervento che il governatore chiede, quindi, con la massima celerità perché non è accettabile che l'acqua possa continuare a essere dispersa in mare mentre cittadini, agricoltori e imprese della zona patiscono le conseguenze della siccità".
Palermo, 24 gen. (Adnkronos) - "Cambio di gestione all’Hotel delle Palme con l’ingresso del gruppo Mangia, che ha acquistato la struttura a cinque stelle di via Roma lo scorso aprile. Il passaggio della società Mare Resort dei Corvaja in liquidazione al gruppo proprietario della catena alberghiera Mangia’s, era attesa dopo le feste di fine anno. Nel frattempo l’attività non si è mai fermata. La curatela fallimentare nominata dal Tribunale esce quindi di scena con la consegna dell’’immobile al gruppo Mangia, che sarà operativo da febbraio". Così in una nota. "Nei prossimi giorni I sindacati incontreranno la nuova società per discutere del trasferimento dei lavoratori"
“Espleteremo l’esame congiunto per il passaggio di ramo d’azienda, per garantire il transito di tutti i 76 lavoratori, nel rispetto delle tutele necessarie – dichiarano il segretario generale Filcams Cgil Palermo Giuseppe Aiello e la segretaria Alessia Gatto – Si tratta di un gruppo solido e affermato nel panorama siciliano alberghiero di fascia alta. Per le lavoratrici e i lavoratori che provengono dalla chiusura per ristrutturazione dell’albergo ex Acqua Marcia, poi coinvolti nel passaggio al fondo Algebris e nelle vicissitudini e controversie dell’ultima gestione, culminata con la procedura di concordato preventivo, questa occasione rappresenta un orizzonte di stabilità occupazionale. L’hotel ha potuto continuare la sua attività in questi mesi con la curatela anche grazie alla presenza di lavoratori che, con le loro professionalità e competenze, hanno contribuito a dare lustro all’Hotel delle Palme e ad affermare la sua presenza sul territorio palermitano, attendendo la risoluzione delle varie controversie”.
“Il trasferimento comporterà il passaggio dalla vecchia proprietà, ma soprattutto dalla Mare Resort alla Grand Hotel Et Des Palmes gestita dal gruppo Mangia, con tutte le garanzie occupazionali – continuano Aiello e Gatto - La curatela è stata precisa e puntuale, l’albergo ha lavorato bene. È stato possibile proseguire un’attività che ha dato grandi risultati e riteniamo che il gruppo Mangia possa ulteriormente sviluppare e rilanciare uno degli alberghi più importanti e ricchi di storia di Palermo, con l'auspicio che possa dare un contributo per la crescita di un turismo sostenibile della città di Palermo e a tutto il settore ma anche al risveglio commerciale ed economico di via Roma e della città di Palermo".