Televisione

Francesca Fagnani e la sua “ironia 2.0” ci salveranno la vita

di Giovanni M.

Dopo continui trailer sui vari profili social, martedì sera è tornato Belve, il programma di interviste a tutto tondo che, anno dopo anno, continua a riscuotere un grande successo. Un successo – io credo – meritato che continua non tanto per i cameo che fanno il giro del mondo in un batter d’occhio sui social diventando virali (che – sia chiaro – sono assist anche quelli), ma per come Francesca Fagnani insegna a non avere pregiudizi senza se e senza ma.

Oltre al suo modo di trattare le interviste – un “unicum” della tv -, credo che la giornalista romana sia un esempio di televisione bella, contemporanea, sana e super partes. Lei, abile maestra nel comunicare le sue perplessità, mettendo in discussione ciò che l’ospite sta affermando, ci lascia un insegnamento: quando s’intraprendono determinate conversazioni (come dovremmo riuscire a fare nella vita), dovremmo spogliarci dei luoghi comuni e dai pregiudizi.

Probabilmente, l’esperienza derivata dall’essere spesso a confrontarsi con situazioni estreme delle periferie romane è stata d’aiuto in questo percorso, ma quello che spicca di più e che – a mio modesto parere – molta televisione dovrebbe prendere come esempio, è la libertà che spinge la conduttrice ad andare oltre alla circostanza fine a sé stessa.

Una libertà che porta il “politicamente corretto” a un altro livello: tra la sua parolaccia preferita (“Mortacci”) e l’approcciarsi a varie tipologie di ospiti che in vari modi hanno lasciato il segno, lo sguardo è davvero acuto. Questa “ironia 2.0” le permette di volteggiarsi con disinibizione da una domanda che trafigge l’intimo più profondo all’ultimo flirt avuto in un pochi minuti dando allo spettatore un susseguirsi di emozioni altalenanti (che – a mio parere – sono cose dalle quali ci stiamo allontanando).

Gli argomenti, qualunque essi siano, sono sempre trattati con dignità e non scadono mai sul banale cosa che basta davvero poco perché questo avvenga.

Il suo essere “polite alla romanesca” (secondo me, l’ingrediente vincente) porta Belve a meritarsi la medaglia di vero e proprio “cult”: con la sua naturalezza quasi rara, Fagnani getta le basi di un format che sarà ricordato per molti anni. Un vero e proprio “salvavita” da tutte le convenzioni e soprattutto un momento di spensieratezza in un periodo dove ogni virgola è sotto giudizio.

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