Dopo il caso confermato di influenza aviaria di un adolescente in Canada, dalla California (Usa) arriva la notizia di un sospetto caso di infezione da virus H5n1 in un bambino che frequenta l’asilo. Il piccolo, a differenza del 14enne che è ricoverato a Vancouver in condizioni critiche all’ospedale pediatrico (ma da giorni non vengono rilasciate informazioni, ndr), viene curato a casa con antivirali e avrebbe sintomi lievi come il resto della sua famiglia, però colpita da altri virus respiratori. È stato il dipartimento di Sanità pubblica della California a comunicare il caso sospetto registrato nella contea di Alameda. La fonte del contagio al momento è ignota, anche si ipotizza il contatto con un uccello selvatico infetto.
I casi in California – Un caso quello del bambino statunitense che arriva pochi giorni dopo che l’agenzia sanitaria statale ha annunciato la scoperta di sei nuovi casi di influenza aviaria, tutti in lavoratori del settore lattiero-caseario. Il numero totale di casi umani confermati in California è di 27, se quello dello scolaro fosse confermato salirebbero a 28 oltre la metà quindi dei 56 casi confermati dagli esami genetici in tutti gli Usa. Trentuno infezioni sono avvenute in lavoratori a contatto con bovini da latte, 21 con pollame e di due casi si ignora l’origine. “Più casi troviamo che non hanno un’esposizione nota, più è difficile prevenire ulteriori infezioni”, ha dichiarato al Los Angeles Time Jennifer Nuzzo, professore di Epidemiologia e direttore del Centro per le pandemie della Brown University School of Public Health. “Mi preoccupa molto il fatto che questo virus stia spuntando in un numero sempre maggiore di luoghi e che continuiamo a essere sorpresi da infezioni in persone che non penseremmo essere ad alto rischio di esposizione al virus”.
La mutazione nell’adolescente canadese – Il caso che comunque desta maggiori preoccupazioni nella comunità scientifica è quello dell’adolescente canadese perché potrebbe essere stato colpito dal virus con mutazioni che teoricamente lo renderebbero più trasmissibile tra le persone, secondo quanto osservano scienziati che hanno analizzato i dati preliminari di sequenziamento del patogeno come l’immunologo Scott Hensley (University of Pennsylvania) e altri specialisti. “Dobbiamo seguire la cosa il più da vicino possibile”, è per esempio il pensiero di Richard Webby, virologo del St Jude Children’s Research Hospital, come riporta ‘The Guardian’. Mentre Scott in una intervista a Stat spiega: “Non è assolutamente il giorno 1 di una pandemia. Non ci sono indicazioni… di una diffusione da uomo a uomo, il che è positivo. Ma questo è esattamente lo scenario che temiamo”.
Il paziente canadese ricoverato ha ancora distress respiratorio acuto, una problematica polmonare grave che può essere anche fatale. Non è ancora chiaro il significato delle mutazioni osservate: potrebbero per esempio indicare che H5N1 ha la capacità di diventare un virus più umano che aviario, e va capito anche se il cambiamento osservato è significativo e più pericoloso per le persone, evidenziano gli esperti. Il virus – è un’ipotesi – potrebbe essere mutato nel corso della malattia dell’adolescente e un ulteriore sequenziamento potrebbe rivelare maggiori informazioni sull’evoluzione virale. “Spesso non è solo una cosa a conferire la capacità” di infettare gli esseri umani in modo più efficace, ragiona Angela Rasmussen, virologa della Vaccine and Infectious Disease Organization all’Università del Saskatchewan, in Canada. “Non è del tutto chiaro quali saranno le implicazioni nel mondo reale, ma certamente tutte queste cose sono un segnale di avvertimento”, continua. “Dobbiamo davvero prestare attenzione e cercare di ridurre il più possibile le infezioni umane”.
L’allerta degli scienziati – Secondo quanto hanno riferito le autorità sanitarie canadesi, il risultato del sequenziamento genomico condotto sul virus che ha colpito l’adolescente indica che il virus è correlato all’attuale epidemia in corso nel pollame nella British Columbia. Questa versione di H5N1 ha anche fatto ammalare 11 lavoratori negli Usa, nello stato di Washington, che stavano occupandosi di pollame infetto, ma in quei lavoratori non sembra essere stata rilevata la possibile mutazione vista nell’adolescente. “Sembra essere piuttosto attivo in termini di infezione di animali e persone, quindi penso che sia da tenere d’occhio”, rimarca Webby. Al momento non sono stati rilevati altri casi tra i contatti dell’adolescente canadese (familiari, amici e operatori sanitari). Altri esiti sono attesi entro la fine della settimana e, mentre resta ancora ignota la fonte di contagio del paziente, la speranza degli esperti canadesi è che il virus mutato si estingua senza essere trasmesso a nessun altro. Certo, se la mutazione si è verificata una volta, potrebbe verificarsi di nuovo. “Se abbiamo casi umani che non vengono rilevati, aumenta il rischio che alcuni di questi virus possano essere trasmessi e, quando li rileviamo, potrebbero essersi diffusi ulteriormente”, riflette Rasmussem. “Ecco perché dobbiamo rimanere molto vigili a riguardo”.
In Italia – In Italia come nel resto in Europa non sono stati registrati casi umani. Nel nostro paese l’ultima notizia di cronaca riguarda un focolaio di influenza aviaria in un allevamento di tacchini di San Giorgio di Nogaro (Udine). La norma prevede l’abbattimento e lo smaltimento di tutti i capi dell’allevamento – in questo caso si tratta di circa 25mila esemplari – per evitare qualsiasi possibilità di diffusione del contagio. Un mese fa invece c’era stato il primo caso di aviaria in provincia di Brescia. Si tratta di un episodio registrato in un allevamento di Isorella, nella Bassa, e qualche giorno prima era stato deciso l’abbattimento di 800mila galline nello stabilimento di Eurovo a Codigoro (Ferrara).
Il vaccino europeo ma l’Italia non c’è – Lo scorso giugno la Hera, braccio operativo della Commissione europea, ha firmato un contratto con la società farmaceutica inglese Seqirus per la fornitura di 665mila dosi di vaccino a uso umano contro la trasmissione dell’influenza aviaria. I vaccini sono destinati alle persone più esposte al rischio di trasmissione, in primo luogo chi lavora in allevamenti avicoli e i veterinari. Il contratto, che ha la durata di 4 anni, prevede la possibilità che vengano forniti altri 40 milioni di dosi. L’Italia non è tra i Paesi per i quali l’agenzia europea per Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie, Hera, ha firmato un accordo congiunto sulla fornitura di vaccini per l’influenza aviaria. I quindici Stati per i quali è stato fatto “sono Danimarca, Lettonia, Francia, Cipro, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Slovenia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Islanda e Norvegia”, spiega un portavoce della Commissione Ue . L’appalto congiunto offre agli Stati membri una capacità aggiuntiva di acquistare i vaccini. I Paesi restano ovviamente liberi di acquistare i vaccini attraverso le proprie procedure nazionali, indipendentemente dalla partecipazione all’appalto congiunto.