“La modifica del rango nella gerarchia delle fonti dell’atto normativo di individuazione dei Paesi di origine sicuri, oltre a non incidere sugli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e in particolare sull’obbligo del giudice nazionale di disapplicare la disposizione nazionale in contrasto con il diritto dell’Unione come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, rischia di non risolvere il problema del contenzioso”. E’ scritto nel parere del Comitato per la legislazione del Senato, approvato ieri all’unanimità, voti dei senatori di Fratelli d’Italia compresi. Altro che “giudici comunisti”, il Comitato dà ragione ai magistrati: quelli che hanno rinviato alla Corte di giustizia Ue il nuovo decreto “Paesi sicuri”, ma anche quelli che l’hanno direttamente disapplicato ritenendolo incompatibile col diritto europeo, come nel caso del tribunale di Catania.

Col nuovo decreto del 23 ottobre scorso, l’esecutivo ha sottratto l’elenco dei Paesi d’origine sicuri al precedente decreto interministeriale per inserirlo in una norma primaria, un decreto legge, appunto. “I giudici non potranno disapplicarlo”, aveva assicurato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, salvo essere smentito a stretto giro dal tribunale di Catania e messo in mora da altri coi rinvii alla Corte Ue. E adesso arriva anche il Comitato per la legislazione, concorde nell’esprimere un parere tecnico che, si legge, “trova conferma nel moltiplicarsi delle istanze di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia proposte dai giudici di primo grado successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge”. La formula è stata approvata da tutti i presenti: il presidente del Comitato Andrea Giorgis e Dario Parrini del Pd, Roberto Cataldi del M5s, e Giusy Versace, ex di Azione e ora nel gruppo misto. E anche dai senatori di Fratelli d’Italia Domenico Matera e Gianpietro Maffoni. Ma come, i rinvii alla Corte Ue non erano “volantini di propaganda”, come ha detto Giorgia Meloni dopo il primo rinvio pregiudiziale del tribunale di Bologna?

Non è tutto. Per stringere i tempi, il governo ha deciso di far confluire il decreto Paesi sicuri nel decreto “flussi” migratori, attualmente in commissione Affari costituzionali alla Camera. “Si raccomanda al Governo di evitare la “confluenza” tra i diversi decreti-legge, limitando tale fenomeno a circostanze di assoluta eccezionalità da motivare adeguatamente nel corso dei lavori parlamentari”, scrive il Comitato. Che rileva “profili problematici” come la “compressione dei tempi dell’esame parlamentare e il rischio di un pregiudizio alla chiarezza delle leggi e all’intellegibilità dell’ordinamento”. Nonostante la confluenza nel dl “flussi” all’esame della Camera, il decreto sui Paesi sicuri risulta ancora incardinato al Senato e quindi, come ogni altro decreto, riceve il parere tecnico del Comitato. Che, concludono i senatori, nel caso in esame è stato formulato “sulla base di parametri e criteri consolidati“. Quando il testo approderà a Palazzo Madama, dopo la fiducia a Montecitorio fissata per lunedì prossimo, il parere sarà agli atti.

Chissà che il governo e la maggioranza non vogliano tenerne conto. Per ora, tirano dritti. Nella tarda serata di ieri in Commissione Affari costituzionali alla Camera è passato l’emendamento governativo al dl flussi che aggiorna l’elenco dei Paesi sicuri. E sono stati bocciati tutti i subemendamenti dell’opposizione che chiedevano tra le altre cose di rimuovere l’Egitto dalla lista. “È grave e oltraggioso – ha dichiarato il deputato del Pd Gianni Cuperlo nel suo intervento – che questa decisione sia stata presa proprio nel giorno in cui, nel processo per l’omicidio di Giulio Regeni, è stata acquisita la testimonianza di un detenuto dello stesso carcere che ha raccontato di aver visto Giulio condotto nella stanza degli interrogatori con mani ammanettate dietro la schiena e occhi bendati, e successivamente riportato in cella in condizioni gravissime, trasportato a spalla, sfinito dalle torture. Lo stesso testimone – ha sottolineato Cuperlo – ha riferito che altri prigionieri rientravano dagli interrogatori con segni evidenti di violenze subite confermando le sistematiche violazioni dei diritti umani che si consumano nelle carceri egiziane. Davanti a tutto questo è incomprensibile che il governo italiano faccia finta di non vedere e continui a considerare l’Egitto un Paese sicuro.

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