L’annuncio di Vladimir Putin della modifica della dottrina nucleare russa ha scatenato le reazioni internazionali. Dall’Unione europea è arrivata ferma condanna, la Casa Bianca parla di “retorica irresponsabile”, ma secondo Mariana Budjeryn, ricercatrice senior del Project on Managing the Atom (MTA) al Belfer Center della Harvard Kennedy School, si deve comunque continuare a mantenere il focus sul contesto, più che sulle linee guida: “Mosca ha già dimostrato che anche in situazioni critiche non ha utilizzato l’arma atomica – dice a Ilfattoquotidiano.it – I contenuti di questo documento si conoscevano da settembre, è frutto di anni di elaborazioni. Ma il timing potrebbe non essere casuale”.

Che cosa cambia veramente nella dottrina nucleare russa dopo questa dichiarazione?
Complessivamente è vero che con questi nuovi cambiamenti la soglia nucleare complessiva della Russia si è abbassata. Quindi, sulla carta Mosca prenderà in considerazione l’uso di armi nucleari in un più ampio numero di casi. Ma se si dà uno sguardo più attento a questi cambiamenti e si confrontano con la dottrina precedente, e anche con le dottrine di Paesi come gli Stati Uniti, i cambiamenti non sono così drastici come tutti potremmo temere. È vero che arrivano in un contesto di sicurezza internazionale molto teso, con la guerra che infuria in Ucraina e i timori di un conflitto nucleare, ma la dottrina in sé non sembra essersi discostata molto dalle precedenti disposizioni. La Federazione Russa fino a oggi aveva affermato che avrebbe potuto ricorrere all’uso delle armi nucleari nel caso di una guerra convenzionale su larga scala e se fosse stata in gioco la sopravvivenza stessa dello Stato. Adesso si dice che la Russia prenderebbe in considerazione il ricorso all’uso nucleare in caso di aggressione contro la Federazione Russa e la Repubblica di Bielorussia, che è alleata, con l’uso di armi convenzionali, nel caso in cui tale aggressione crei una minaccia critica alla sovranità e/o all’integrità territoriale.

Non sembra discostarsi molto dalla precedente formula…
Aumenta il numero dei casi in cui si può ricorrere al nucleare. Ma esiste ancora il criterio necessario della minaccia critica alla sovranità e all’integrità territoriale, non basta una minaccia qualsiasi. Da notare che la dottrina nucleare americana si riserva il diritto alla risposta nucleare in circostanze in cui, tra virgolette, gli interessi vitali sono in pericolo, giusto? Quindi, interessi vitali contro minacce critiche alla sovranità, sai, è discutibile quale sia più permissivo, giusto?

Giusto.
La Russia ha aggiunto una nuova possibilità di utilizzo dell’arma nucleare rispetto al passato. Nella precedente versione le circostanze erano quattro, adesso ne hanno aggiunta un’altra. E si tratta dell’ottenimento di informazioni credibili su un attacco di massa o massicci raid aerei, includendo aviazione strategica e tattica, missili da crociera, veicoli aerei senza pilota, quindi droni, aerei ipersonici e altri tipi di aerei. Ma questo è qualcosa che Putin ci aveva anticipato già a settembre. Magari, vista la situazione attuale, la domanda che dobbiamo porci è quali debbano essere considerati confini russi. Vorrei poi sottolineare altri due punti.

Prego.
Il primo, per come lo leggo, fondamentalmente dà a Putin, quindi alla leadership politica militare russa, un ampio spazio di interpretazione su quando può ricorrere all’autorizzazione sull’uso nucleare. Quindi cercare di essere molto legati al significato stretto delle parole probabilmente non è nemmeno utile perché sappiamo che i russi potrebbero interpretarle nel modo che gli conviene, se decidono di agire. Quindi c’è uno spazio di manovra e di interpretazione più ampio per la leadership russa. Un altro punto è che una dottrina nucleare non è un algoritmo per l’uso del nucleare. Non sarebbe giusto dire che è un documento di propaganda, ma una comunicazione agli avversari e al pubblico interno. Non è che Putin resterà seduto con questa dottrina spuntando caselle relative alle singole condizioni soddisfatte o meno. Non significa che anche se tutte queste condizioni vengano soddisfatte si arrivi a una risposta automatica.

Quindi dovremmo considerarla una sorta di linee guida?
Sì, si tratta di linee guida, ma senza un vero automatismo per autorizzare una risposta nucleare nonostante alcune di queste condizioni possano essere soddisfatte. Ripensiamo all’ottobre 2022, quando il rischio dell’uso nucleare della Russia in Ucraina era piuttosto alto: sappiamo che la l’intelligence statunitense ha stimato quel rischio in quel momento al 50%. Putin le avrebbe usate in una situazione sfavorevole per la Russia, per fermare l’avanzata ucraina a Kharkiv e nella regione di Kherson durante la controffensiva. Ma questo non avrebbe rispettato alcuna delle condizioni di cui abbiamo parlato e il fatto che non le abbiano usate ci dimostra che i russi tengono queste condizioni ancora in considerazione. Penso che la Russia stia davvero cercando di comunicare con l’Occidente e di bloccare certe decisioni più di ogni altra cosa.

Vista la sua esperienza in questo campo le chiedo: che tipo di azioni dell’Ucraina o dei suoi alleati potrebbero provocare per certo una reazione nucleare? C’è una linea rossa che pensa non possa essere oltrepassata?
Il modo in cui rifletto su queste domande è duplice. Primo, pensiamo sempre a cosa potrebbe provocare la Russia. Quindi la Russia potrebbe dover subire una serie di azioni per ricorrere all’uso del nucleare. Ma dobbiamo anche considerare una serie di disincentivi. Quindi una decisione più o meno razionale da parte dei russi terrà conto di questi equilibri. Quando parliamo di ‘linee rosse’ dobbiamo anche chiederci, però, quali siano le cose che i russi dovranno continuare a considerare come conseguenze negative legate alle loro azioni e quale di queste è la più potente per dissuaderli dall’usare le armi nucleari.

Può fare qualche esempio?
Se la Russia si ritirasse proprio come nell’ottobre del 2022, con le truppe russe sbaragliate, per fermare questi progressi Mosca potrebbe usare un’arma nucleare. Questo è uno scenario plausibile. Ma proprio le difficoltà di ottobre e novembre 2022 ci mostrano anche quali siano alcuni dei fattori che potrebbero impedire alla Russia di farlo. Ha considerato l’uso del nucleare e poi ha deciso di non farlo, perché? Quello che sappiamo è che si è trattato di una combinazione di cose. Una di queste è stata una comunicazione molto chiara da parte degli Stati Uniti, con il direttore della Cia Bill Burns che si è recato a Istanbul e ha parlato con la sua controparte, Naryshkin, dicendo sostanzialmente che ci sarebbe stata una risposta convenzionale Usa-Nato contro obiettivi militari russi sul territorio ucraino, inclusa la Crimea, se la Russia avesse fatto uso del nucleare in Ucraina. Quella era una minaccia deterrente. In aggiunta a ciò, la Cina è intervenuta e ha comunicato in privato, ma anche pubblicamente, che non sosterrebbe l’uso dell’arma nucleare da parte della Russia. Anche il primo ministro indiano Modi ha rivolto lo stesso appello alla Russia. Inoltre, ci sono anche degli svantaggi piuttosto significativi nell’usare un’arma nucleare tattica direttamente sul campo di battaglia perché inquina e complica la situazione delle truppe sul terreno. Condurre operazioni militari in un teatro colpito dall’uso nucleare è molto difficile, nessun esercito è addestrato per questo. Quindi la combinazione di questi fattori ha funzionato per impedire alla Russia di usare un’arma nucleare durante un ritiro.

Quindi stiamo solo discutendo di una strategia comunicativa?
È un insieme di comunicazioni, un insieme di minacce deterrenti per l’Occidente. Si tratta di un ampio insieme di circostanze in cui la Russia potrebbe prendere in considerazione l’utilizzo di armi nucleari. Ma ancora una volta: l’uso del nucleare da parte della Russia non è né riducibile a questo documento.

Dobbiamo considerare questa comunicazione come una risposta alla decisione della Casa Bianca di approvare l’uso dei missili a lungo raggio Atacms nel Kursk?
Non vedo un collegamento diretto. Le modifiche alla dottrina nucleare russa sono in cantiere ormai da più di un anno, sono state presentate in anteprima dal presidente Putin a settembre. Quindi, quando sono uscite non ci sono state sorprese. Stavamo aspettando questo documento, ma i suoi contenuti erano già stati decisi. È possibile comunque che la tempistica esatta sia stata coordinata in maniera tale che sembrasse una risposta alla decisione di Biden.

Possiamo anche dire che questa era una delle ultime occasioni per annunciare il documento prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca? Secondo le aspettative, anche la strategia comunicativa di Mosca cambierà con l’arrivo del nuovo presidente…
Sì, e non vedo nuovi possibili cambiamenti nel prossimo futuro prevedibile. Il documento precedente è stato pubblicato quattro anni fa, nel 2020. Quindi, quest’ultimo aggiornamento era in lavorazione da un po’ di tempo. Ancora una volta, il timing è uno strumento di comunicazione tanto quanto il contenuto di questo documento. La Russia, poi, è difficile da prevedere. Non sono sicura quali saranno i canali di comunicazione tra l’amministrazione Trump e i russi. Forse avranno degli inviati speciali, forse alcuni canali dietro le quinte. Queste dichiarazioni pubbliche potrebbero anche continuare, anche se non in termini di effettivi cambiamenti alla dottrina. E dipenderà soprattutto da cosa Trump ha in mente su questi negoziati di pace con l’Ucraina, da come intende portarli a termine, cosa è disposto a dare a Putin anche solo per venire al tavolo dei negoziati, per non parlare delle concessioni al tavolo. Staremo a vedere.

X: @GianniRosini

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