Un’adesione altissima, “fino a punte dell’85% compresi gli esoneri previsti per legge”. Anaao Assomed (Associazione Nazionale Aiuti e Assistenti Ospedalieri) comunica che sulla base delle informazioni che iniziano ad arrivare dai territori, le percentuali di adesione allo sciopero di medici, dirigenti sanitari, infermieri e professionisti sanitari contro la manovra sono altissime. Si tratta di un segnale “importante”, dichiarano Pierino Di Silverio, segretario Anaao Assomed, Guido Quici, Presidente Cimo-Fesmed, e Antonio De Palma, Presidente Nursing Up, “che dovrebbe far riflettere sulle condizioni di lavoro inaccettabili negli ospedali di tutta Italia e sulla condivisione delle ragioni della protesta da parte dei colleghi”. “Occorre inoltre evidenziare – spiegano – che lo sciopero è stato indetto da tre organizzazioni sindacali, e che in buona parte dei servizi del Ssn una percentuale di professionisti anche in molti casi superiore a quanto previsto dalla normativa vigente è stata ‘esonerata dallo sciopero’ per garantire i contingenti minimi, impedendo quindi loro di astenersi dal lavoro. Segnaliamo infine che circa il 20% delle Aziende non ha dato al personale disposizioni sul contingentamento minimo per lo sciopero, creando grandi difficoltà per circa 20mila medici e 100mila infermieri e professionisti sanitari”.

I motivi della protesta – La protesta culminata nello sciopero nazionale di medici e infermieri proclamato per oggi “non è nata in modo estemporaneo, ma affonda le radici negli anni passati, caratterizzati – sia a destra che a sinistra – da una visione politica della sanità pubblica estremamente miope che, di fatto, non tutela la salute dei cittadini”, hanno spiegato i rappresentanti sindacali in una lettera inviata alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in cui chiedono alla premier un incontro urgente. Una linea che si conferma, perché “anche nell’attuale governo, così come tra le fila dell’opposizione, risulta assente una visione lungimirante della sanità del futuro”. Con la legge di Bilancio, spiegano, “si sancisce l’ennesimo dietrofront su impegni assunti dal ministro Schillaci prontamente smentiti dal Mef che, senza discostarsi da logiche ultradecennali, continua a spadroneggiare in lungo e largo minando seriamente la salute dei cittadini italiani. E’ vero che l’attuale Governo ha stanziato più risorse in assoluto per il Fondo sanitario nazionale, ma le stesse – fanno notare le 3 sigle – sono spalmate nei prossimi 5 anni e, al netto dei rinnovi contrattuali, sono ben al di sotto del tasso inflattivo, quindi non in grado di sostenere un servizio sanitario già in grande difficoltà. Questi finanziamenti sono appena sufficienti a mantenere lo status quo e non saranno certamente alcuni interventi legislativi a ridurre le liste di attesa senza un vero intervento strutturale di rilancio del Ssn”.

Da un lato, si legge ancora nella lettera a Meloni, “i cittadini sono arrabbiati perché la nostra sanità non assicura pienamente il diritto alle cure“, dall’altro “i sanitari lo sono ancor di più perché sottopagati, denunciati, e le aggressioni di tutti i giorni testimoniano che esiste una vera emergenza sociale che il governo è tenuto a prendere in seria considerazione”, avvertono i sindacati. “Non si può migliorare l’offerta dei servizi ai cittadini senza rilanciare l’offerta sanitaria – incalzano – non si possono ridurre gli interminabili tempi d’attesa continuando a mantenere il blocco del tetto di spesa sul personale; non si può tamponare con finanziamenti spot l’attuale emergenza sanitaria, andando a finanziare quella sanità privata che sfrutta i propri dipendenti senza rinnovare loro i contratti di lavoro da quasi 20 anni, e che si ostina a non riconoscere loro il medesimo status contrattuale dei colleghi del pubblico impiego”.

I medici di Anaao Assomed e Cimo-Fesmed e gli infermieri di Nursing Up si dicono “consapevoli dell’impossibilità di prevedere risorse illimitate per la sanità pubblica”, e per questo “sosteniamo con forza la necessità di riformare in modo strutturale e organico il Servizio sanitario nazionale, senza però intaccare i principi sui quali esso è stato fondato: universalismo, uguaglianza ed equità”. Ma ciò premesso, i sindacati contestano anche a questo esecutivo la mancanza di una visione sul futuro: “In che modo si intende coniugare il necessario rispetto di determinati limiti di spesa con l’inevitabile aumento della spesa farmaceutica, delle cronicità e delle comorbilità che ci attende nei prossimi anni, stante l’invecchiamento della popolazione? Come si intende riorganizzare la sanità territoriale e quella ospedaliera, in modo da razionalizzare l’offerta sanitaria garantendo a tutta la popolazione un’assistenza efficiente e più prossima possibile ai bisogni dei cittadini? E come si intende rendere nuovamente attrattivo per i professionisti della salute lavorare nel Servizio sanitario nazionale?”, domandano Di Silverio, Quici e De Palma.

“Non nascondiamo che quest’ultimo sia il tema che più ci sta a cuore – evidenziano – rappresentando e tutelando i diritti di medici, specializzandi, dirigenti sanitari, infermieri e professionisti sanitari. Riceviamo ormai quotidianamente dai colleghi che lavorano negli ospedali di tutta Italia denunce di condizioni di lavoro inaccettabili. Siamo costantemente bersaglio di aggressioni fisiche e verbali; continuiamo ad essere – insieme alla Polonia e al Messico – l’unico Paese al mondo in cui un errore sanitario, chiaramente non intenzionale, può essere sanzionato penalmente; abbiamo gli stipendi più bassi d’Europa; per supplire alle sempre più gravi carenze di organico rinunciamo a ferie, riposi, congedi e malattie”, elencano le 3 organizzazioni sindacali. “Sono sempre di meno, quindi, i colleghi disposti ad accettare tutto questo, e sempre di più coloro che invece decidono di abbandonare il Servizio sanitario nazionale preferendo lavorare all’estero o nella sanità privata, dove tuttavia la situazione non è molto più rosea, considerando che i medici dipendenti delle strutture afferenti all’Aiop attendono da quasi 20 anni il rinnovo del proprio contratto di lavoro e, così come accade per gli infermieri e gli altri professionisti sanitari ex legge 43/2006, non vedono ancora riconosciuto il medesimo status contrattuale dei colleghi del pubblico impiego”.

Di fronte a questo quadro, poco sembra cambiare. “La depenalizzazione dell’atto medico, e delle altre professioni sanitarie, si è dissolta nei risultati non ancora ufficiali della Commissione D’Ippolito fumosi e poco efficienti – osservano le sigle – L’incremento delle borse di specializzazione meno richieste, sebbene apprezzabile, non sarà di certo sufficiente a convincere i giovani medici a iniziare un percorso formativo che li porterà a lavorare in condizioni inaccettabili e per i quali chiediamo la contrattualizzazione. Per i loro colleghi delle altre professioni sanitarie non mediche chiediamo da anni la possibilità che vengano retribuiti“. Invece “solo spiccioli per gli uni, neanche il riconoscimento professionale per gli altri. Sono temi, questi, da cui dipende la salute della popolazione e che non possono diventare terreno di scontro tra partiti di maggioranza e di opposizione – ammoniscono medici e infermieri – né appannaggio esclusivo di una parte politica. Riteniamo dunque necessario che, sulla sanità, tutto l’arco parlamentare lavori unitariamente, mettendo da parte rivendicazioni ed egoismi e ponendo al centro dell’azione politica i bisogni dei pazienti e le necessità dei professionisti della salute”.

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