Medici, specializzandi, infermieri e professionisti sanitari. Tutti insieme in sciopero per lanciare un messaggio al governo Meloni: la protesta contro la legge di bilancio è una questione sociale, non sindacale. Riguarda tutti i cittadini. Perché disinvestire sulla sanità pubblica non mette a rischio solo il destino dei professionisti della salute, ma la tenuta stessa del Sistema sanitario nazionale universalistico. Per questo il 20 novembre la sanità incrocia le braccia, pur consapevole dell’impatto che lo scioperò potrà avere sui malati. Nelle 24 ore di mobilitazione potrebbero saltare fino a 1,2 milioni di prestazioni.

I servizi a rischio
A rischio ci sono tutti i servizi, eccetto quelli d’urgenza: esami di laboratorio, 50mila esami radiografici, circa 15mila interventi chirurgici programmati, 100mila visite specialistiche, oltre a tutte le prestazioni infermieristiche e ostetriche, incluse quelle a domicilio. “È un giorno importante – commenta a ilfattoquotidiano.it Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao Assomed – È l’inizio di una nuova strada, sempre più ardua, per un governo che non ascolta le richieste delle parti sociali. Se non arriveranno risposte, saremo disposti anche ad azioni più estreme. Anche alle dimissioni di massa”.

La “manovrina” per la sanità
Lo sciopero, proclamato dai medici e dai dirigenti sanitari di Anaao Assomed e Cimo-Fesmed e dagli infermieri e dalle altre professioni sanitarie del Nursing Up, e al quale hanno aderito anche numerose altre sigle, coinvolgerà un numero massiccio di lavoratori. A scatenare la mobilitazione nazionale di una categoria già provata è stata la pubblicazione del testo della manovra. Dei 3,7 miliardi promessi inizialmente alla sanità pubblica, nel 2025 ne arriveranno solo 1,3. Una cifra insufficiente anche a finanziare i rinnovi dei contratti del personale sanitario, che si sente condannato dalla politica a dover continuare a operare sotto organico, in condizioni di lavoro e di sicurezza pessime, e con gli stipendi tra i più bassi d’Europa.

Il rispetto dei contratti
Ma non sono solo i finanziamenti insufficienti a portare in piazza medici, specializzandi, infermieri e professionisti sanitari. C’è anche il mancato rispetto dei contratti da parte delle aziende, l’assenza di un piano straordinario di assunzioni, la mancata defiscalizzazione delle indennità di specificità e il mancato riconoscimento del lavoro infermieristico come attività usurante. “Deve essere ridata dignità e valore al nostro lavoro, e così tutelare la salute di tutti – commenta Di Silverio – Dietro la porta incombe anche la spada di Damocle dell’autonomia differenziata. Aumenterà la distanza tra Regioni del Nord e del Sud. Tra cittadini che avranno le possibilità economiche per curarsi e tra quelli che non le avranno”.

Le 4 ragioni della protesta
Per il segretario Anaao Assomed, le parole chiave di questa protesta sono quattro: risorse, riforme, formazione e sicurezza. “Non ci sono sufficienti finanziamenti né per il sistema di cure né per i professionisti, presi a schiaffi da una legge di bilancio che prevede aumenti da 17 e 14 euro netti al mese per medici e dirigenti sanitari – spiega Di Silverio – Briciole oltretutto collegate a un contratto che non sappiamo nemmeno quando firmeremo. E al tema economico si aggiunge la necessità di riformare un Ssn vecchio di 46 anni”. La richiesta in tal senso è che si intervenga per potenziare la medicina territoriale. Un modo per far sì che l’ospedale torni a essere un luogo di cura e non di diagnosi. Se non ci sono medici, infermieri, posti letti e alcun filtro sul territorio, commenta il sindacalista, gli ospedali scoppiano, riempiendosi di pazienti e svuotandosi di professionisti. Il terzo punto è quello della formazione: le sigle denunciano come gli specializzandi non siano trattati in maniera dignitosa, né sotto il profilo dell’inquadramento contrattuale né da quello retributivo.

Gli infermieri: “Solo soluzioni tampone”
E infine c’è il tema della sicurezza, su cui insiste Antonio De Palma, presidente di Nursing Up. “I giovani professionisti – commenta a ilfattoquotidiano.it – scappano in massa all’estero perché non sono più disposti ad accettare di lavorare in queste condizioni, rischiando ogni giorno un insulto, un pugno e una denuncia. Nessuno è più disposto a rinunciare a ferie, riposi e malattie per garantire i servizi. Nessuno intende più lavorare in un’emergenza ormai cronica, la cui fine neanche si intravede perché la politica non ha progettualità e mette in campo solo soluzioni tampone. Come i 10mila infermieri indiani promessi dal ministro della Salute Schillaci”, dichiara il presidente. E aggiunge: “Gli infermieri sono gli unici professionisti che, a dispetto dell’evidenza, non hanno ancora il riconoscimento delle loro funzioni come attività usuranti. Avviene solo da noi”.

“Ci fermiamo per salvare il sistema universalistico”
Secondo De Palma, la protesta è necessaria per far conoscere ai cittadini le vere cause dei disservizi che subiscono e “per scardinare quella mentalità aziendalista ed economicistica che non può garantire la tutela della salute dei cittadini”. “Dobbiamo aprire gli occhi prima di perdere definitivamente le caratteristiche di universalità del nostro Ssn”, conclude De Palma. L’appunto per la manifestazione è a Roma, in Piazza Santi Apostoli, dalle ore 12.

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