Quello che ha dichiarato il ministro Valditara alla presentazione della Fondazione dedicata a Giulia Cecchettin alla Camera ha del paradossale, ma non stupisce perché anche sul tema della violenza contro le donne la destra ha una visione assolutamente distorta da quella che è la realtà e la usa strumentalmente per fomentare paure, ignorando volutamente i dati e gli esperti di psicologia sociale che da anni ci indicano quali sono le cause di questo fenomeno.

Due sono i passaggi che più hanno innescato reazioni critiche e riprovazione e che di certo non ci si aspetta siano pronunciati dal ministro dell’Istruzione. Queste le esatte parole di Giuseppe Valditara: “Abbiamo di fronte due strade – ha detto il ministro riferendosi alle soluzioni contro la violenza sulle donne -, una concreta, ispirata ai valori costituzionali e un’altra ideologica. La visione ideologica è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato”.

Questa affermazione è grave perché ridurre, quella che ormai tutta la letteratura in materia indica come causa sistemica e strutturale della violenza contro le donne e cioè il patriarcato, a semplice visione ideologica, significa non aver capito che la violenza contro le donne deriva da un’asimmetria di potere che in un sistema sociale prevede che gli uomini lo detengano ancora in tutti gli ambiti. Significa non aver capito che la violenza contro le donne si sconfigge cercando di decostruire gli stereotipi legati al genere e i pregiudizi sessisti che sono alla base di quella asimmetria e che confinano donne e uomini in ruoli tradizionali, limitandone quindi lo sviluppo personale, educativo e professionale e le opportunità di vita in generale. Significa forse non aver mai letto la Convenzione di Istanbul, che è legge dello Stato, che sancisce che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne e che il patriarcato e i rapporti di potere degli uomini sulle donne si manifestano al loro massimo livello proprio con la violenza e ne sono quindi la causa e l’effetto.

Affermare, come ha fatto il ministro che “il patriarcato come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975 che ha sostituito alla famiglia fondata sulla gerarchia, la famiglia fondata sull’eguaglianza” significa non aver capito che il problema è culturale e non giuridico perché il patriarcato non si elimina con un colpo di penna cancellando norme e imponendo un’eguaglianza e una parità solo formali. Il patriarcato si elimina costruendo una società realmente paritaria in ogni aspetto e in ogni ambito e non paternalista. Le donne non hanno bisogno di nessuno che le protegga, hanno invece bisogno che i principi di autonomia e autodeterminazione non rimangano sulla carta ma siano concretamente realizzati.

L’altro passaggio è quello più strumentale ed è un classico del repertorio della destra. Infatti il titolare dell’Istruzione ha completato la sua analisi sul fenomeno della violenza aggiungendo che: “Non si può far finta di non vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza in qualche modo discendenti dalla immigrazione illegale”. Una retorica xenofoba, ripresa anche dalla Presidente del Consiglio, che, come ormai succede sistematicamente, butta lì delle frasi che fomentano paure verso l’altro, verso il diverso, verso chi arriva nel nostro Paese non su comodi jet ma sui barconi. Una retorica non supportata dai dati che anzi ci dicono altro.

Un primo dato è che il 78% dei femminicidi sono commessi da italiani legati alla vittima da un rapporto affettivo. Ma anche analizzando il fenomeno delle violenze sessuali, a cui si riferisce il ministro, si capisce che forse sia Valditara che Meloni dovrebbero essere più attenti ai numeri.

Secondo l’ultimo report della Direzione centrale della polizia criminale (riportato da Mattia Feltri su La Stampa), non si sarebbe verificato negli ultimi anni un reale aumento delle violenze sessuali, come invece sembra aver ipotizzato il ministro. Nel 2022 sono infatti aumentate del 9%, ma nel 2023 sono scese del 12%.. La percentuale dei casi di violenze sessuali commesse da stranieri è invece rimasta sostanzialmente invariata: infatti nel 2021 era il 27% del totale e si è assestata al 28% nel 2022 e nel 2023.

Queste percentuali comprendono sia stranieri regolari che immigrati illegalmente nel nostro Paese, perché non ci sono dati ufficiali a questo riguardo. Però mettendo in relazione i dati delle violenze sessuali, che sono stabili, con la presenza di immigrati clandestini e riscontrando che il numero di questi ultimi è calato progressivamente negli anni (nel 2023 erano circa 450 mila, 506 mila nel 2022, 519 mila nel 2021 e 706 mila nel 2006) si può affermare che non esiste correlazione fra le violenze sessuali e l’immigrazione clandestina.

Queste affermazioni stridono enormemente anche rispetto al contesto in cui sono state pronunciate: la presentazione della Fondazione dedicata a Giulia Cecchettin e fortemente voluta dal padre e dalla sorella Elena che dal primo momento ha affermato che il femminicidio è un delitto di potere e che quelli che vengono definiti “mostri”, mostri non sono, non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. Anche ieri Elena, dopo le parole del ministro, ha pubblicato questo messaggio su Instagram: “Forse, se invece di fare propaganda alla presentazione della fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e ‘per bene’, si ascoltasse non continuerebbero a morire centinaia di donne nel nostro paese ogni anno”.

È chiedere troppo che su questi femminicidi, su queste morti, su queste violenze non si faccia propaganda?

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