Non c’è una verità giudiziaria sul più grande sabotaggio della storia europea, ma il settimanale Der Spiegel ha indagato per oltre due anni, e appare chiaro che sia l’allora capo delle forze armate ucraine, Valerii Zaluzhnyi, sia il presidente Volodymyr Zelensky fossero al corrente dell’operazione. C’è di più: le autorità polacche hanno impedito alle autorità tedesche di condurre le indagini e fermare i sabotatori. I giornalisti sono riusciti a conoscere i nomi di quasi tutti i 12 componenti del commando che il 26 settembre 2022, ha fatto esplodere i gasdotti Nord Stream 1 e 2. Solo due identità sono note al pubblico, ma il settimanale ricostruisce tutti i momenti del sabotaggio sin dalla costituzione del gruppo. L’azione è stata finanziata con circa trecentomila dollari da un imprenditore legato alle forze speciali ucraine, che da anni consideravano le condotte del gas un obiettivo militare legittimo: già nel 2019, negli ambienti dei servizi segreti di Kiev, circolava l’idea di far esplodere i gasdotti russi. Persino il presidente statunitense, Joe Biden, aveva dichiarato che avrebbe bloccato Nord Stream se la Russia avesse invaso l’Ucraina. La domanda da cui parte Der Spiegel è: “Se l’attacco è stato approvato da Kiev, la politica ucraina può farla franca così facilmente?”.
Secondo quanto emerso dall’inchiesta, l’organizzatore dell’operazione è Roman Tscherwinsky, un’ex spia ucraina considerato un eroe in patria per diverse azioni condotte nel corso della sua carriera. Attualmente si trova agli arresti domiciliari nella capitale, accusato di abuso di potere per un’azione finita male che ha coinvolto un pilota russo: invece di passare dalla parte ucraina, l’aviatore di Mosca ha fatto bombardare una base militare di Kiev. Secondo lo Spiegel, Tscherwinsky, che ha ricevuto anche un addestramento dalla Cia, nella primavera del 2022 si è messo al lavoro per attaccare Nord Stream nell’ambito di operazione chiamata “Diameter”. Mentre al fronte si combatteva, il commando a Kiev studiava i dettagli. Fu individuato l’esplosivo adatto per le esplosioni subacquee: l’Octogen, un materiale non reperibile in Ucraina che però i servizi riuscirono a procurarsi. Per prepararsi all’attacco, le forze speciali avevano a disposizione anche un’ex miniera abbandonata e inondata per effettuare le immersioni di prova.
Il piano, una volta pronto, è stato presentato a Zaluzhnyi, che era talmente interessato all’attacco da proporre di non fermarsi a Nord Stream ma colpire anche TurkStream, il gasdotto che collega Russia e Turchia attraverso il Mar Nero. A giugno però un agente segreto finlandese è venuto a conoscenza di Diameter, e la notizia è arrivata fino al Pentagono: a quel punto la Cia avrebbe inviato un funzionario a parlare con Zelensky. Il presidente ha negato di aver avuto notizia dell’attacco, e anche Zaluzhnyi ha detto lo stesso. Lo Spiegel, forte delle sue fonti, però è certo del contrario. Poche settimane dopo la visita della Cia a Zelensky, il commando parte per il mar Baltico, piazza le cariche con dei timer e, al momento dell’esplosione, tutto il gruppo è già rientrato a casa. Oltre una decina di Stati collaborano alle indagini: viene individuata la barca noleggiata. Gli ucraini avevano usato passaporti falsi ed erano anche stati fermati per dei controlli di polizia, senza però essere scoperti. Il nome di uno dei militari del gruppo era emerso dalle prime indagini, e contro di lui fu spiccato un mandato di cattura europeo. L’uomo si trovava in Polonia, ma riuscì a scappare. Secondo le ricostruzioni, fu avvisato dalle autorità e fuggì a Kiev a bordo di un’auto con targa diplomatica, guidata da un attaché militare dell’ambasciata ucraina a Varsavia.