Economia & Lobby

Continua l’effetto Trump, il bitcoin mette nel mirino quota 100mila dollari. L’azione di lobbying paga

La soglia dei 100mila dollari si avvicina per un bitcoin che continua a salire, spinto dall’effetto Trump. Il presidente eletto ha annunciato una legislazione di favore e la volontà di fare gli Usa l’hub delle criptovalute, oltre all’intenzione di costituir una riserva strategica di bitcoin. Dal giorno delle elezioni il bitcoin è salito di quasi […]

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La soglia dei 100mila dollari si avvicina per un bitcoin che continua a salire, spinto dall’effetto Trump. Il presidente eletto ha annunciato una legislazione di favore e la volontà di fare gli Usa l’hub delle criptovalute, oltre all’intenzione di costituir una riserva strategica di bitcoin. Dal giorno delle elezioni il bitcoin è salito di quasi il 50% passando dai 68mila agli attuali 97.500 dollari. Oggi le quotazioni sono in rialzo di un altro 3%.

Del resto gli operatori del settore hanno speso cifre imponenti per sostenere le campagne elettorali di candidati pro criptovalute di entrambi gli schieramenti. In tutto circa 250 milioni di dollari, più di qualsiasi altro settore. Secondo Stand With Crypto , organizzazione no-profit dedicata a “regolamentazioni di buon senso per l’industria delle criptovalute”, 271 candidati pro-cripto sono stati eletti alla Camera dei rappresentanti, insieme a diciannove senatori pro-cripto.

Nei giorni scorsi, inoltre, l’hedge fund MicroStrategy ha annunciato che aumenterà del 50% la vendita di obbligazioni per finanziare ulteriori acquisti della criptovaluta, per un ammontare record di 4,6 miliardi. In scia alla principale criptovaluta si muovono anche Ether (+1,9%)e Dogecoin (+2%).

Gli enti di regolamentazione affermano che il settore è ancora afflitto da frodi diffuse , ha una storia di cattiva gestione dei fondi dei clienti e non dispone di molte delle tutele di base che regolano altri prodotti finanziari come i mercati azionari, obbligazionari e delle materie prime.

Comprare bitcoin o ether, “equivale a comprare una fiche al casinò, non ad avere una banconota” perché si tratta di attivi che non possono definirsi nemmeno “criptovalute”, ha avvertito ieri la vice direttrice generale ella Banca d’Italia Chiara Scotti nel suo discorso all’Università di Firenze. “Non sono emesse o garantite da un soggetto chiaramente identificabile; esse vengono create da un software seguendo degli algoritmi e servono a far funzionare le reti decentralizzate” a differenza delle cosiddette stablecoin emesse da soggetti vigilati (banche e Imel) o quelle legate a un paniere di valute o ad altre attività, previsti dalle normative europee”, ha aggiunto.