“Non stiamo festeggiando, non potremmo: di mezzo c’è la morte di una ragazza di soli 25 anni assassinata in maniera barbara. Posso solo dire che c’è di nuovo fiducia nella giustizia italiana”: a parlare è Antonella Delfino Pesce, la criminologa che con le sue ricerche ha portato nel 2021 alla riapertura delle indagini sul cold case di Nada Cella, la segretaria di un commercialista di Chiavari ammazzata nel maggio del ’96 nello stesso studio in cui lavorava. Proprio ieri la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione del Tribunale e i “non luogo a procedere” contro Anna Lucia Cecere, insegnante residente oggi in provincia di Cuneo, e unica indagata per l’omicidio di Nada. Per il gup Angela Nutini non c’erano abbastanza prove per portarla a processo ma i giudici, con un colpo di coda inaspettato, hanno ribaltato tutto e il processo si farà.
Gli imputati
Insieme alla Cecere, nel banco degli imputati ci saranno anche il commercialista per cui lavorava Nada, Marco Soracco, e la madre ultra novantenne di lui Marisa Bacchioni, entrambi accusati di favoreggiamento per aver deviato le indagini sia all’epoca del delitto che durante la riapertura delle indagini, nel 2021. Ed è sempre la criminologa Delfino Pesce a chiarire questo aspetto della triste vicenda: “Tutti gli imputati conoscono bene la verità, per questo credo temessero tanto di andare a processo. Purtroppo non posso fare altro che constatare le menzogne di Soracco e di sua madre. Ce ne sono state tante ma la più eclatante è questa: sia Soracco che la Bacchioni avevano sempre detto di conoscere pochissimo l’imputata, presunta assassina di Nada e di aver avuto con lei solo saltuari incontri. Eppure c’è una lunghissima telefonata (la stessa che è stata trasmessa di recente dal programma Quarto Grado, ndr) in cui la Bacchioni disse a un’interlocutrice anonima non solo di conoscerla bene, perché parlava di lei come se la conoscesse, ma anche che il figlio era stato costretto di dire a Nada di non passargli le telefonate della sospettata perché la Cecere lo perseguitava. Ci sono persone che hanno coperto e taciuto”.
Il movente
Dalla ricostruzione dell’omicidio di Nada, emerge che questa giovane donna è stata assassinata semplicemente per il suo ruolo all’interno dello studio di Soracco che in quei giorni le chiese di limitare i contatti con Annalucia Cecere e di non passargli le telefonate. Aggiunge la criminologa: “Questa cosa scatenò la rabbia e l’invidia della Cecere. Questo rifiuto potrebbe aver generato in lei frustrazione. La dinamica dei rapporti era molto complessa. Si è fatta fatica a individuare il movente in questa storia perché si tende a pensare che dietro un delitto ci sia sempre un complotto, una truffa, qualcosa di concreto. Quando il movente è su base relazionale è molto complesso, scaturisce dalla trama di vita dei personaggi. In questo caso era una grande frustrazione da parte di chi ha ucciso Nada”.
Le ultime indagini
Nada è stata vittima sotto più prospettive e non solo perché è stata uccisa: si è trovata suo malgrado e per forza di cose in una situazione assurda. Quando apprendiamo di questi omicidi, pensiamo sempre che siano assurdi e che a noi non possano accadere ma gli incontri nella vita a volte sono devastanti. Ma non esiste il delitto perfetto, o almeno è sempre più difficile da portare a termine. Questo sembrava uno dei tanti casi destinati a restare irrisolti fino a quando, pochi anni fa, la madre di Nada, Silvana Smaniotto affidò uno scatolone pieno di carte alla Delfino Pesce. Dentro c’era anche il fascicolo dei carabinieri andato perduto e poi recuperato, che racchiudeva l’indagine autonoma dell’arma, svincolata da quella della Polizia contro Soracco che non portò a nulla. Si trattava dell’inchiesta sulla donna misteriosa fatta dai carabinieri. La criminologa spedì le carte dei carabinieri alla Procura di Genova che nel 2021 ha riaperto il caso iscrivendo nel registro degli indagati una donna che all’epoca era stata sfiorata dall’inchiesta solo per pochi giorni. Il 4 novembre del 2021 venne fuori la sua identità: Anna Lucia Cecere.
Ma come si arrivò a individuare quella che oggi è accusata, fino a prova contraria, di essere la presunta assassina? Grazie a due elementi cruciali emersi dall’indagine dei carabinieri: delle super testimonianze e il ritrovamento di alcuni bottoni. A nove giorni dal delitto di Nada, arrivò ai carabinieri una segnalazione da parte di due mendicanti che, a due passi dall’ufficio di Soracco in via Marsala, videro passare una donna in stato evidente di agitazione. Gli uomini dell’arma, autorizzati dal procuratore, tracciarono un identikit e capirono chi era la donna segnalata. Andarono a casa di questa donna e in un cassetto trovarono dei bottoni di una vecchia giacca logora che lei buttò, conservando appunto soltanto i bottoni. Questa donna si occupava di pulizie e conosceva Soracco che aveva un debole per le sale da ballo. Si incontrarono in una balera, nell’ex cinema Odeon. I bottini ritrovati a casa di questa donna (che poi si scoprirà essere la Cecere) erano identici a quello che fu trovato sulla scena del crimine, nell’ufficio di Soracco, immerso nel sangue. Nonostante sia molto complessa, per la criminologa Delfino Pesce questa storia “non può non sfociare in un processo. Sono stati ignorati e travisati indizi gravi, concordanti e univoci. Per fortuna esiste ancora processo indiziario”.