A volte sembra, nella grande confusione del finto mondo post-ideologico, che non esista più nessuna differenza tra sinistra e destra, tra progressisti e conservatori. Ci sono solo le narrazioni guidate dai più disparati interessi che vengono sottoposte alle regole del marketing politico. Eppure, ci sono dei segnali ben precisi che la distinzione novecentesca è più salda che mai. Da questo punto di vista, è interessante confrontare la finanziaria della destra-destra italiana con quella annunciata dai laburisti inglesi. La finanziaria della Meloni è chiaramente di destra, quella presentata dalla ministra Reeves chiaramente di sinistra. Vediamo perché.

Vi sono varie possibilità per discriminare tra destra e sinistra, ma un criterio sicuro consiste nella misura in cui un governo si impegna a tutelare i beni pubblici. Tra questi collochiamo sicuramente la scuola pubblica e la sanità pubblica, insieme a molti altri. Chi li difende si pone sul lato progressista, gli altri sul lato conservatore. Per i conservatori, bisogna dare sempre più spazio al mercato, cioè alle privatizzazioni, perché questo porterebbe, ma è falso, a una maggiore efficienza. Beni pubblici per i progressisti significa invece che il loro finanziamento è a carico della collettività e che vanno trasformati da merci in diritti universali. Sul lato del finanziamento, la differenza è egualmente marcata. A sinistra si dice che deve essere rispettato il principio di solidarietà e di progressività, per cui le risorse vanno pescate principalmente tra le fasce di reddito più elevate. Per i conservatori, ognuno deve arrangiarsi da solo e di conseguenza le tasse devono essere ridotte quasi a zero. Le due visioni sono del tutto antitetiche. Consideriamo come questa dicotomia si può applicare alle due finanziarie, cominciando da quella inglese.

Quella della ministra Reeves è una finanziaria molto pesante, vale circa 50 miliardi, che dopo 14 anni di governo dei conservatori dovrebbe rimettere a posto l’economia e la società. L’economia, cominciando un percorso di rasamento dei conti pubblici sfasciati dalla destra, e la società, con le nuove scelte popolari. Il principale intervento sul lato delle spese riguarda il finanziamento del sistema sanitario. Ben 22 miliardi di sterline sono usati per rifinanziare il sistema sanitario e una cifra doppia nei prossimi cinque anni. Si prevede poi l’aumento del salario minimo e un intervento per incrementare la spesa scolastica con un aumento del numero dei docenti. Come recuperare le risorse?

Per i laburisti, dai profitti delle imprese e dalla finanza, i grandi vincenti del ciclo economico attuale. I contributi previdenziali a carico delle imprese vengono aumentati di due punti con un introito di 25 miliardi di sterline, riducendo dunque i profitti. Anche la finanza è chiamata a fare la sua parte con l’aumento delle tasse sul capital gain dal 20% al 24%, mentre le imposte sui profitti delle finanziarie saliranno dal 28% al 32%. Quindi, in sostanza, i laburisti mantengono le loro promesse di non tassare il lavoro e i consumi, redistribuiscono la ricchezza togliendola agli imprenditori e alla finanza, iniziano a risanare il debito pubblico. Naturalmente, il mondo dell’industria britannico è già in subbuglio con le previsioni più fosche per la competitività e la crescita. Vedremo se ci sarà un nuovo effetto Liz Truss.

E in Italia con la terza finanziaria di Meloni? Intanto, di rientro dal debito non se ne parla nemmeno, visto che è previsto per i prossimi anni uno scostamento superiore ai 40 miliardi. Mentre Germania, Francia e Uk vanno nella direzione della responsabilità fiscale, noi veleggiamo tranquillamente verso l’uragano. In secondo luogo, non c’è traccia di interventi importanti nella scuola, nella sanità, nella sicurezza e così via. Anzi, si annuncia una spending review tanto dura quanto senza senso. I dipendenti pubblici subiscono un taglio senza precedenti dello stipendio con una ipotesi di rinnovo truffa del contratto che fa perdere loro circa 300 euro lordi al mese. Le risorse recuperate riducendo i servizi pubblici sono regalate ai lavoratori dipendenti sotto forma di sgravi fiscali. Mentre Reeves tassa le imprese, Meloni tassa se stessa, cioè lo Stato, che dovrà sborsare 17 miliardi per finanziare il nuovo bonus e la riduzione delle aliquote dell’Irpef.

Interventi fiscali che diventano sulla carta strutturali, ma siccome sono finanziati una tantum ogni anno, i tagli si dovranno ripetere. Sulla tassazione della finanza non c’è nulla. Affossata in maniera ridicola l’imposta sulle rendite bancarie, Meloni si fa prestare miliardi buoni dalle banche stesse. La finanza brinda a spese dei risparmiatori. In definitiva, con la finanziaria di Meloni c’è un forte taglio allo stato sociale e qualche risorsa ai lavoratori per comprarsi i servizi che lo Stato non offrirà più. È la strada di un populismo conservatore e corporativo. I voti vengono comprati con la moneta fiscale illudendo i lavoratori dipendenti con risorse che non ci sono.

Che destra e sinistra siano scomparse è la favola interessata che spesso viene raccontata da chi non è più al servizio dell’ideologia ma di altri signorotti ben più potenti. Le ideologie novecentesche sono un po’ acciaccate ma sono ancora ben visibili e fanno il loro dovere. I laburisti lo stanno dimostrando. Non sembra difficile imparare la lezione inglese.

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