La porzione di mondo interessata dai conflitti è più che raddoppiata negli ultimi tre anni. A oggi, ha rivelato un report della società di risk management Verisk Maplecroft, il 4,6% della superficie del pianeta Terra è interessata da conflitti armati, che coinvolgono attori statali e non statali. Nel 2021 la percentuale era solo del 2,8% (l’incremento quindi è del 65%), ma non c’era ancora stata l’invasione russa dell’Ucraina e la doppia operazione militare israeliana a Gaza e in Libano, in risposta al massacro del 7 ottobre 2023.
Per fare un paragone, l’area interessata dalle guerre oggi è grande quanto due volte l’India. E le vittime delle guerre entro la fine dell’anno saranno più di 200 mila, stima il Conflict Intensity Index di Verisk Maplecroft pubblicato giovedì. I teatri est-europeo e mediorientale sono quelli dove si rischiano maggiori escalation di morti e distruzione, ma sono anche le aree dove i conflitti sono più documentati. In tutto il mondo sono però 198 i Paesi in cui è in corso almeno un conflitto armato, molto spesso poco raccontato o del tutto sconosciuto all’opinione pubblica internazionale.
Secondo gli esperti, da almeno dieci anni la “temperatura bellica” del pianeta cresce ininterrottamente, con l’eccezione della breve tregua provocata dalla pandemia di Covid. In 27 Stati, tra cui figurano anche importanti mercati emergenti come Ecuador, Colombia, India, Indonesia e Thailandia, i rischi economici e politici dovuti ai conflitti è aumentato in modo significativo. Ma in termini di superficie interessata l’Africa sub-sahariana registra il maggiore aumento di scontri armati: intorno alla regione africana del Sahel si è creato un “corridoio di conflitto” che va senza soluzione di continuità dal Mali alla Somalia e intercetta guerre civili, terrorismo e ribellioni.
Dall’Ucraina al Myammar al nel Mar Rosso, dove gli attacchi della milizia yemenita degli Houthi hanno bloccato il traffico marittimo nello stretto di Bab el-Mandeb, la violenza ha avuto un impatto negativo sulle catene di approvvigionamento dell’economia globale, le filiere produttive e sulla sicurezza alimentare. Il report sottolinea anche un altro significativo cambiamento nella struttura dei conflitti mondiali: se prima del Covid molto spesso erano causati da “attori non statali“, cioè da milizie o gruppi insurrezionali, oggi è cresciuta la porzione di guerre dichiarate e portate avanti direttamente dagli Stati.