Lo scorso anno Las Vegas si è trasformata in Lost Wages, stipendi persi, per tantissimi commercianti e piccoli imprenditori. La Formula 1, calata sulla capitale del gioco con la stessa leggiadria di Godzilla, fa paura, tanto da aver reso necessario l’intervento della Contea di Clark, che ha ammonito Liberty Media sula necessità di intraprendere tutte le misure necessarie per evitare i pesanti disagi ai cittadini provocati lo scorso anno. “Noi non abbiamo bisogno di loro”, ha dichiarato Wade Bohn, titolare del Jay’s Market sulla Flamingo Road, “sono loro che hanno bisogno di noi”. Bohn e la sua attività rappresentano il simbolo delle macerie economiche lasciate dal passaggio del Circus di F1, concretizzatesi in mesi di spaventose perdite a causa dei lavori che hanno stravolto l’assetto urbanistico della città. Ma allo stesso tempo sono anche lo specchio delle storture provocate dalla gestione esageratamente elitaria e (show)business oriented di Liberty Media.
Piccolo passo indietro. Lo scorso anno Las Vegas è tornata a ospitare un Gran Premio di F1 per la prima volta dal 1982 (che in realtà venne disputato nella cittadina limitrofa di Paradise, nel parcheggio del Caesars Palace). La novità più grande era però rappresentata dall’organizzazione, gestita direttamente da Liberty Media senza alcun intermediario. Un’idea nella quale la società che gestisce il Circus ha investito oltre 500 milioni di dollari, stipulando con la città un contratto triennale, ma inserendo comunque il circuito in calendario fino al 2032. Il tracciato disegnato ha richiesto pesanti interventi, quali ad esempio la rimozione di un ponte provvisorio che divideva in due la strada più famosa e iconica della città, la Strip, cuore pulsante di Las Vegas. Per mesi la viabilità è stata stravolta da recinzioni e barriere per delimitare il circuito, che hanno trasformato le strade cittadine in una sorta di girone dell’inferno dantesco. Nel quale sono rimaste intrappolate centinaia di attività, molte delle quali diventate irraggiungibili dalla clientela, con perdite economiche pesantissime.
Liberty Media ha parlato di giro di affari di un miliardo e mezzo generato dal Gran Premio, una cifra che nessuno contesta. Sono le destinazioni di questo flusso di denaro ad aver generato il forte malcontento alla base dell’iniziativa della Contea, che per mano della commissaria Marilyn Kirkpatrick ha formalmente inviato una comunicazione alla società contenente pesanti prescrizioni, tutte volte alla tutela della vita cittadina e delle attività economiche. In caso contrario, la minaccia è quella di chiudere il rapporto tra la città e la Formula Uno. Difficile che ciò avvenga per il 2025, a causa del citato contratto triennale, ma dall’anno successivo ogni scenario è possibile. Perché è vero che l’indotto è stato impressionante, ma si è concentrato tra poche, ricchissime aziende (su tutte le catene di hotel MGM Resorts e Caesars Entertainment), colpendo pesantemente invece tante realtà medio–piccole. Anche la stessa amministrazione cittadina, che ha beneficiato di entrate tributarie pari a 77 milioni di dollari per le tasse su camere da albergo, gioco, spettacoli e intrattenimento, ne ha dovuti spendere oltre 4 milioni per realizzare lo studio sulle ricadute economiche del Gran Premio che ha presentato a Liberty Media.
La pacchianata andata in scena lo scorso anno, ben sintetizzata dalle parole di Max Verstappen (“mi sono sentito un clown, questo è spettacolo al 99% e evento sportivo all’1%”), non è stata nemmeno l’aspetto peggiore della gara di Las Vegas. Fece il giro del mondo la notizia dell’interruzione delle prove libere dopo soli otto minuti a causa di un tombino saltato che distrusse il fondo della Ferrari SF-23 di Carlos Sainz. Un incidente che ha creato un’ulteriore grana a Liberty Media, portata in tribunale da una class action. Perché, dopo lo stop, i lavori di controllo di tutti e 30 i tombini del circuito durarono cinque ore e mezza, poi le tribune vennero evacuate per ragioni di sicurezza e la seconda sessione di prove libere fu disputata a porte chiuse. Agli spettatori allontanati a notte fonda Liberty Media ha offerto un buono di 200 dollari da spendere in merchandising F1, ma solo a coloro in possesso del biglietto per la giornata di prove libere. Chi aveva il pass per l’intero week-end non aveva diritto nemmeno a quell’elemosina, e mai termine può essere più appropriato a fronte di biglietti pagati centinaia o migliaia di dollari. Da qui la causa collettiva per ottenere il rimborso integrale del biglietto (senza contare le spese di trasporto e alloggio sostenute per assistere a 8 minuti di prove) dal valore potenziale di oltre un miliardo di dollari, un terzo del fatturato annuo di Liberty Media. La parola adesso spetta al tribunale statale del Nevada.
Da potenziale fiore all’occhiello della gestione Liberty Media, Las Vegas si è trasformato in un terreno minato, e che a qualcuno ai piani alti dell’azienda questa modalità arrogante di porsi non sia piaciuto lo si è capito dall’annuncio delle dimissioni del CEO e presidente Greg Maffei, che terminerà il suo incarico a fine anno. Come raccontato dal fattoquotidiano.it, nell’ultimo anno Maffei ha collezionato un cospicuo numero di nemici, arrivando a irritare persino Donald Trump. Ma sono state le potenziali conseguenze economiche a cui ha esposto Liberty Media ad aver decretato la fine della sua ventennale esperienza con la società del Colorado.