Salute

Franco Berrino: “Non date zucchero ai bambini nei primi 1000 giorni di vita, meglio a partire dal concepimento. Ecco cosa si rischia”

Il dottor Franco Berrino spiega al FattoQuotidiano.it il rapporto tra il consumo dello zucchero e l'incidenza del cancro

È arrivata una nuova sentenza, inesorabile, sull’ingrediente più diffuso dal dopoguerra, che ha suggestionato intere generazioni, nutrito l’immaginario goloso di bambini – ma anche adulti –, abbondantemente presente nelle leccornie evocate come premio in caso di buona condotta, quando eravamo piccoli. È lo zucchero, ora al centro di un nuovo studio, un esperimento condotto nella Gran Bretagna della metà del XX secolo, dove il razionamento dello zucchero è stato in vigore fino al 1953. Le conclusioni hanno dimostrato che il non consumo di zucchero nei primi 1.000 giorni di vita, a partire già dal concepimento – un elemento di particolare novità – è collegato a una salute ben più solida. Vediamo in dettaglio la ricerca.

Lo studio
I ricercatori guidati da Tadeja Gračner dell’Università della California del Sud hanno utilizzato i dati della Biobanca britannica per analizzare le differenze. Nel complesso, il team di Gracner ha analizzato un campione di oltre 60mila adulti britannici nati tra il 1951 e il 1956. Confrontando i risultati sulla salute degli individui nati durante gli ultimi anni di razionamento dello zucchero con quelli nati poco dopo, i ricercatori sono stati in grado di verificare come questa esposizione precoce allo zucchero influisce sull’insorgenza di malattie croniche come il diabete di tipo 2 e l’ipertensione. Nello specifico, le persone concepite o nate prima della fine del razionamento dello zucchero hanno mostrato tassi nettamente più bassi di diabete di tipo 2 e ipertensione in età adulta. Gli adulti esposti al razionamento dello zucchero nei primi 1.000 giorni avevano un rischio inferiore del 35% di sviluppare il diabete e un rischio ridotto del 20% di ipertensione rispetto alle loro controparti nate dopo la fine del razionamento.

Altra considerazione, che è una conseguenza logica dei dati precedenti, è che meno zucchero si mangia, più forti sono gli effetti protettivi; mentre i bambini che sono stati esposti al razionamento solo nel grembo materno hanno mostrato alcuni benefici per la salute, quelli che hanno sperimentato il razionamento anche durante l’infanzia e la prima infanzia se la sono cavata ancora meglio. I bambini che sono stati esposti al razionamento solo mentre erano in utero hanno mostrato un rischio ridotto di diabete e ipertensione. Tuttavia, i benefici per la salute sono stati sostanzialmente maggiori per coloro che hanno continuato a sperimentare un consumo limitato di zucchero dopo la nascita. Le riduzioni più significative del rischio di malattia sono state osservate nei bambini con un apporto limitato di zucchero oltre i sei mesi di età. In conclusione: la dieta seguita dalla madre in gravidanza e quella del bambino durante la prima infanzia svolgono un ruolo fondamentale sulla qualità della salute per tutta la vita.

I cardiologi americani avevano già avvertito le mamme
Queste conclusioni non sorprendono un esperto come il dottor Franco Berrino, noto epidemiologo e già Direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto tumori di Milano, che per una vita ha studiato le relazioni tra alimentazione e insorgenza delle più diffuse patologie: “Già nel 2016 l’Associazione dei cardiologi americani, l’autorevole American Heart Association, senza conoscere ovviamente ancora questi studi, aveva pubblicato su una delle principali riviste cardiologiche mondiali, Circulation, una presa di posizione importante sul danno che lo zucchero fa ai bambini“, spiega Berrino al FattoQuotidiano.it. Che cosa hanno dichiarato? “Di non dare zucchero ai bambini nei primi due anni di vita – continua l’esperto – perché quello che mangiano i bambini nei primi anni sarà qualcosa che piacerà e richiederanno anche in seguito. E ancora, hanno indicato che lo zucchero deve rappresentare meno del 5% delle calorie totali consumate e non si deve bere più di una lattina di bevanda zuccherata alla settimana. Si tratta di raccomandazioni basate sugli studi che hanno dimostrato una forte relazione, come ha confermato lo studio californiano, fra il consumo di zucchero e l’obesità, l’ipertensione, le dislipidemie (colesterolo LDL e trigliceridi troppo alti nel sangue) e il diabete”.

Le bevande zuccherate sono collegate al cancro
Ma c’è di più, e conferma ulteriormente le già ampie criticità presentate dallo studio dell’Università della California: “Due anni prima della presa di posizione dei cardiologi americani, il Codice europeo contro il cancro aveva raccomandato – e due anni dopo il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro ha ribadito – di evitare le bevande zuccherate e di limitare i cibi industriali ricchi di grassi e zucchero – sottolinea Berrino -. La ragione di queste raccomandazioni era che gli obesi si ammalano di più di cancro e che le bevande zuccherate e lo zucchero sono una causa importante di obesità, ma poi più studi riscontrarono che chi consuma regolarmente bevande zuccherate si ammala più di cancro anche indipendentemente dall’obesità“.

!Decine di studi hanno analizzato la relazione fra bevande zuccherate e malattie croniche. A oggi quindici studi hanno esaminato l’incidenza del cancro e il risultato medio è di un aumento del 17 per cento per chi consuma una lattina al giorno. Aumenti significativi sono stati riscontrati per i tumori della mammella, della prostata, del pancreas e del colon. Rischi dello stesso ordine di grandezza sono stati osservati per la malattia coronarica e per il diabete. Gli studi che hanno analizzato la relazione con la mortalità totale (ogni causa di morte) trovano che mediamente aumenti di circa l’8 per cento per ogni lattina consumata al giorno”.

E le bevande “zero”?
C’è un altro dato paradossale che mette in evidenza Berrino: anche gli studi sulle bevande “zero” (dolcificate artificialmente o con la stevia) danno risultati simili, sia per il cuore, sia per il diabete, sia per il cancro, con rischi in genere un po’ più bassi. Ma come fa una bibita senza zucchero ad aumentare il diabete? “La ragione è che abbiamo recettori per il gusto dolce non solo in bocca, ma anche nell’intestino – continua l’esperto – e quando arriva qualcosa circa 200 volte più dolce dello zucchero, come l’aspartame o la stevia, l’intestino spalanca le porte per assorbire il glucosio”. Se poi qualcuno pensa cha la soluzione finale siano i succhi di frutta senza zucchero, deve ricredersi anche su questo caso: “Ci sono studi che mostrano aumenti di rischio anche con queste bevande – conclude Berrino -: meglio quindi la frutta!”.