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Inflazione, tassi d’interesse e oligarchi arrabbiati: il futuro della Banca centrale russa potrebbe non essere nelle mani di Nabiullina

I principali dirigenti statali “minacciano di far deragliare i progetti di investimento” e crescita economica del Paese: “Quando una donna è alla guida del processo, tutto è possibile”

Alla donna più potente di Russia si è chiesto ripetutamente l’impossibile e Elvira Nabiullina, la tecnocrate a capo della Banca centrale russa, l’impossibile sembra averlo raggiunto già ripetute volte. Regola l’economia nazionale, ha garantito la stabilità finanziaria di Mosca mentre il blocco occidentale infliggeva sanzioni e scommetteva sul suo tracollo. I grafici dell’andamento del mercato russo, con picchi e cadute toccate da febbraio 2022 (data d’inizio del conflitto), però vanno in basso e in alto come l’elettrocardiogramma di un uomo malato di cuore. Ma se il paziente è sopravvissuto, finora è stato grazie alla presidente. Ora, oltre all’infinita schiera di nemici che ha in Russia, Nabiullina deve confrontarsi con un altro avversario ancora più temibile: l’inflazione che galoppa e sfiora quasi il 9%. Dell’aumento di un punto percentuale rispetto all’anno scorso parlano le proiezioni ufficiali: quelle che non lo sono, stimano numeri ancora più alti.

Mentre le aspettative di inflazione, scrive la Banca russa, continuano ad aumentare, la crescita della domanda interna sta superando la capacità dell’economia di espandere l’offerta di beni e servizi. Ci sono altri inasprimenti dei tassi d’interesse all’orizzonte dopo quelli del 25 ottobre scorso: i prossimi probabilmente arriveranno a dicembre. Se da un lato il Cremlino continua a ribadire che le sanzioni hanno reso l’economia più forte, dall’altro chiede la fine della muraglia di misure restrittive imposte dall’Occidente. E se il settore bellico prospera, quello imprenditoriale arranca e si lamenta. Per i prestiti diventati inaccessibili, debolezza del rublo e aumento della spesa pubblica, ora molte aziende russe rischiano la bancarotta.

Oligarchi, businessman, economisti hanno nei mirini Nabiullina e la Banca che gestisce dal 2013. I principali dirigenti statali “minacciano di far deragliare futuri progetti di investimento” e crescita economica del Paese, scrivono i quotidiani economici. Ad ottobre scorso Andrey Kostin, a capo della banca russa Vtb, ha detto che è difficile prevedere la volatilità dei tassi di interesse in Russia, che forse arriveranno al 25% l’anno prossimo, perché il governatore della Banca centrale è una donna: “Quando una donna è alla guida del processo, tutto è possibile”. Aleksey Mordashov, del colosso siderurgico Severstal, si è chiesto se la medicina di Nabiullina non sia più pericolosa della malattia.

Nel coro arrabbiato di lobbisti e oligarchi arrabbiati c’è il tycoon Oleg Deripaska, che insieme a Sergey Chemezov, al vertice del gigante statale Rostec, ha accusato pubblicamente Nabiullina di mandare in malora le imprese. Chemzov, ex membro del Kgb di stanza a Dresda come il suo amico, oggi presidente della Federazione, controlla circa l’80% circa della produzione della difesa russa e i suoi due dei delfini, Denis Manturov e Aleksey Dyumin, siedono al Consiglio di sicurezza. Non appoggia, ma contraddice le analisi della banchiera anche il Centro di previsione macroeconomica gestito da Dmitry Belousov, fratello di Andrej, ministro della Difesa che Putin ha voluto al posto di Shoigu.

Finora, scrive il Carnegie, l’indipendenza decisionale della Banca centrale russa è stata uno dei pochi fattori che hanno impedito all’economia russa di finire in una crisi incontrollabile. Putin è stato sempre sordo quando si criticava Nabiullina (almeno, finora lo è stato). Ora che la guerra per il controllo della Banca centrale serpeggia, la banchiera centrale non deve preoccuparsi solo delle proiezioni di caduta del rublo.