Dopo il trattenimento di una ventina di migranti, tutti trasferiti in Italia per incompatibilità tra le procedure d’asilo svolte e il diritto europeo, nei centri di Shengjin e Gjader è rimasto solo il personale e gli operai che lavorano nei cantieri di strutture ancora da completare. Tanto che la visita della delegazione di Volt Europa e dei suoi europarlamentari “è stata accolta come piacevolissimo diversivo”, raccontano i due copresidenti del “primo partito paneuropeo” in Italia, Daniela Patti e Guido Silvestri, al termine del loro giro a Gjader. “Sulle procedure di rimpatrio non c’è un protocollo, dicono che va ancora definito”, è stato spiegato loro dai funzionari dell’ambasciata e di polizia che li hanno accompagnati. “Non è chiaro se chi non ottiene l’asilo va prima portato in Italia o se potrà essere imbarcato grazie a un accordo con l’aeroporto di Tirana”. Non proprio dettagli, ma poco male, per ora. Perché del cortocircuito normativo che ha bloccato i piani del governo non si tornerà a parlare fino al 4 dicembre, quando la Cassazione si pronuncerà sulla famosa questione dei “Paesi sicuri” e sui ricorsi del Viminale contro i decreti dei magistrati di Roma che a metà ottobre avevano liberato e inviato in Italia i primi 12 richiedenti.
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Gjader – cantieri
Gjader – Cantieri
“Ma da quanto ci è stato riferito si attendono che la Cassazione rinvii tutto alla Corte di giustizia europea”, spiegano quelli di Volt. Anche a ottenere la procedura d’urgenza, perché la Corte Ue si esprima serviranno mesi. In altre parole, “qui non si aspettano nuove indicazioni prima di aprile, né nuovi trasferimenti di migranti”. E tuttavia chiudere non è possibile. Intanto perché un terzo del centro di Gjader è ancora da costruire e non ci sono nemmeno i “mille posti iniziali” previsti dal governo. Costruzione dei centri e forniture annesse valgono 70 milioni di euro dei circa 700 previsti per il primo quinquennio. “Ad oggi sono disponibili 200 posti per i richiedenti, appena 24 nel Cpr destinato alle persone da rimpatriare e altrettanti nella struttura detentiva presidiata dagli agenti della penitenziaria”, spiegano Patti e Silvestri, che durante la visita si sono mossi tra mezzi per il movimento terra, fermi per la pioggia battente che ha accolto la delegazione. Anche l’ospedale “da campo”, dicono, va completato con una sala chirurgica e l’allestimento di sale isolate per i casi di malattie infettive. Un presidio attivo nonostante il centro vuoto perché l’italico baluardo del contrasto all’immigrazione va presidiato e solo per il perimetro e le torrette “servono quotidianamente dieci turni di guardia per un totale di 150 persone”. Dopo il rientro in patria di una cinquantina di agenti, tra l’hotspot nel porto di Shengjin e Gjader, “le forze di polizia ancora presenti sono un centinaio scarso“, riporta la delegazione di Volt. Lo stesso Viminale ha spiegato che il personale varia in base alle esigenze del momento.
Così per la cooperativa che si è aggiudicata l’appalto per la gestione dei centri, il colosso Medihospes già attivo in Italia, “che a regime ha previsto l’impiego di 800 persone, tra medici, mediatori, interpreti, manutentori, eccetera”. E che invece ha rimandato in patria il personale italiano lasciando un piccolo contingente di 7 persone per l’amministrazione e la necessaria formazione del personale albanese, assunto con stipendi che per gli standard albanesi sono di tutto rispetto. “Un centinaio di persone, per ora, nonostante il contratto d’appalto col Viminale non sia ancora stato perfezionato. Mentre oggi le uniche persone operative che abbiamo incrociato sono quelle dedite alle pulizie”. Tutto fermo e, per adesso, senza certezze. “Sembra una caserma vuota, dove tutto è nuovo ma non si sa come impiegare il tempo”, è l’idea che si è fatto Silvestri. Così anche l’urgenza che ha sottratto alla disciplina degli appalti pubblici la grande maggioranza delle opere diventa paradossale, rendendo ancora più indigesta la scarsa trasparenza con la quale si è deciso di gestire le cose.
Quanto agli alloggi, Volt parla di una struttura sicuramente più dignitosa di tanti Cpr operativi in Italia. “Quello che ci ha colpito sono invece le due sale adibite ai colloqui telematici dei migranti con la commissione territoriale che decide delle richieste d’asilo o col proprio rappresentante legale, che difficilmente potrà mai essere incontrato di persona visto il risibile rimborso di 500 euro previsto: quale avvocato partirebbe dall’Italia a queste condizioni?”, si domandano i presidenti di Volt, confermando i timori sull’effettività del diritto alla difesa che da sempre accompagnano il Protocollo Italia-Albania. Ma non è tutto. Se mai torneranno i migranti, quelli che non avranno diritto all’asilo andranno trasferiti nell’area adibita a Centro per il rimpatrio e, come in Italia, potrebbero restarci fino a 18 mesi secondo la riforma voluta dal governo Meloni. Una prospettiva che desta perplessità pure tra i funzionari di Gjader. Anche a farli funzionare, per le procedure di rimpatrio i centri albanesi dipendono dagli accordi di riammissione coi Paesi d’origine, esattamente come per i Cpr in Italia dai quali l’anno scorso sono state rimpatriate appena 2.900 persone. E se gli accordi non ci sono, i rimpatri non si fanno. “Cosa ci è stato risposto? Nemmeno a loro è chiaro, perché due mesi sembrano essere più che sufficienti per capire se una persona torna o non torna, se l’accordo col suo Paese c’è o no, e trattenerla 18 mesi non cambia nulla”, riferiscono i due presidenti di Volt.
Politica
Migranti in Albania, cento agenti a presidiare il nulla. Tra disillusione sui rimpatri e futuro incerto: “Si riparte ad aprile, forse” – FOTO
Dopo il trattenimento di una ventina di migranti, tutti trasferiti in Italia per incompatibilità tra le procedure d’asilo svolte e il diritto europeo, nei centri di Shengjin e Gjader è rimasto solo il personale e gli operai che lavorano nei cantieri di strutture ancora da completare. Tanto che la visita della delegazione di Volt Europa e dei suoi europarlamentari “è stata accolta come piacevolissimo diversivo”, raccontano i due copresidenti del “primo partito paneuropeo” in Italia, Daniela Patti e Guido Silvestri, al termine del loro giro a Gjader. “Sulle procedure di rimpatrio non c’è un protocollo, dicono che va ancora definito”, è stato spiegato loro dai funzionari dell’ambasciata e di polizia che li hanno accompagnati. “Non è chiaro se chi non ottiene l’asilo va prima portato in Italia o se potrà essere imbarcato grazie a un accordo con l’aeroporto di Tirana”. Non proprio dettagli, ma poco male, per ora. Perché del cortocircuito normativo che ha bloccato i piani del governo non si tornerà a parlare fino al 4 dicembre, quando la Cassazione si pronuncerà sulla famosa questione dei “Paesi sicuri” e sui ricorsi del Viminale contro i decreti dei magistrati di Roma che a metà ottobre avevano liberato e inviato in Italia i primi 12 richiedenti.
1 /7 Gjader – cantieri
Gjader – Cantieri
“Ma da quanto ci è stato riferito si attendono che la Cassazione rinvii tutto alla Corte di giustizia europea”, spiegano quelli di Volt. Anche a ottenere la procedura d’urgenza, perché la Corte Ue si esprima serviranno mesi. In altre parole, “qui non si aspettano nuove indicazioni prima di aprile, né nuovi trasferimenti di migranti”. E tuttavia chiudere non è possibile. Intanto perché un terzo del centro di Gjader è ancora da costruire e non ci sono nemmeno i “mille posti iniziali” previsti dal governo. Costruzione dei centri e forniture annesse valgono 70 milioni di euro dei circa 700 previsti per il primo quinquennio. “Ad oggi sono disponibili 200 posti per i richiedenti, appena 24 nel Cpr destinato alle persone da rimpatriare e altrettanti nella struttura detentiva presidiata dagli agenti della penitenziaria”, spiegano Patti e Silvestri, che durante la visita si sono mossi tra mezzi per il movimento terra, fermi per la pioggia battente che ha accolto la delegazione. Anche l’ospedale “da campo”, dicono, va completato con una sala chirurgica e l’allestimento di sale isolate per i casi di malattie infettive. Un presidio attivo nonostante il centro vuoto perché l’italico baluardo del contrasto all’immigrazione va presidiato e solo per il perimetro e le torrette “servono quotidianamente dieci turni di guardia per un totale di 150 persone”. Dopo il rientro in patria di una cinquantina di agenti, tra l’hotspot nel porto di Shengjin e Gjader, “le forze di polizia ancora presenti sono un centinaio scarso“, riporta la delegazione di Volt. Lo stesso Viminale ha spiegato che il personale varia in base alle esigenze del momento.
Così per la cooperativa che si è aggiudicata l’appalto per la gestione dei centri, il colosso Medihospes già attivo in Italia, “che a regime ha previsto l’impiego di 800 persone, tra medici, mediatori, interpreti, manutentori, eccetera”. E che invece ha rimandato in patria il personale italiano lasciando un piccolo contingente di 7 persone per l’amministrazione e la necessaria formazione del personale albanese, assunto con stipendi che per gli standard albanesi sono di tutto rispetto. “Un centinaio di persone, per ora, nonostante il contratto d’appalto col Viminale non sia ancora stato perfezionato. Mentre oggi le uniche persone operative che abbiamo incrociato sono quelle dedite alle pulizie”. Tutto fermo e, per adesso, senza certezze. “Sembra una caserma vuota, dove tutto è nuovo ma non si sa come impiegare il tempo”, è l’idea che si è fatto Silvestri. Così anche l’urgenza che ha sottratto alla disciplina degli appalti pubblici la grande maggioranza delle opere diventa paradossale, rendendo ancora più indigesta la scarsa trasparenza con la quale si è deciso di gestire le cose.
Quanto agli alloggi, Volt parla di una struttura sicuramente più dignitosa di tanti Cpr operativi in Italia. “Quello che ci ha colpito sono invece le due sale adibite ai colloqui telematici dei migranti con la commissione territoriale che decide delle richieste d’asilo o col proprio rappresentante legale, che difficilmente potrà mai essere incontrato di persona visto il risibile rimborso di 500 euro previsto: quale avvocato partirebbe dall’Italia a queste condizioni?”, si domandano i presidenti di Volt, confermando i timori sull’effettività del diritto alla difesa che da sempre accompagnano il Protocollo Italia-Albania. Ma non è tutto. Se mai torneranno i migranti, quelli che non avranno diritto all’asilo andranno trasferiti nell’area adibita a Centro per il rimpatrio e, come in Italia, potrebbero restarci fino a 18 mesi secondo la riforma voluta dal governo Meloni. Una prospettiva che desta perplessità pure tra i funzionari di Gjader. Anche a farli funzionare, per le procedure di rimpatrio i centri albanesi dipendono dagli accordi di riammissione coi Paesi d’origine, esattamente come per i Cpr in Italia dai quali l’anno scorso sono state rimpatriate appena 2.900 persone. E se gli accordi non ci sono, i rimpatri non si fanno. “Cosa ci è stato risposto? Nemmeno a loro è chiaro, perché due mesi sembrano essere più che sufficienti per capire se una persona torna o non torna, se l’accordo col suo Paese c’è o no, e trattenerla 18 mesi non cambia nulla”, riferiscono i due presidenti di Volt.
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Roma, 16 dic (Adnkronos) - "L'importante è discutere. Io ho fatto l'Ulivo perchè i riformismi potessero discutere e non ho intenzione di contribuire alla nascita di un partito cattolico, non è il momento della storia per questo. Ma finalmente si ricomincia a discutere, c'è tante gente che vuole partecipare". Lo ha detto Romano Prodi, a Piazzapulita, a proposito dei due convegni dei centristi di sabato a Orvieto e Milano.
Roma, 16 dic (Adnkronos) - "E' ora di ricominciare a discutere, sono due anni che siamo muti, bisogna organizzare programmi, mettersi insieme. Forse questo fa paura perchè fino a ora è stato come sparare sulla Croce rossa, ora se si comincia a discutere comincia una dinamica politica che deve andare avanti in fretta perchè tra due anni ci sono le elezioni". Lo ha detto Romano Prodi a Piazzapulita, su La7, a proposito dei due convegni dei centristi in programma sabato a Orvieto e Milano.
Roma, 16 gen (Adnkronos) - "Per avere detto che Meloni è obbediente ho avuto attacchi feroci. Io sono più di 15 anni che non faccio politica, non ho alcun potere e lei si scaglia con improperi del tutto fuori luogo. Perchè se la deve prendere con uno che non ha potere, che non è nella sinistra e nella destra? Perchè sono considerato ispiratore dell'opposizione? Se picchiano gli ispiratori siamo andati avanti con l'autoritarismo". Lo ha detto Romano Prodi a Piazzapulita, su La7, tornando al botta e risposta di qualche mese fa con la premier.
Roma, 16 gen (Adnkronos) - "Musk nasce come super ministro, molti dicono che litigheranno ma sono del tutto complementari. Musk ha aiutato Trump nell'ascesa, Trump lo ha incoronato. Questa è la situazione". Lo ha detto Romano Prodi a Piazzapulita, su La7.
Jennifer Lopez torna sullo schermo nel film 'Inarrestabile’, debutto alla regia di di William Goldenberg, già premiato con l'Oscar come montatore per 'Argo'. Disponibile su Prime Video, la pellicola racconta la vera storia di Anthony Robles: un lottatore diventato campione con una sola gamba. JLo interpreta la mamma, Judy. "Quando ho letto il copione ho capito che molte donne avrebbero potuto identificarsi nel mio personaggio", dice l'attrice e cantante nell'intervista all'Adnkronos. Per la cantante di 'Let's get Loud' è molto più di una storia sullo sport. Questo film mostra come la vita sia una lotta costante contro qualcuno o qualcosa: "Sei sempre tu contro te stesso e non contro una persona. Sei sempre tu contro i tuoi pensieri o le tue convinzioni limitanti. Solo superando tutto questo, possiamo capire che ognuno di noi può fare tutto ciò che vuole". E la storia di Anthony ne è l'esempio.
Roma, 16 gen (Adnkronos) - "Oggi questo primo sì alla separazione delle carriere tra magistrati requirenti e giudicanti segna un passaggio storico nel percorso di riforma della giustizia che il governo di centrodestra sta finalmente portando a termine". Lo ha detto a Pietro Pittalis, deputato di Forza Italia e vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, a RadioRadio.
"È un risultato reso possibile dall’unità della maggioranza e dal ruolo determinante di Forza Italia, con il contributo fondamentale del nostro segretario Antonio Tajani. Questa riforma è parte del programma con cui il centrodestra si è presentato alle elezioni ed è stata votata dagli italiani, ai quali soltanto dobbiamo rispondere -ha aggiunto-. Ma soprattutto, dà seguito a una battaglia storica del nostro presidente fondatore Silvio Berlusconi, che fino all’ultimo giorno ha lottato per una giustizia giusta, a tutela dei cittadini e del giusto processo".
"Vogliamo garantire un equilibrio tra accusa e difesa, ponendoli sullo stesso piano e restituendo al giudice la terzietà che gli compete ma come sempre, ogni riforma della giustizia viene osteggiata dall’Associazione Nazionale Magistrati, un sindacato che difende i propri interessi, che spesso si chiude in una logica autoreferenziale e di autoconservazione. Per troppo tempo è sembrato che le leggi le scrivesse la magistratura, anziché la politica. Oggi la politica si è ripresa il proprio ruolo: le leggi le scrive il Parlamento, la magistratura le applica e i cittadini le osservano", ha concluso Pittalis.
Roma, 16 gen (Adnkronos) - "Aderisco volentieri all’appello che il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha formulato chiedendo riservatezza mentre sono in corso le necessarie interlocuzioni con le Autorità venezuelane per la liberazione del nostro cooperante, Alberto Trentini". Lo dice Pier Ferdinando Casini.
"Mi sento però in dovere di ricordare pubblicamente che vi sono altri detenuti con passaporto italiano, come Americo de Grazia, del quale il nostro Parlamento ha più volte sollecitato la liberazione. Sono certo che la Farnesina e le Autorità italiane terranno nella massima considerazione tutti i nostri connazionali che vivono ingiuste situazioni di privazione della propria libertà", aggiunge Casini.