“Come state, Anto?”
“Insomma, Ingrid sta bene ma ho appena ricevuto un libretto che mi spiega cosa fare in caso di Guerra”.

Antonio vive a Uppsala e ha ricevuto nella sua buca un opuscolo giallo. Om kriget kommer (“se arriva la guerra”) è nato a cura dell’ufficio del comandante supremo delle forze armate svedesi. È stato distribuito a tutte le famiglie svedesi ininterrottamente dal 1943 al 1991. Poi è tornato, nel 2018. Offre indicazioni su come comportarsi in una situazione di crisi nazionale e, in particolare, di guerra nucleare. E rende noti i piani nazionali per salvare la popolazione in caso di invasione da parte di una superpotenza. La fine della Guerra Fredda aveva reso obsoleta questa pubblicazione, ma a quanto pare i recenti venti di guerra l’hanno fatta tornare in voga.

La nuova edizione del 2024, nelle buche di ogni svedese dal 18 novembre, arriva dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’estensione del fronte e la crisi esplosiva del Medio Oriente. La Svezia non esclude un attacco armato. Timore che condivide con la Finlandia, che sta distribuendo alla cittadinanza un opuscolo analogo.

Om krisen eller kriget kommer (“se arriva la crisi o la guerra”) oggi è più corposo, 31 pagine invece di 20. “Informiamo per creare calma”, afferma il ministro della Protezione civile Carl-Oskar Bohlin. Sottolinea che non esiste una minaccia di guerra immediata e imminente contro la Svezia. Ma si parla anche di attacchi informatici, campagne di influenza, terrorismo e sabotaggio. “Un mondo incerto richiede preparazione”, “Dovere di difesa totale” sono i titoli di alcuni paragrafi.

Appare un nuovo paragrafo sulle armi nucleari. Si spiega ai cittadini come ripararsi in caso di raid aerei. Si illustra come prepararsi per poter provvedere a sé stessi per almeno una settimana. Come allestire la propria casa. Come fermare l’emorragia di una ferita. Come evacuare.

Pagine che fanno paura. Fa paura pensare di essere rigettati, quasi un secolo dopo, in un clima da Guerra Fredda, sotto il giogo della minaccia nucleare globale, in una corsa agli armamenti e alla difesa che di quella stessa paura si alimenta.

Con il nostro voto contrario alla ratifica della Convenzione sull’istituzione dell’organizzazione governativa internazionale GCAP (Global combat air programme), che gestirà la progettazione entro il 2035 di “Tempest”, una piattaforma aerea di sesta generazione (Future combat air system), abbiamo provato a tornare su un punto che spesso ci sfugge. L’equilibrio del terrore si basa su una logica di deterrenza. Ma è un equilibrio molto precario, in cui la sicurezza di uno Stato è garantita non dalla promessa di pace, ma dalla minaccia di guerra totale.

Alla fine del secondo conflitto mondiale si diceva che quando un attacco nucleare garantisce una risposta nucleare altrettanto devastante, nessuna delle parti ha un vantaggio chiaro. Questo renderebbe l’idea di un attacco preventivo meno allettante.
Questo tipo di strategia era definita Mutual Assured Destruction (MAD, ovvero distruzione reciproca assicurata). Un’idea che ha plasmato le politiche di sicurezza delle superpotenze durante la Guerra Fredda, ma non solo: ha anche influenzato profondamente la natura delle alleanze internazionali e delle trattative diplomatiche.

Siamo di nuovo lì. Siamo sempre lì. A quale prezzo?

Proprio mentre sto scrivendo, l’aeronautica militare ucraina riferisce che l’esercito russo avrebbe fatto ricorso a un missile balistico intercontinentale. Prima sono stati i missili Atacms forniti all’Ucraina dagli Usa, poi gli Storm Shadows del Regno Unito. Questa dunque sarebbe la risposta russa. Che cosa ci dobbiamo aspettare?

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