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Abbiamo visitato il centro per migranti in Albania: un cantiere a cielo aperto e vuoto. Uno spreco enorme mentre si taglia la spesa pubblica

di Daniela Patti e Guido Silvestri*

Ieri abbiamo visitato il centro per migranti di Gjadër in Albania. La delegazione di Volt era composta da 4 dei 5 eurodeputati del partito europeo e il loro staff, oltre alla co-presidente di Volt Europa Francesca Romana d’Antuono e al co-presidente di Volt Albania Ardit Minarolli e noi, co-presidenti di Volt Italia. Siamo stati accolti e guidati nel tour dall’addetto dell’Ambasciata Italiana e dal dirigente responsabile della Polizia italiana. Il centro è infatti formalmente extraterritoriale, un pezzo d’Italia in terra albanese.

Cosa abbiamo visto? Cantieri ancora in costruzione con mezzi in movimento a cielo aperto. Abbiamo visitato il centro per l’accoglienza dei richiedenti asilo, il centro per il rimpatrio (CPR), la piccola prigione, il centro medico dove ancora è in costruzione la sala operatoria, il centro di analisi e le camere con 4 letti per stanza. Letti vuoti, perché il centro è completamente vuoto. Nessun migrante a oggi e chissà per quanto ancora. I primi migranti sono stati rimandati in Italia soprattutto perché provenienti da paesi non considerati sicuri dalla normativa europea. Il governo ha fatto ricorso di fronte alla Corte di cassazione la cui pronuncia è attesa per il 4 dicembre e sarà verosimilmente rimandata alla Corte di Giustizia Europea. Gli stessi funzionari sono consapevoli che, con tutta probabilità, non si avrà una pronuncia prima di aprile 2025.

E intanto? Intanto questo centro, per cui il governo ha previsto un budget complessivo di 1 miliardo di euro in 5 anni, costato, per la sola costruzione, 60 milioni di euro oltre a 300mila euro al giorno per l’esercizio della nave, rimarrà vuoto, nella migliore delle ipotesi, per mesi. Inoltre non si sa cosa accadrà dopo i 5 anni di accordo, rinnovabili potenzialmente per altri 5. Ci hanno confermato che la costruzione del centro di Gjadër ha richiesto ingenti interventi di stabilizzazione del terreno tramite pali di circa 15 metri per consolidare il terreno, lavori per portare l’elettricità, la fibra e il sistema fognario, inesistente in questa parte dell’Albania.

Ad oggi il centro è di fatto un cantiere, circa un terzo è ancora in costruzione. La struttura può ospitare ora circa 350 richiedenti asilo rispetto agli 880 di quando sarà a pieno regime, così come il CPR che può accogliere 24 persone a fronte di una capienza di 144. Sono poi in costruzione due stanze per l’isolamento di persone affette da malattie contagiose, così come la sala operatoria. Soltanto la prigione è stata completata.

E il personale? Abbiamo verificato come il centro si stia progressivamente svuotando. Al suo interno, a regime dovrebbero lavorare centinaia di forze di polizia italiana per la sorveglianza, la gestione del carcere e altre funzioni. Oggi sono già state ridotte a meno di 100. Sono inoltre necessarie figure di supporto come traduttori, mediatori culturali, personale medico, psicologi, psichiatri e personale per le pulizie. A regime avrebbero dovuto essere 800 circa, ad oggi sono rimasti 7 italiani e un centinaio di addetti albanesi assunti dalla cooperativa Medihospes.

Sembra evidente a tutti che, per molti mesi, qui non ci sarà nulla da fare. Il personale si riduce sensibilmente ma occorrerà comunque mantenere un numero minimo ma significativo di persone, per assicurare il presidio e la manutenzione minima dell’infrastruttura. Uno spreco enorme a spesa dei contribuenti, ancora più ingiustificato in un momento di tagli importanti alla spesa pubblica richiesti dalla finanziaria 2025 e attualmente in discussione in Parlamento. Il grande silenzio del centro di Gjadër risulta ancora più imbarazzante.

Il personale che abbiamo incontrato è stato con noi professionale e gentile. Ma alcune domande sono rimaste inevase. Perché gli appalti per la costruzione sono stati fissati sotto la responsabilità del Ministero delle Difesa, diversamente da quelli di tutti gli altri centri costruiti in Italia? C’era davvero un motivo concreto di sicurezza nazionale o era un modo per accorciare i tempi, sottraendoli alle norme stringenti del codice degli appalti che assicura massima trasparenza sull’antimafia e sulla sicurezza dei lavoratori? Nessuno, per esempio sa, in base a quale criterio siano state scelte le ditte albanesi che hanno lavorato al centro. Il diritto alla difesa dei migranti sarà equivalente a quello che avrebbero in Italia? Quando i migranti arrivano, viene loro tolto l’eventuale telefono personale e assegnato un telefono del centro per chiamare per esempio l’avvocato, quasi sempre di ufficio. Ma è previsto che la sua assistenza avverrà solo per telefono o in videocall. Teoricamente l’avvocato potrebbe anche prendere un volo d’urgenza per Tirana e poi farsi due ore per raggiungere Gjadër ma quale avvocato lo farà con un rimborso di 500 euro complessivi? Voi vi sentiresti garantiti da un avvocato con cui poter parlare solo per telefono?

Ma il telefono serve anche per un’altra chiamata: quella ad un eventuale garante finanziario. Sì, perché per il migrante c’è un modo per evitare questa procedura accelerata di esame del diritto di asilo: è sufficiente che qualcuno versi da 2500 sino a 5000 euro di cauzione. E il migrante sarà mandato in Italia e libero di circolare sul territorio italiano. Incredibile vero? Oggi il governo sta dimostrando che si può comprare tutto, anche la salute o l’istruzione. Perché non la libera circolazione? Basta pagare.

Abbiamo chiesto cosa succede se al migrante, qualora fosse maschio, in salute, senza nucleo familiare, che proviene da un paese sicuro, fosse negato l’asilo. Va rimpatriato, con un volo di linea e due poliziotti per ogni migrante. Ma cosa succede se non c’è un accordo con i paesi di origine (e sono la stragrande maggioranza)? Succede che il rimpatrio diventa semplicemente non possibile e allora i migranti resterebbero nel centro da 3 a un massimo di 18 mesi e allo scadere non potremo fare altro che riportarli in Italia e lasciarli liberi di circolare con un documento fornito dalla Repubblica Italiana. Questo d’altronde è quello che accade già oggi: non è un caso che su circa 150 mila arrivi nel 2023 ne siano stati rimpatriati solo 3 mila.

Il centro è vuoto. I poliziotti fanno il loro dovere con la divisa impeccabile. Ma non c’è nulla da fare. Era molto prevedibile. La norma che impedisce la procedura accelerata in caso di possibile rimpatrio in paesi “non sicuri” la conosce anche uno studente al 1° anno di Università. Quindi questo centro è stato costruito, ben sapendo che sarebbe rimasto vuoto, per montare ancora una volta un caso contro i giudici, da sempre invisi al potere, di qualsiasi colore e, in seconda battuta, con la “cattiva” Europa. Un’ipotesi estrema? Consigliamo di rileggere le dichiarazioni di Matteo Salvini, secondo cui i giudici non hanno titolo per opporsi perché “non eletti”. O quelle di Elon Musk contro gli stessi giudici. Favolosi questi “sovranisti” che si fanno dettare cosa fare e non fare da un privato né italiano né europeo, solo pieno di soldi. L’attacco alla magistratura indipendente, e allo Stato di diritto, che garantisce che ognuno sia uguale davanti alla legge, potente, governante, migrante o cittadino che sia, è parte della strategia dei promotori della democrazia illiberale. Gli Orban, i Trump, i Salvini, gli Elon Musk: davanti alle cui ricchezze un cittadino normale è impotente.

Qualcuno sostiene che questo centro è un esperimento: “Facciamolo funzionare qualche anno e vediamo come va”. Ma questo non può essere un modello per l’Italia e tantomeno per l’Europa. Forse l’Albania ci ha fatto veramente aprire un centro per riconoscenza e amicizia. Ma se funziona ce ne farebbe aprire altri 10? E dopo l’Albania quale altro paese? Qualche paese lontano, sicuramente povero, in grado di svendere la propria sovranità e prendersi i migranti italiani per qualche soldo. Questo è colonialismo da straccioni, imperialismo da barzelletta.

Quando ci renderemo conto che le migrazioni sono una questione globale? Che si risolve solo a livello almeno continentale, europeo dunque. E non a livello di singoli paesi, fragili come l’Italia con un paese piccolo come l’Albania. Bisogna rivedere il trattato di Dublino ed esigere la solidarietà di tutti i paesi europei che devono accogliere i migranti che ne hanno diritto, non solo di quelli di prima accoglienza. Bisogna stringere più accordi bilaterali possibili di rimpatrio con i paesi di origine (cosa spesso difficilissima) e qualora questo non sia possibile (come nella stragrande maggioranza dei casi) prenderne atto e favorire al più presto l’integrazione.

Invece preferiamo sottrarre i migranti dalla nostra vista, e aspettare che dopo 18 mesi, quando nessuno guarda, dovremo farli tornare in Italia, dare loro un documento e lasciarli liberi. Ma la politica, si sa, non vede che alla prossima tornata elettorale.

*co-presidenti di Volt Italia