Il 4-0 rifilato dal Tottenham al Manchester City all’Etihad è il capolinea di una storia calcistica meravigliosa? La domanda, dopo il quinto ko di fila incassato dai campioni d’Inghilterra, è legittima, ancora di più poche ore dopo l’annuncio del prolungamento del contratto di Pep Guardiola fino al 2027. La mozione di fiducia all’allenatore che ha condotto i Citizens in cima al mondo è un bel tentativo di costruire un altro ponte verso il futuro, ma intanto bisogna fare i conti con il presente: quello di una squadra in caduta libera. La classifica della Premier parla chiaro: in caso di successo in casa contro il Southampton, ultimissimo, il Liverpool si porterà a +8. Lo scontro diretto del prossimo turno con i Reds potrebbe dare la mazzata finale e addio sogni di pokerissimo, dopo i quattro trionfi consecutivi in campionato. Salutata anche la Coppa di Lega, il City avrà comunque sempre due fronti per rifarsi: la FA Cup e la Champions, dove però in questo momento la banda di Guardiola occupa la decima posizione, dopo la scoppola rimediata in casa dello Sporting Lisbona.
Numeri e classifiche a parte – ma va ricordato che è la sconfitta più pesante incassata dal City all’Etihad e che dal 2006 non si verificavano cinque ko di fila -, lo sgomento riguarda le prestazioni. Il City abbaia, ma non morde. Incassa gol in contropiede a ripetizione, basta rivedere il film horror del match con il Tottenham. Il 3-0 di Pedro Porro e il 4-0 di Brennan Johnson sono stati figli di ripartenze fulminanti. Il 2-0 di Maddison è stato ispirato da un errore di Gvardiol. L’1-0, sempre di Maddison, ha trovato la retroguardia completamente impreparata. Errori di reparto e di posizione, ma anche in attacco il City ha fatto flanella, a parte un guizzo di Haaland con la traversa pizzicata: 23 tiri in totale, zero gol. Un altro elemento di riflessione, questo.
Guardiola è chiamato ora ad affrontare il momento più critico della sua carriera di allenatore. E’ entrato in un territorio nuovo, sconosciuto, pieno di insidie. Ha gestito successi, imprese magnifiche, rimonte esaltanti. Il suo calcio è stato una rivoluzione mondiale. Ha avuto qualche battuta a vuoto, vedi la finale di Champions persa nel 2021, ma dopo aver portato a casa il titolo della Premier. Stavolta, non c’è solo il rischio concreto di chiudere la stagione a bocca asciutta, ma anche di dover affrontare un crollo inatteso, rovinoso. Con un’aggravante: l’incidenza del processo in corso, in cui il club deve difendersi dalle accuse di 115 presunte violazioni delle regole fair play della Premier. Il verdetto è atteso a inizio 2025. Anche se tutti ostentano sicurezza nell’ambiente City, c’è il rischio concreto di affrontare una sentenza dura.
Sul fronte tecnico, la crisi si racconta in tre capitoli. Il primo: l’assenza di Rodri, out fino alla prossima primavera. Perso lo spagnolo, si è perso il City. Il Pallone d’Oro non è solo il miglior centrocampista del mondo, ma è anche cervello e motore della squadra. Secondo: gruppo logoro, con diversi over 30 (Walker, De Bruyne, Gundogan, Ederson, Kovacic, Stones). L’età-media è 27,4 anni, ci sono giovani di talento nella rosa, ma finora non valgono i vecchi. Terzo: mercato estivo deficitario. L’acquisto più importante, Savinho, si sta rivelando un flop. In compenso, sono partiti Alvarez – per fare cassa – e il giovane Harwood-Bellis, girato al Southampton e approdato in nazionale, nonostante i problemi dei Saints. Il City doveva fare un mercato di basso profilo con il processo in corso, ma qualcosa sicuramente non torna.
Guardiola ha avuto un sussulto d’orgoglio di fronte ai microfoni della BBC: “Siamo fragili in questo momento, incassiamo gol evitabili, non riusciamo a difendere bene. I risultati degli ultimi otto anni dimostrano però che l’approccio è giusto. Non possono essere cinque partite sbagliate a cambiare la storia. La vita non è sempre una favola, bisogna affrontare anche momenti difficili. Io non mi tirerò mai indietro, quando si cade si deve trovare la forza per rialzarsi. Non so come finirà questa stagione, ma io non perderò mai la fiducia in questo gruppo e in questi giocatori”.
Il prolungamento del contratto di Pep rappresenta anche un tentativo di dare una scossa e fissare un punto, nel rispetto di antiche regole del calcio, ma quando becchi quattro gol in casa e vieni da cinque sconfitte di fila, forse la situazione è più seria di quanto si creda. Non basta una firma, neppure quella dell’allenatore moderno più vincente e più importante, per guarire una squadra malata.