Le elezioni regionali in Emilia Romagna e Umbria, che hanno segnato una cocente sconfitta per la Lega di Matteo Salvini, paradossalmente aprono qualche spiraglio a Luca Zaia che sta provando in tutti i modi di succedere a se stesso. Si sta avviando alla conclusione della sua terza legislatura, ma nonostante il limite dei due mandati […]
Le elezioni regionali in Emilia Romagna e Umbria, che hanno segnato una cocente sconfitta per la Lega di Matteo Salvini, paradossalmente aprono qualche spiraglio a Luca Zaia che sta provando in tutti i modi di succedere a se stesso. Si sta avviando alla conclusione della sua terza legislatura, ma nonostante il limite dei due mandati lancia inequivocabili segnali per ottenere che il vincolo sia abolito, così riuscirebbe nell’impresa di concorrere addirittura per il quarto mandato, visto che la sua prima elezione risale al 2010. Che la Lega abbia lanciato la corsa del Veneto è ormai chiarissimo. Basta vedere il breve filmato postato su Facebook da Alberto Villanova, capogruppo in Regione dell’intergruppo Zaia Presidente e Lega per Salvini Premier. Lo slogan è in linea con la tradizione storica: “Per la Liga Veneta la Regione è la linea del Piave”. Espresso in questo modo è anche il segno di una grande paura, scomparire dal potere che conta dopo il sorpasso ormai consolidato da parte di Fratelli d’Italia. Sarebbe la fine di un’epoca.
La Linea del Piave è equivalente all’ultima spiaggia, dopo tre lustri di gestione monolitica. Non a caso Zaia ha rilanciato la palla al governo, dicendo: “Penso sia fondamentale che si pronunci ufficialmente sul terzo mandato, perché con quello che sta accadendo non vorrei che si lavorasse contro e nel frattempo la Campania o la Puglia il terzo mandato se lo fanno, e anche il quarto: se passa indenne la legge del collega Vincenzo De Luca, lui si garantisce altri due mandati. Quindi occorre una dichiarazione formale su che cosa accadrà, altrimenti restiamo al palo solo noi veneti”.
Zaia fino a qualche mese fa si nascondeva, dicendo di voler restare concentrato nel lavoro di amministrazione. Adesso non manca occasione per dire: “Il no al terzo mandato è un’anomalia per due sole cariche elettive: i presidenti di Regione e i sindaci delle grandi città. E mi dispiace che illustri rappresentanti dicano che serve ad evitare centri di potere”. L’assist di Villanova è chiarissimo. “Più di qualcuno sta vendendo la pelle del leone prima di averlo preso. Qui in Veneto abbiamo la fortuna di avere il presidente più votato e più amato d’Italia e si chiama Luca Zaia. A fianco a lui c’è la Liga Veneta, c’è la lista Zaia, c’è una rete di amministratori che nessuno può vantare e c’è un partito pronto a portare avanti la sua eredità”. Il capogruppo ammette: “Per la Liga Veneta la regione ha un valore simbolico e politico dal quale non possiamo prescindere. Faremo tutto il possibile per fare in modo che il buon amministrare di questi anni possa continuare nello stesso modo”.
Sulla ricandidatura di Zaia sembrava potesse pesare il rapporto col segretario della Lega. Durante il consiglio federale che si è tenuto a Milano qualche scintilla tra Zaia e Salvini c’è stata. Il segretario ha rinfacciato gli scarsi voti ottenuti alle europee in Veneto, il governatore ha difeso l’impegno per l’autonomia. Salvini però concorda: “Negare la possibilità di riscegliere un bravo governatore o sindaco è un errore non per Salvini o per Zaia, ma per la democrazia. In Veneto la priorità è avere un candidato della Lega”. In questa partita di risiko anche i Fratelli d’Italia sono usciti allo scoperto e chiedono un proprio candidato in una regione dove hanno raccolto più del 30 per cento dei voti, superando di due volte e mezzo la Lega. Il senatore meloniano Raffaele Speranzon è stato eloquente: “Certi numeri sono inequivocabili e non lasciano spazio ad interpretazioni”. Lo stesso Speranzon coltiva aspettative di candidatura come sindaco di Venezia, al termine del mandato di Luigi Brugnaro, non più eleggibile e la cui immagine è compromessa dalle inchieste giudiziarie per corruzione. Ma anche Zaia potrebbe entrare nella partita delle comunali, se non dovesse essere candidabile in Regione.
In casa di Fratelli d’Italia c’è sempre la bassanese Elena Donazzan, eletta all’Europarlamento, che da sempre sogna di sedersi sulla poltrona più alta di Palazzo Balbi. È legata alla corrente di Adolfo Urso, mentre un altro contendente – che fa parte del giro ristretto di Giorgia Meloni – è il coordinatore veneto del partito, il senatore Luca De Carlo. In agguato c’è anche l’intramontabile Flavio Tosi, responsabile veneto di Forza Italia che darebbe chissà che cosa per fare uno sgambetto a Zaia, visto che fu fatto fuori dal partito di Umberto Bossi in coincidenza con l’ascesa dell’attuale governatore veneto. Tosi non perde giorno per attaccare la gestione della sanità e punzecchiare la giunta in carica, forte dell’endorsement di Antonio Tajani.
“È grottesco che alla vigilia della discussione della manovra regionale l’unica preoccupazione dei partiti del centrodestra in Veneto sia quella della spartizione del potere” è il feroce commento di Vanessa Camani, capogruppo del Pd e possibile candidata del centrosinistra. “Dobbiamo esaminare una variazione al Bilancio 2024 che certifica la prima voragine provocata dalla Pedemontana Veneta per 44 milioni, pagata attingendo dal tesoretto della società Concessioni Autostradali Venete, e la Giunta presenterà l’emendamento che ritocca al rialzo l’aumento dell’Irap. Siamo di fronte a un bilancio che affonda, ma Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, pensano solo a rivendicare candidature e poltrone. Davvero uno spettacolo sconfortante”.